Tra il 2020 e il 2024 sono stati investiti oltre 2 miliardi di euro per abbattere le liste di attesa derivanti dall’emergenza pandemica, tuttavia, secondo la Corte dei conti, il loro utilizzo “appare esiguo”. Inoltre, evidenzia criticità sia nel coordinamento che nel monitoraggio sia dal lato delle regioni e delle province autonome che da quello del ministero della Salute.
LE CRITICITÀ
Dall’analisi sulla “Riduzione delle liste di attesa relative alle prestazioni sanitarie non erogate nel periodo di emergenza epidemiologica da Covid-19”, approvata con delibera dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, emergono “criticità nella metodologia adottata, basata su dati autocertificati da parte di Regioni e Province autonome che appaiono non omogenei”.
La delibera sottolinea infatti “il mancato utilizzo di flussi informativi nazionali e di sistemi informativi strutturati, allo stato non disponibili”, oltre che le difficoltà incontrate dal ministero della Salute nello svolgimento delle attività di coordinamento e monitoraggio, sia sul versante della verifica dell’avvenuta programmazione, sia per quanto attiene alla capacità delle autonomie territoriali nel comunicare tempestivamente il grado di raggiungimento degli obiettivi da esse programmati.
DATI NON OMOGENEI
I dati trasmessi da regioni e province autonome – specifica la magistratura contabile – “risultano spesso parziali e disomogenei e, dunque, non confrontabili fra loro per le diverse metodologie applicate alle stime dei ricoveri e delle prestazioni non erogate, con informazioni che non forniscono sempre quadri aggiornati e completi, dai quali potrebbe emergere un utilizzo regionale delle risorse stanziate maggiormente orientato al ripianamento dei disavanzi sanitari e a un abbattimento solo residuale delle liste di attesa, stante l’ampia finalizzazione prevista dalla normativa vigente che potrebbe indurre le Regioni ad operare in tal senso”.
Sebbene infatti tutte le regioni e le province autonome abbiano fornito un apposito Piano per il recupero delle liste di attesa, il monitoraggio, condotto in collaborazione con Agenas sull’effettiva attuazione, rileva che “i dati raccolti non sono confrontabili a causa di alcune incoerenze dovute alle diverse metodologie applicate alle stime dei ricoveri e delle prestazioni ambulatoriali perse nell’anno 2020 e alla quantificazione del recupero che appare basata su metodi di calcolo differenti”.
MONITORAGGIO IMPOSSIBILE
Non risulta, inoltre, un meccanismo di acquisizione dati che consenta di valutare l’effettiva applicazione da parte dei soggetti attuatori (aziende sanitarie, ecc.) delle misure previste in materia e, soprattutto, per verificare il corretto utilizzo delle risorse finanziarie messe in campo con la fiscalità generale. “Questo – sottolinea la Corte dei conti – anche in virtù dell’assenza di risultanze sull’operatività delle sanzioni previste per stimolare le capacità di risposta delle autonomie territoriali, a seguito delle richieste di dati avanzate dal ministero della Salute per il monitoraggio sull’abbattimento effettivo delle liste di attesa”.
La delibera riconosce infatti le difficoltà incontrate dal ministero non solo per quanto riguarda la verifica dell’avvenuta programmazione, ma anche per quanto attiene alla capacità delle singole autonomie territoriali di comunicare tempestivamente il grado di raggiungimento degli obiettivi, dalle stesse programmati.
RISORSE SPESE PER RIPIANARE I DISAVANZI
“Per quanto attiene, invece, al monitoraggio relativo all’utilizzo e alla gestione finanziario-contabile delle risorse stanziate – afferma la delibera -, emerge che la relativa più ampia finalizzazione, normativamente prevista, possa indurre le Regioni ad utilizzarle in via prioritaria per ripianare i loro disavanzi sanitari regionali e, solo residualmente, per abbattere le liste di attesa. Dalla lettura dei dati pervenuti dal Ministero relativi all’utilizzo delle risorse messe a disposizione al 31 dicembre 2023 si rileva che, nonostante l’ammontare non indifferente di disponibilità, il relativo utilizzo appare esiguo”.
Tra i dati citati nella relazione, per esempio, troviamo quello relativo al quarto trimestre del 2022 quando la spesa rendicontata a consuntivo ammontava al 69,6% del totale, pari a 348 milioni di euro su uno stanziamento di 500 milioni, di cui un importo massimo di 150 milioni da utilizzarsi per coinvolgere le strutture private accreditate (eventualmente incrementabile sulla base di specifiche esigenze regionali).
RACCOMANDAZIONI DELLA CORTE DEI CONTI
Nelle conclusioni, quindi, la Corte auspica “lo sviluppo di un apparato organizzativo e informativo per il monitoraggio sul conseguimento degli obiettivi in materia, viste anche le risorse stanziate, proprio di recente, per la riduzione del fenomeno”.