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Ecco come l’Ue vuole garantire il diritto all’aborto a tutte le donne

Un meccanismo finanziario volontario per aiutare le donne che non possono accedere all’aborto nel proprio Paese a recarsi in uno Stato membro con leggi più permissive. È quanto prevede una proposta appena approvata dal Parlamento europeo. Fatti, numeri e spaccature

 

Dal divieto totale di Malta a quello limitatissimo della Polonia fino alle difficoltà ad accedervi in Paesi come Italia e Croazia. L’aborto in Europa non è un diritto garantito a tutte le donne che, a prescindere dalle ideologie, possono trovarsi costrette a dover ricorrere a soluzioni illegali e soprattutto pericolose per la salute.

In seguito alla proposta dell’associazione per il diritto all’aborto sicuro, legale e accessibile in tutta l’Ue “My Voice, My Choice”, che ha raccolto 1,12 milioni di firme, il Parlamento europeo ha approvato un fondo volto ad ampliare l’accesso all’aborto nell’Unione.

La proposta prevede la creazione di un meccanismo finanziario volontario, destinato ad aiutare le donne che non possono accedere a questa proceduta nel proprio Paese e che scelgono di recarsi in uno Stato membro con leggi più permissive.

COSA PREVEDE LA PROPOSTA ADOTTATA DAL PARLAMENTO UE

Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione non vincolante che chiede alla Commissione di istituire un meccanismo finanziario di solidarietà, aperto su base volontaria a tutti gli Stati membri e sostenuto da fondi dell’Unione, per facilitare l’accesso all’interruzione di gravidanza alle donne che ne sono legalmente private nel proprio Paese. Il fondo consentirebbe agli Stati aderenti di garantire l’aborto nel rispetto delle rispettive legislazioni nazionali, senza interferire formalmente con le competenze sanitarie dei singoli governi.

Nel testo, l’Eurocamera rileva infatti che in diversi Paesi dell’Ue persistono ostacoli legali e pratici che impediscono l’accesso ad aborti sicuri e legali, invitando gli Stati a rivedere le proprie normative alla luce degli standard internazionali sui diritti umani e della tutela della salute sessuale e riproduttiva.

IL VOTO E GLI SCHIERAMENTI POLITICI

La risoluzione è stata approvata con 358 voti favorevoli, 202 contrari e 79 astensioni. A sostenerla sono stati i gruppi Socialisti e Democratici, Renew, Verdi, Sinistra e una parte rilevante del Partito Popolare Europeo, che si è però diviso al suo interno. Le opposizioni sono arrivate soprattutto dai Conservatori e Riformisti (Ecr), dai Patrioti per l’Europa e da altri gruppi di estrema destra, oltre a una parte del PPE.

Fonte: Politico

COME HANNO VOTATO GLI ITALIANI

Tra i deputati italiani, il sostegno più compatto è arrivato dal Partito democratico, con 19 voti favorevoli, tra cui quelli di Bonaccini, Gori, Nardella, Zan e Zingaretti, mentre Lucia Annunziata ha votato contro e Marco Tarquinio, eurodeputato dem e già direttore di Avvenire, presente in aula, ha scelto di non partecipare al voto.

Nel PPE, che ha contribuito con 71 voti a favore, determinanti sono stati i voti di alcuni esponenti di Forza Italia, tra cui Chinnici, Princi e Tosi, accanto a voti contrari, come quelli di Falcone e Salini, e astensioni di altri colleghi dello stesso partito, come nel caso di Letizia Moratti. Il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra, inseriti nel gruppo The Left, hanno votato a favore, così come i Verdi italiani.

Sul fronte opposto, Fratelli d’Italia, all’interno del gruppo Ecr (di cui fanno parte i 23 di Fratelli d’Italia, tra i quali Fidanza, Inselvini, Procaccini e Sberna), e la Lega, nei Patrioti per l’Europa (con Patriciello, Sardone, Stancanelli e Tovaglieri), si sono espressi in larga parte contro.

Come riporta Avvenire, c’è poi il caso di 4 parlamentari che hanno dichiarato di aver sbagliato a votare a favore e hanno chiesto di poter verbalizzare il loro voto contrario: tra loro, Elena Donazzan (FdI) e tre leghisti fra i quali spicca il nome di Roberto Vannacci.

LE POSIZIONI EMERSE NEL DIBATTITO

Dopo il voto, la relatrice Abir Al-Sahlani (Renew, Svezia) ha dichiarato: “Questo voto è una grande vittoria per ogni donna in Europa. L’Ue ha finalmente dimostrato che l’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva è un diritto umano fondamentale. I cittadini dell’Ue hanno fatto sentire la propria voce e hanno dimostrato di avere a cuore la vita, la salute e i diritti delle donne. E il Parlamento europeo ha risposto. Questa iniziativa mostra cosa è possibile fare quando cittadini e istituzioni uniscono le forze. Questo è il significato della democrazia”.

Nel corso del dibattito, fa presente Euractiv, sono stati presentati testi alternativi da parte di deputati conservatori e di estrema destra, che chiedevano alla Commissione di non intervenire in un ambito ritenuto di competenza esclusiva degli Stati membri. Tali proposte sono state respinte, ma durante il voto è passato un emendamento che afferma che “solo le donne biologiche possono rimanere incinte e avere figli”, approvato con uno scarto ristretto.

Pur non modificando operativamente il meccanismo finanziario né le disposizioni sull’accesso all’aborto, il suo inserimento è stato criticato da deputati progressisti e da associazioni per i diritti civili, che temono possa avere implicazioni simboliche e politiche nei confronti delle persone transgender, non binarie e intersessuali.

LE LEGISLAZIONI SULL’ABORTO NEI PAESI UE

Le normative sull’aborto restano profondamente disomogenee all’interno dell’Ue. Malta mantiene un divieto totale, mentre in Polonia l’interruzione di gravidanza è consentita solo in caso di violenza sessuale o grave pericolo per la salute della donna, dopo che nel 2021 è stato vietato anche l’aborto per malformazione fetale. In Paesi come Italia e Croazia l’aborto è legale, ma l’accesso è spesso ostacolato da limiti organizzativi, carenze di servizi e obiezione di coscienza.

Secondo lo European Abortion Policies Atlas 2025, i livelli più elevati di tutela si registrano in Svezia, Francia e Paesi Bassi, mentre Malta e Polonia restano in fondo alla classifica.

Francia, Lussemburgo e Paesi Bassi hanno invece recentemente ampliato le garanzie, mentre in altri Stati si sono registrate nuove restrizioni e un aumento delle difficoltà di accesso, inclusa la diffusione di disinformazione.

I PROSSIMI PASSAGGI ISTITUZIONALI

La risoluzione, spiega il Parlamento europeo, è stata adottata in risposta a un’Iniziativa dei cittadini europei, uno strumento che consente ai cittadini dell’Ue di invitare la Commissione a proporre una nuova legislazione. Per essere presa in considerazione, un’iniziativa deve ottenere il sostegno di un milione di persone provenienti da almeno sette Paesi dell’Ue. Dalla sua introduzione nel Trattato di Lisbona, sono state 13 le iniziative andate a buon fine.

Per quest’ultima, la Commissione europea dovrà ora indicare entro marzo 2026 se intende presentare misure legislative o non legislative o se motivare una decisione di non intervento. Il voto del Parlamento, pur non vincolante, rappresenta un indirizzo politico nel processo decisionale europeo.

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