Mattine e pomeriggi trascorsi nella sala di attesa del proprio medico di famiglia solo per fare due chiacchiere con altre persone e, infine, con il dottore, da cui spesso molti anziani vanno per cercare una cura per la solitudine più che per qualche malanno. In futuro potrebbe essere utopia perché, invece che parlare con un professionista, i pazienti potrebbero ritrovarsi davanti l’intelligenza artificiale (IA) che li interroga sul loro stato di salute.
Membri dei team di Google Research e Google DeepMind, infatti, hanno testato il sistema di IA Articulate Medical Intelligence Explorer (Amie) per condurre colloqui “medico-paziente”. In particolare, sulla parte iniziale dell’incontro in cui il dottore cerca di capire il problema ponendo domande riguardo i sintomi e la storia clinica.
Ecco i risultati.
COSA SA FARE AMIE DI GOOGLE
Amie è un sistema di intelligenza artificiale basato su un Large Language Model (LLM) e ottimizzato per il dialogo diagnostico. Per scalare l’apprendimento in diverse condizioni patologiche, specialità e scenari, gli esperti hanno sviluppato un nuovo ambiente di dialogo diagnostico simulato basato sul self-play e dotato di meccanismi di feedback automatizzati.
In seguito, hanno stabilito dei criteri per valutare le prestazioni, tra cui l’anamnesi, l’accuratezza diagnostica, il ragionamento gestionale, le capacità di comunicazione e l’empatia. Infine, Amie è stato valutato per la sua qualità nelle consultazioni cliniche del mondo reale, sia dal punto di vista dei medici che dei pazienti.
IL TEST
Per testarlo, i ricercatori hanno arruolato 20 persone che si fingevano pazienti e hanno chiesto loro di avere consultazioni online basate su 149 scenari possibili sia con Amie che con 20 medici certificati.
I RISULTATI
Dalla ricerca è emerso che “Amie ha dimostrato una maggiore accuratezza diagnostica e prestazioni superiori su 28 dei 32 criteri secondo i medici specialisti e su 24 dei 26 criteri secondo i pazienti attori”, affermano gli autori dello studio che, però, ammettono anche che la ricerca “presenta diversi limiti e deve essere interpretata con la dovuta cautela”. Inoltre, il chatbot non è stato testato su persone con problemi di salute reali.
Secondo i pazienti, Amie ha superato i medici per cortesia, spiegazione delle condizioni e del trattamento, onestà ed espressione di attenzione e impegno. Tuttavia, i professionisti coinvolti nel test non erano abituati a interagire attraverso una chat testuale e questo potrebbe aver influito sulle loro prestazioni.
Pur rappresentando una pietra miliare verso l’IA diagnostica conversazionale bisogna ricordare, come si legge all’inizio dell’articolo scientifico che “il cuore della medicina è il dialogo medico-paziente, in cui un’abile anamnesi apre la strada a una diagnosi accurata, a una gestione efficace e a una fiducia duratura”. Come ha infatti osservato su Nature Adam Rodman, medico di medicina interna presso la Harvard Medical School di Boston, “lo strumento potrebbe essere utile, ma non dovrebbe sostituire le interazioni con i medici” poiché “la medicina è molto più che raccogliere informazioni: si tratta di relazioni umane”.