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La Salute (spappolata) di Speranza tra Ricciardi e Sileri

Qual è la linea del ministero della Salute retto da Speranza? Quella del suo consigliere Ricciardi che invoca un lockdown a Milano e Napoli o quella meno allarmistica del suo viceministro Sileri? Fatti, parole e divergenze sulle politiche anti Covid

 

Qual è la linea del ministero della Salute retto da Roberto Speranza? Quella del suo consigliere Walter Ricciardi che invoca un lockdown a Milano e Napoli o quella meno allarmistica del suo viceministro Pierpaolo Sileri?

E’ la domanda che si stanno ponendo da ore politici e addetti ai lavori dopo le ultime dichiarazioni sia di Sileri che di Ricciardi.

Ecco tutti i dettagli.

CHE COSA HA DETTO RICCIARDI SUL LOCKDOWN A MILANO E NAPOLI

“A Milano e Napoli uno può prendere il Covid entrando al bar, al ristorante, prendendo l’autobus. Stare a contatto stretto con un positivo è facilissimo perché il virus circola tantissimo. In queste aree il lockdown è necessario, in altre aree del Paese no”. Walter Ricciardi, ordinario di Igiene all’Università Cattolica e consigliere del ministro della Salute, torna a chiedere dei lockdown mirati nelle zone dove il virus circola di più, perché “ci sono delle aree del Paese dove la trasmissione è esponenziale e le ultime restrizioni adottate, che possono essere efficaci nel resto del territorio, in quelle zone non bastano a fermare il contagio”.

Sulle critiche di Matteo Renzi per la chiusura di cinema e teatri, prevista nell’ultimo Dpcm, Ricciardi risponde: “Se sei a Milano è un luogo dove te lo puoi prendere anche al cinema. In altre città la situazione non è la stessa. A Milano e Napoli è impensabile qualsiasi attività che prevede l’avvicinarsi di persone negli spazi chiusi”. Ci troviamo, infatti, ha aggiunto, in presenza “di migliaia di soggetti asintomatici che tornano a casa, dove non si indossa la mascherina, ci si bacia e ci si abbraccia”.

GALLI FILO RICCIARDI

La possibilità di un lockdown in alcune aree d’Italia, tra cui Milano, è un’opzione che “mi rattrista in maniera violenta”, ma che “non può non essere considerata”. Lo dichiara all’Adnkronos Salute Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano e docente all’università Statale del capoluogo lombardo, dopo che Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza per l’emergenza coronavirus, è tornato a ribadire la necessità di una chiusura in zone come Milano e Napoli.

Se la speranza di Galli è “che le misure già adottate producano l’effetto voluto”, per un lockdown in aree mirate come la metropoli meneghina potremmo non dover aspettare, avverte l’esperto. Cruciali saranno i numeri che vedremo nei prossimi giorni, spiega l’infettivologo. Perché se corrisponderanno alle previsioni peggiori, o addirittura le supereranno, allora il lockdown sarà “necessario”.

LE PAROLE DI SILERI

Tutt’altra l’impostazione di Pierpaolo Sileri, viceministro della Salute, che si discosta tanto da Galli e Ricciardi (e pure da Conte sul tema dei vaccini) a tal punto da annunciare che alla fine dell’esperienza ministeriale andrà a lavorare al San Raffaele, “dove ho vinto un concorso del 2016”, ha detto al quotidiano Libero.

Ecco un breve estratto dell’intervista di Libero Quotidiano a Sileri:

Cosa non le torna di come il governo sta affrontando questa ondata?

«Io sono per allargare il tavolo del Comitato Tecnico Scientifico e renderne più trasparenti le logiche e le modalità operative. Mi pare doverosa la trasparenza di questi tempi: non si possono affidare a consulenti di nomina governativa decisioni fondamentali per tutto il Paese».

E delle chiusure cosa pensa: occorre davvero stringere ulteriormente le maglie?

«In terapia intensiva ci sono ancora molti posti e la crescita dei ricoverati non è esponenziale. Il numero dei positivi è altissimo ma la maggior parte di loro non è malata: bisogna distinguere e non creare inutile terrorismo».

E quindi?

«Stiamo paralizzando un Paese in attesa di omologare i test salivari. Inconcepibile».

Lei cosa farebbe?

«La prima cosa da fare è aumentare la capacità diagnostica. Dividiamo la popolazione in tre fasce: basso, medio e alto rischio. Usiamo il test rapido antigenico per coloro che sono a basso e medio rischio e sottoponiamo solo la terza fascia al tampone; così si riescono a mappare 400mila persone al giorno e non sprechiamo tamponi per soggetti che non essendo contatti stretti non sono a rischio elevato. È assurdo quello a cui stiamo assistendo, con migliaia di persone che prendono d’assalto i pronto soccorso per sintomi sovrapponibili a quello del Covid, oppure file interminabili per fare un tampone. Avere più offerta diagnostica più semplice del tampone e fruibile dai medici di medicina generale, nelle farmacie o nel privato e, perché no, anche negli studi dentistici aiuterebbe il sistema in toto».

Denuncia un abuso di tamponi?

«No, dico che ne facciamo troppi alle persone sbagliate. Se io risulto positivo, si può fare il tampone ai miei assistenti, ma non a tutto il piano. Per gli altri basta un test antigenico rapido o salivare che costa un quinto e hai il risultato in un’ora anziché in cinque giorni. Con il Covid bisogna agire come con tutte le altre patologie. Nello screening del cancro del colon si prevede l’esame occulto fecale e solo se questo dà un risultato positivo si procede alla colonscopia».

Crede nel vaccino?

«Non sarà una cosa rapida. Servono mesi per produrlo, come avviene per quello influenzale. E poi ancora non sappiamo quanto in realtà protegge e quali sono i suoi effetti collaterali. Credo arriverà prima il farmaco rispetto alla profilassi».

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