Pfizer ha presentato la sua pillola antivirale sperimentale che, secondo l’azienda, riduce dell’89% il rischio di contrarre il Covid in forma grave e quindi le possibilità di ricovero o di morte tra gli adulti. I risultati sembrano superare quelli del farmaco prodotto dagli americani di Merck, scrive Reuters.
Gli antivirali sono medicinali usati per il trattamento dell’influenza e, se assunti tempestivamente, possono ridurre i sintomi, la durata della malattia e le complicanze dell’influenza. Il Paxlovid contrasta un enzima di cui il coronavirus ha bisogno per replicarsi, rallentando l’attività di SARS-CoV-2-3CL proteasi.
LA MOSSA DEL REGNO UNITO
L’agenzia del farmaco inglese ha approvato il molnupiravir, la prima pillola anti Covid, realizzata dal colosso americano Merck Sharp & Dohme (Msd), in collaborazione con Ridgeback Biotherapeutics. Downing Street il mese scorso aveva annunciato un accordo per comprarne 480.000 dosi, dopo che uno studio clinico negli Stati Uniti aveva mostrato che un ciclo di cinque giorni dimezzava il rischio di ospedalizzazione o morte per i pazienti a rischio.
LE PRIME CONSEGNE
Il Regno Unito, che è il primo Paese al mondo ad aver autorizzato l’uso del farmaco, stando a quanto scrive il Guardian, riceverà quasi mezzo milione di dosi tra pochi giorni, a partire da metà novembre.
Il segretario alla Salute, Sajid Javid, ha detto che la decisione ha segnato un “giorno storico”, in quanto rappresenta un decisivo passo avanti “per i più vulnerabili e gli immunodepressi, che saranno presto in grado di ricevere questo innovativo trattamento”.
COME AGISCE LA PILLOLA MERCK?
Molnupiravir, il primo farmaco antivirale orale per il trattamento della malattia causata da Sars-Cov-2, interferisce con la capacità del virus di replicarsi. È progettata per introdurre errori nel codice genetico del virus, impedendone la duplicazione e riducendo quindi il rischio di provocare malattie gravi.
Il farmaco, inoltre, non colpisce la proteina spike del virus, altamente mutagena, e questo dovrebbe dunque garantire un’efficacia costante indipendentemente dalle varianti.
QUANDO È MEGLIO SOMMINISTRARLA?
Poiché il farmaco è più efficace quando viene somministrato nelle prime fasi dell’infezione, la Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (MHRA), l’Agenzia regolatrice inglese dei farmaci, raccomanda di usarlo il prima possibile dopo un test positivo per Covid ed entro cinque giorni dalla comparsa dei sintomi.
A CHI VERRÀ SOMMINISTRATA?
Verrà data la priorità ai pazienti anziani e a quelli con particolari vulnerabilità, come nel caso di persone immunodepresse. Il farmaco può essere prescritto a chiunque risulti positivo e abbia almeno un fattore di rischio per lo sviluppo di una malattia grave, come obesità, diabete mellito e malattie cardiache. La pillola, fanno sapere gli esperti, va presa quattro volte al giorno per cinque giorni, stando a casa propria, senza dunque bisogno di ospedalizzazione o somministrazione sotto la vigile sorveglianza medica. Tuttavia, scrive il Guardian, il farmaco sarà inizialmente somministrato ai pazienti attraverso uno studio nazionale gestito dal National Health Service (NHS).
DOSSIER PAXLOVID
Paxlovid, il trattamento antivirale orale contro Covid-19 sviluppato dal colosso farmaceutico Pfizer, sembra in grado di ridurre il rischio di ospedalizzazione o morte per SARS-CoV-2 dell’89% nei soggetti considerati più vulnerabili.
La co-somministrazione con una bassa dose di ritonavir, un farmaco antiretrovirale, aiuta a rallentare il metabolismo del principio attivo del Paxlovid, facendo in modo che resti attivo nell’organismo per periodi di tempo più lunghi. La Pfizer ha riportato i risultati della sperimentazione clinica di fase 2/3 del farmaco. Lo studio, EPIC-HR (Evaluation of Protease Inhibition for Covid-19 in High-Risk Patients), è stato condotto su un campione di pazienti adulti non ospedalizzati risultati positivi all’infezione da nuovo coronavirus e considerati ad alto rischio per un decorso grave della malattia. L’analisi ha mostrato un rischio di ospedalizzazione e decesso diminuito dell’89% per qualsiasi causa correlata a Covid-19 nei soggetti che avevano ricevuto Paxlovid rispetto al gruppo di controllo.
I NUMERI
Lo 0,8% dei partecipanti che avevano ricevuto il farmaco è stato ricoverato entro 28 giorni dalla somministrazione, contro il 7% riscontrato tra coloro che avevano assunto il placebo. Al 28esimo giorno, riportano gli scienziati, non sono stati segnalati decessi tra coloro che avevano ricevuto Paxlovid, mentre 10 pazienti associati al placebo sono morti a seguito di complicazioni. I vertici dell’azienda sottolineano l’impegno a fornire tutti i dati del lavoro alla Food and Drug Administration per richiedere l’approvazione del farmaco orale antiCovid.
Iniziata nel settembre 2021, la sperimentazione clinica ha valutato i dati di 1.219 adulti, provenienti da Nord e Sud America, Europa, Africa e Asia, risultati positivi all’infezione da nuovo coronavirus e caratterizzati da almeno una condizione associata a un rischio più elevato di sviluppare complicazioni. I partecipanti hanno ricevuto Paxlovid o un placebo per via orale ogni 12 ore per cinque giorni. Rispettivamente il 19 e il 21 per cento di coloro che avevano assunto il farmaco o il placebo ha segnalato effetti collaterali, la maggior parte dei quali di lieve entità.
LA TERAPIA SPERIMENTALE
Paxlovid, spiegano gli esperti, è una terapia antivirale sperimentale con inibitore della proteasi SARS-CoV-2, progettata per essere somministrata per via orale in modo che possa essere prescritta al primo segno di infezione o in caso di esposizione nota all’agente patogeno.
Questo potrebbe limitare il rischio di decorsi gravi che potrebbero portare a ospedalizzazione o morte. Il medicinale contrasta infatti l’attività di SARS-CoV-2-3CL proteasi, un enzima di cui il coronavirus ha bisogno per replicarsi. La co-somministrazione con una bassa dose di ritonavir, un farmaco antiretrovirale, aiuta a rallentare il metabolismo del principio attivo del Paxlovid, facendo in modo che resti attivo nell’organismo per periodi di tempo più lunghi. Pfizer ha avviato la Fase 2/3 per valutare l’efficacia e la sicurezza del trattamento nei pazienti con diagnosi confermata di infezione da SARS-CoV-2.
“I rischi e le incertezze di questi dati – scrivono gli scienziati, come sottolinea un approfondimento dell’Agi – potrebbero alterare i risultati finali, come il profilo di efficacia, sicurezza e tollerabilità osservato fino ad oggi, ma per adesso i dati preliminari sono molto incoraggianti”.
L’ANALISI DI BASSETTI
Come funzionano i nuovi antivirali? Ha risposto al Corriere della Sera Matteo Bassetti (direttore della Clinica di Malattie infettive all’Ospedale San Martino di Genova e docente all’Università): «Una premessa: già noi usiamo un antivirale noto, il remdesivir, nei pazienti in ospedale, somministrato per flebo: riduce la mortalità e le complicanze. Questi nuovi, invece, sono pastiglie che si possono somministrare per bocca. E anche a casa. Il molnupiravir, prodotto dall’azienda americana Merck, può ridurre del 50% ricoveri nelle persone che lo assumono quando presentano i sintomi di Covid, certificati da un tampone molecolare. Ma la cosa interessante è che questo farmaco funziona anche quando i sintomi sono legati all’influenza».