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Moderna Italia Tria

Moderna bussa alla porta dell’Italia per investire ma nessuno risponde

L’ex ministro Tria, ora consigliere del ministro Giorgetti e presidente di Enea Tech e Biomedical, ha detto che il colosso farmaceutico Moderna vuole investire in Italia, ma il nostro Paese sembra non rispondere all’appello. Tutti i dettagli

 

Moderna vuole investire in Italia, ma l’Italia non è pronta. O non sa cosa deve fare.

A rivelarlo in una lunga intervista al Corriere della sera (dorso Economia del lunedì) è l’ex ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, ora consigliere economico per le attività connesse alla politica vaccinale relativa all’emergenza sanitaria da Covid-19 presso il ministero dello Sviluppo economico (Mise) guidato da Giancarlo Giorgetti.

Tria, dal 6 gennaio scorso, è anche presidente della Fondazione “Enea Tech e Biomedical” che gestisce per conto del Mise sia il “Fondo per il trasferimento tecnologico” che il nuovo “Fondo per la ricerca e lo sviluppo industriale biomedico” istituito con la Legge di bilancio.

COSA HA DETTO TRIA

Durante l’intervista viene chiesto all’ex ministro del governo Conte 1 se un investimento da parte della casa farmaceutica statunitense Moderna nella produzione di vaccini in Italia è realistico.

Tria ha risposto che lo è e che il negoziato aiuterebbe molto il progetto di Enea Tech e Biomedical. Moderna, ha spiegato l’economista, “è disposta a portare in Italia il proprio sistema produttivo con le sue piattaforme a mRna per tutti i nuovi tipi di farmaci”.

E quindi cosa aspettiamo? Secondo Tria all’Italia manca “un attore pubblico in grado di fare accordi finanziari di lungo termine con l’azienda”. Su chi potrebbe essere questo attore pubblico ha affermato che non crede che possa essere la fondazione da lui presieduta, ma “comunque spetta al governo decidere”.

LA TRAVAGLIATA STORIA DI ENEA TECH

Come scriveva Il Sole24Ore, la fondazione con a capo Tria, prima Enea Tech poi Enea Tech e Biomedical, “aveva una dote di 500 milioni, poi di 900 milioni, poi dopo solo due mesi di nuovo di 500”.

Era nata con l’intenzione di sostenere le startup in quattro settori: information technology, energia verde, healthcare e tecnologie legate a infrastrutture e materiali. Nel dicembre 2020 era partita “con una dote di 500 milioni, fino ad un massimo di 1,4 milioni in 5 anni” e nella primavera 2021 si erano già candidate a ricevere fondi le prime centinaia di aziende.

IL CAMBIO DI ROTTA

“Poi – ricorda il quotidiano economico – improvvisamente uno stop perché il fondo viene trasformato in qualcosa, in teoria, di ancora più evoluto: doveva supportare la ricerca farmaceutica, guardando in particolare allo sviluppo di una possibile filiera del vaccino anti-covid. Così viene rinominato Enea Tech e Biomedical, con una dote aggiuntiva, grazie al decreto Sostegni bis di luglio, di 400 milioni in più, con la richiesta che in totale 650 milioni venissero indirizzati per questo nuovo scopo biomedicale”.

Da lì, però, nonostante l’arrivo dei finanziamenti, la fondazione non è ancora pronta a partire. Niente Cda, statuto o presidente per dirigerla.

Il 17 settembre, scrive Il Sole24Ore, “la direzione generale del Mise sottolinea in un decreto che ‘non risultano al presente esigenze di risorse aggiuntive e che pertanto è possibile rinviare il trasferimento’”. I 400 milioni del Sostegni bis tornano dunque nelle casse da cui provenivano: quelle di Invitalia, che altrimenti – si legge su Panorama – “avrebbe lasciato sospeso lo sportello dei contratti di sviluppo con moltissime domande pendenti”.

A questo punto Enea Tech si ritrova con 500 milioni di euro inutilizzati. Ma quindi a cosa servirà la fondazione?

LA RISPOSTA DI TRIA

Tria, nel corso dell’intervista, ha spiegato che Enea Tech e Biomedical non sarà solamente uno sportello per finanziare progetti innovativi perché punta piuttosto a “essere qualcosa che vada incontro a esigenze più complesse”.

L’ambizione è quella di “avere capacità progettuale, coinvolgere i privati ed operare secondo programmi mirati” perché, ha ricordato Tria, bisogna guardare a progetti di più ampia portata.

COSA MANCA ALL’ITALIA PER I GRANDI PROGETTI

L’ex ministro dell’Economia ha quindi portato l’esempio di quanto accaduto – o meglio, non accaduto – con i finanziamenti per la produzione di vaccini anti Covid in Italia.

“In Italia c’erano progetti promettenti ma, malgrado scostamenti di bilancio per circa 150 miliardi di euro, non si è riusciti a trovare 80 milioni per qualcosa di così importante. Dunque non si tratta di creare sportelli per fornire sussidi, ma di avere capacità progettuale […]”.

“La logica dello sportello – ha chiarito Tria – può servire per sostenere delle startup e in parte potremo farlo. Ma qui si tratta di guardare soprattutto a progetti più vasti, con soggetti più grandi. In Italia non abbiamo un Istituto Pasteur, un Barda come negli Stati Uniti capaci di operare in quella direzione”.

IL FUTURO DI ENEA TECH E BIOMEDICAL

Enea Tech e Biomedical, come ha detto l’economista, per ora non ha l’ambizione di diventare come una di questa grandi istituzioni ma la direzione è quella: “partire nell’aiuto alla ricerca nella sua parte iniziale e più rischiosa, aiuto ai poli tecnologici”, con un occhio “soprattutto alla riconversione industriale per condurre questa filiera in modo articolato” perché, conclude Tria, “oggi nel sistema sanitario decentrato del Paese non c’era un’entità in grado di svolgere questa funzione”.

IL PROGETTO IPCEI

Sembra andare in questa direzione il progetto l’Important Projects of Common European Interest (Ipcei), ovvero l’Importante progetto di interesse comune europeo, in particolare sulla salute, che il Mise si è impegnato a costruire nell’ambito delle iniziative di politica industriale promosse dall’Italia con gli altri Stati membri della Ue e la Commissione Ue.

“L’industria farmaceutica italiana si candida a essere punto di riferimento a livello europeo. Dall’inizio del mio mandato ho puntato moltissimo sull’eccellenza delle nostre industrie farmaceutiche. Sono fiducioso che gli sforzi e l’impegno di tutti mostreranno presto i loro frutti”, ha detto Giorgetti a proposito dell’Ipcei.

Le imprese interessate a partecipare all’iniziativa possono proporre un progetto d’investimento in Italia entro il prossimo 28 febbraio. “I progetti selezionati”, si legge su Radiocor, “potranno essere finanziati in deroga alla normativa europea sugli aiuti di Stato, per affrontare sfide di mercato e sociali che non potrebbero essere superate in altro modo, ma eventualmente anche con risorse del Pnrr e resilienza se le attività connesse saranno conformi alla normativa ambientale nazionale e europea”.

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