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Covid Cina

La Cina è sull’orlo di una crisi di nervi per la politica zero Covid

La confusione da parte del governo nell’applicare la politica zero Covid sta portando la Cina all’esasperazione. Dalle eccezionali proteste alle reazioni della Borsa, ecco le previsioni economiche degli esperti e i piani di Pechino per affrontare una nuova grande epidemia

 

Aumentano sempre di più le proteste in Cina, tra terrore delle infezioni e insofferenza per le draconiane misure restrittive, la rigida politica zero Covid di Pechino alternata a momentanei allentamenti sta creando una gran confusione nell’opinione pubblica e, secondo The Economist, potrebbe anche aver contribuito all’aumento dei casi.

I NUMERI DEI CASI COVID IN CINA

Il 26 novembre, secondo la Commissione nazionale per la salute, la Cina ha registrato il quarto record giornaliero di casi Covid con 39.791 nuove infezioni, di cui 3.709 sintomatiche e 36.082 asintomatiche. Oggi, stando a Reuters, il picco avrebbe addirittura toccato quota 40.052.

E la scorsa settimana, per la prima volta in sei mesi, le autorità di Pechino hanno diffuso il numero di decessi dovuti alla pandemia: 5.233, tra cui molti anziani con condizioni preesistenti.

LE AREE PIÙ COLPITE

Chongqing, la città più estesa del mondo e al quarto posto della classifica delle città più popolose della Terra (supera i 31 milioni di persone), e Guangzhou, città portuale altrettanto densamente popolata (circa 19 milioni di persone), sono i luoghi che registrano la maggior parte delle nuove infezioni. Ma in tutto il Paese si continua a lottare per contenere i focolai.

LE CONSEGUENZE ECONOMICHE DELLA STRATEGIA ZERO COVID

Stando ai dati della società di brokeraggio Nomura, riportati dall’Economist, “in tutto, le aree che producono un quinto del PIL cinese sono ora sottoposte a una qualche forma di blocco”.

E, Le Grand Continent scrive che “le città sottoposte a contenimento totale o parziale alla fine della scorsa settimana concentrano la maggior parte della produzione di ricchezza della Cina”, con “Pechino, Guangzhou e Chongqing [che] da sole rappresentano quasi il 9% del PIL”.

LE REAZIONI DELLA BORSA…

Le proteste poi, dovute proprio all’insofferenza per le interminabili restrizioni, non stanno nemmeno rassicurando investitori e mercati. Reuters, infatti, oggi scrive che i titoli azionari e i prezzi delle materie prime hanno subito un ‘brusco’ calo, sollevando preoccupazioni sulle implicazioni per la crescita della seconda economia mondiale.

…E LE PREVISIONI DEGLI ECONOMISTI

“È chiaro che le dure misure anti Covid della Cina hanno avuto un impatto sul sentimento dei consumatori e delle imprese per un certo periodo di tempo e i persistenti declassamenti del PIL cinese sono stati costanti per oltre un anno, con ulteriori declassamenti in arrivo”, ha dichiarato all’agenzia di stampa George Boubouras, direttore esecutivo di K2 Asset Management a Melbourne. “I mercati non amano l’incertezza e gli investitori cercheranno qualche chiarimento sui durissimi protocolli di blocco interno della Cina”.

Per Robert Subbaraman di Nomura, “c’è il rischio che il piano della Cina per convivere con il Covid sia troppo lento, che l’aumento dei casi alimenti altre proteste e che i disordini sociali indeboliscano ulteriormente l’economia” oppure che spingano invece il governo definire un piano più chiaro.

Ma il sentimento generale è che il colpo economico sarà maggiore di quanto previsto.

“Anche se la Cina è sulla buona strada per abbandonare l’approccio zero Covid, il basso livello di vaccinazione tra gli anziani significa che l’uscita sarà probabilmente lenta e forse disordinata – hanno dichiarato gli analisti di CBA -. È improbabile che gli impatti economici siano modesti”.

LA CONFUSIONE DEL GOVERNO CINESE

Quello che gli esperti – e i cinesi che scendono in piazza – rimproverano al governo oltre al fatto che la politica zero Covid sia estenuante è anche la mancanza di chiarezza e la confusione nell’attuarla. Infatti, alle rigide misure messe in campo si alternano annunci di allentamento delle restrizioni che però solitamente durano pochi giorni prima che i casi risalgano e nuove severe regole vengano reintrodotte.

Ma il dietrofront, scrive l’Economist, “non è sorprendente” perché “quando è stato annunciato l’allentamento, i casi erano già in aumento” e “da allora si è accelerato”.

“Più sconcertante – osserva l’articolo – è il motivo per cui le autorità centrali hanno ritenuto di poter chiedere ai funzionari locali di alleggerire le restrizioni e allo stesso tempo si aspettano che essi mantengano bassi i casi”. Questi obiettivi contraddittori, per Huang Yanzhong del think tank americano Council on Foreign Relations, hanno causato ‘caos e confusione’ e potrebbero anche aver contribuito all’aumento dei casi.

I PIANI DEL GOVERNO

Con l’aumento dei casi, afferma l’Economist, i funzionari sanitari si stanno preparando a una grande epidemia. Il 17 novembre hanno annunciato l’intenzione di convertire il 10% dei letti degli ospedali in letti per unità di terapia intensiva e hanno anche promesso di svelare un piano per aumentare i tassi di vaccinazione tra gli anziani (solo il 40% degli ultraottantenni cinesi ha fatto un terzo richiamo).

“Ma questi progetti richiedono tempo e risorse – osserva il quotidiano britannico -. Attualmente la Cina ha meno di 4 letti di terapia intensiva ogni 100.000 persone. Rispetto agli oltre 30 per 100.000 in America”.

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