In Italia non si potranno produrre, importare o commercializzare alimenti di origine sintetica, tra questi la carne sintetica (o meglio coltivata) proposta come alternativa meno impattante per l’ambiente degli alimenti di origine animale. Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida e del ministro della salute Orazio Schillaci, ha approvato il ddl 651, recante disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici. A dire la verità anche l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) non ha autorizzato l’immissione in commercio di alcun prodotto di carne sintetica. L’azione del governo, e del ministro dell’Agricoltura Lollobrigida, può essere letta come un tentativo di sbarrare la strada a eventuali pioneristiche domande di autorizzazione. Il Governo Meloni, in mancanza di una normativa europea dedicata, ha ritenuto di intervenire in via precauzionale a livello nazionale. “Guardiamo alla tutela della nostra collettività. Come Governo abbiamo affrontato il tema della qualità che i prodotti da laboratorio non garantiscono – ha detto il ministro Lollobrigida -. Abbiamo voluto tutelare la nostra cultura e la nostra tradizione, anche enogastronomica. Se si dovesse imporre sui mercati la produzione di cibi sintetici, ci sarebbe maggiore disoccupazione, più rischi per la biodiversità e prodotti che, a nostro avviso, non garantirebbero benessere. Non c’è un atteggiamento persecutorio ma di forte volontà di tutela”.
Un atto snello che, in sei articoli, sostiene di voler tutelare la salute umana e il patrimonio agroalimentare vietando la produzione e la commercializzazione di alimenti sintetici.
IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE DI DERIVAZIONE COMUNITARIA
Il divieto si basa sul principio di precauzione, cui fa riferimento l‘articolo 2 del disegno di legge, enunciato nell’articolo 7 del regolamento (CE) 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002. Secondo l’atto europeo “Qualora, in circostanze specifiche a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute ma permanga una situazione d’incertezza sul piano scientifico, possono essere adottate le misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire il livello elevato di tutela della salute che la Comunità persegue, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una valutazione più esauriente del rischio”.
CARNE SINTETICA: INVERTITO L’ONERE DELLA PROVA
Il dettato normativo è abbastanza chiaro nel sottolineare che il principio di precauzione si applica nel caso in cui “venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute”. Il ministro Schillaci, presentando l’atto, ha invece invertito l’onere della prova, sostenendo che “non ci sono evidenze scientifiche sui possibili effetti dannosi dovuti al consumo di cibi sintetici”. Il Governo Meloni, in mancanza di una normativa europea dedicata, ha ritenuto di intervenire in via precauzionale a livello nazionale. “Guardiamo alla tutela della nostra collettività. Come Governo abbiamo affrontato il tema della qualità che i prodotti da laboratorio non garantiscono – ha detto il ministro Lollobrigida -. Abbiamo voluto tutelare la nostra cultura e la nostra tradizione, anche enogastronomica. Se si dovesse imporre sui mercati la produzione di cibi sintetici, ci sarebbe maggiore disoccupazione, più rischi per la biodiversità e prodotti che, a nostro avviso, non garantirebbero benessere. Non c’è un atteggiamento persecutorio ma di forte volontà di tutela”.
LA PROVVISORIETÀ DEL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE
Oltre che “provvisorie” le misure adottate per gestire il rischio devono essere anche “proporzionate” e prevedere “le sole restrizioni al commercio che siano necessarie per raggiungere il livello elevato di tutela della salute perseguito nella Comunità, tenendo conto della realizzabilità tecnica ed economica e di altri aspetti, se pertinenti”. La provvisorietà delle misure restrittive viene ribadita anche nel secondo comma dell’articolo che impone il loro riesame dopo un certo periodo di tempo. “Tali misure sono riesaminate entro un periodo di tempo ragionevole a seconda della natura del rischio per la vita o per la salute individuato e del tipo di informazioni scientifiche necessarie per risolvere la situazione di incertezza scientifica e per realizzare una valutazione del rischio più esauriente”, stabilisce la legge.
LA TUTELA DEL PATRIMONIO AGROALIMENTARE ITALIANO: NO ALLA CARNE SINTETICA
“Il patrimonio agroalimentare italiano – spiega il dossier che illustra e dettaglia la norma – costituisce dunque uno dei punti di forza del nostro Paese; esso si compone di prodotti qualitativamente molto competitivi che soddisfano le aspettative di tipicità e reputazione raggiungendo i più svariati mercati internazionali e registrando ottimi successi commerciali. Esso, come specificato nella disposizione in commento, ha assunto quindi una valenza sociale e culturale oltre che economica”. Inoltre, la tutela del patrimonio agroalimentare è attuata attraverso un sistema di controlli posti in essere da una “molteplicità di organi ufficiali di controllo che fanno capo a diverse Amministrazioni statali (Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Ministero della Salute e Ministero dell’Economia e delle Finanze), alle Regioni, alle Provincie e ai Comuni”.
LA DEFINIZIONE DI ALIMENTI E MANGIMI SINTETICI
A entrare nel merito di cosa sia vietato è l’articolo 2 del ddl 651 che “introduce il divieto di produzione e commercializzazione di alimenti e mangimi isolati o prodotti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati”. L’articolo 2 introduce, in tal modo, una definizione normativa di alimenti e mangimi sintetici. Gli operatori del settore alimentare e gli operatori del settore dei mangimi non possono impiegare nella preparazione di alimenti, bevande e mangimi, vendere, detenere per vendere, importare, produrre per esportare, somministrare o distribuire per il consumo alimentare, alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati. La carne coltivata in laboratorio “è un processo biotecnologico che ha inizio estraendo cellule staminali dai muscoli di animali adulti viventi o cellule staminali pluripotenti da embrioni animali – si legge nel dossier che dettaglia la norma -. Tale estrazione può essere sperimentata con qualunque specie vivente ma per ora è stata condotta solo con pesci, tacchini, polli, anatre e soprattutto bovini. Il processo di produzione prevede, dopo l’estrazione delle staminali, il trasferimento in un’apparecchiatura in grado di fornire un ambiente adeguato alla crescita di organismi biologici (bioreattore) che deve riprodurre le condizioni ottimali naturalmente presenti nel corpo degli animali (nutrienti, ormoni e fattori di crescita, cioè proteine cruciali per stimolare la crescita e la proliferazione cellulare, una adeguata aerazione e temperatura controllata). Il processo prevede che le cellule staminali vengano fatte proliferare fino alla fase di differenziazione in cui si formano vere e proprie fibre muscolari che continuano a crescere formando un tessuto analogo al tessuto muscolo scheletrico”.
CHI FARÀ I CONTROLLI SULLA CARNE SINTETICA?
Il ddl 651 all’articolo 3, comma 1, elenca quali saranno le autorità deputati ai controlli. Ed è un lungo elenco: “Il Ministero della salute, le regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano, le Aziende sanitarie locali, il Comando carabinieri per la Tutela della salute, attraverso i Nuclei Antisofisticazione dipendenti, il Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari dei Carabinieri (C.U.F.A), attraverso i Comandi dipendenti, il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il Corpo della Guardia di Finanza e Agenzia delle dogane e dei monopoli, nonché, per i prodotti della filiera ittica, il Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera, ognuno per i profili di rispettiva competenza, svolgono i controlli sull’applicazione della presente legge”. Il dossier che spiega la norma attribuisce una particolare attenzione ai compiti dell’ICQRF. “Tra i compiti esercitati, a livello nazionale, del suddetto dipartimento si ricordano – si legge -: a) la prevenzione e la repressione delle frodi nel commercio dei prodotti agroalimentari e dei mezzi tecnici di produzione per l’agricoltura; b) la vigilanza sulle produzioni di qualità registrata; c) il contrasto dell’irregolare commercializzazione dei prodotti agroalimentari introdotti da Stati membri o Paesi terzi”.
LE SANZIONI: DA 10MILA A 150MILA EURO
L’articolo 4 introduce anche le sanzioni amministrative alle quali vanno incontro i trasgressori della carne sintetica. Le sanzioni vanno da “un minimo di euro 10.000 fino ad un massimo di euro 60.000 o del 10 per cento del fatturato totale annuo realizzato nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente all’accertamento della violazione, quando tale importo è superiore a euro 60.000”. In ogni caso le multe non possono superare i 150mila euro.