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Ecco come e perché i medici di base si dividono sull’obbligo dei tamponi anti Covid

Che cosa prevede l'accordo nazionale sui tamponi anti Covid e che cosa pensano i sindacati (divisi) dei medici di base. Fatti, numeri e polemiche

I medici chiedono al Paese di andare in lockdown. Questa è la richiesta che è arrivata dalla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo) per bocca del suo presidente Filippo Anelli che, dopo aver appreso i dati forniti dal bollettino settimanale dell’8 novembre, ha chiesto di estendere la zona rossa a tutta l’Italia. “La situazione fra un mese sarà drammatica, potremo avere altri 10mila morti – ha detto Anelli attraverso i profili social del Fnomceo – e quindi bisogna ricorrere subito ad una chiusura totale. O blocchiamo il virus o sarà lui a bloccare noi”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il sindacato nazionale dei medici ospedalieri che chiede un lockdown nazionale dalle sei alle otto settimane.  “Con i dati preoccupanti dei contagi e delle morti e con le Regioni che contestano i numeri che le classificano zone rosse – dice Carlo Palermo, segretario nazionale di Anaao Assomed – l’unica soluzione è un lockdown nazionale di 6-8 settimane per appiattire la curva”.

TAMPONI DAI MEDICI DI BASE: L’ACCORDO CON IL GOVERNO

Il governo pare aver in parte ascoltato le richieste dei medici avendo collocato altre cinque regioni, Abruzzo, Basilicata, Liguria, Toscana e Umbria in zona arancione.

La ricetta perseguita dal governo per affrontare questa seconda ondata di pandemia da Covid-19 se da un lato si poggia sul contenimento della socialità, dall’altro si avvale del contributo della medicina di prossimità e dei medici di base.

Il 3 novembre la Conferenza Stato Regioni ha dato il via libera all’accordo tra Sisac (l’ente di contrattazione pubblica), i medici di medicina generale e pediatri per l’effettuazione dei tamponi antigenici rapidi presso gli ambulatori di pediatri e medici di famiglia. I pazienti possono accedere alle prestazioni attraverso una prenotazione e previo triage telefonico e, in caso di test con esito positivo, il medico passa la palla al Servizio Sanità Pubblica e raccomanda al paziente l’isolamento domiciliare fiduciario in attesa dell’esito del tampone molecolare di conferma.

Gli ambulatori dei medici di famiglia diventano a dunque un avamposto di frontiera per la lotta all’epidemia da Covid-19, il primo punto di riferimento per quanti abbiano la necessità di effettuare un tampone e una valvola di sfogo per alleggerire la pressione sui Pronto soccorso.

L’Accordo Collettivo Nazionale oggetto dell’intesa con il Governo prevede una retribuzione di 18 euro per ogni tampone effettuato all’interno dell’ambulatorio mentre la tariffa per l’attività svolta fuori dagli studi medici è di 12 euro.

I MALUMORI TRA I MEDICI: SMI E SNAMI CONTRO TUTTI

Tra i medici di base, però, serpeggia malumore. Se i pediatri sono stati compatti nell’accettare l’accordo, i medici di base si sono spaccati e a firmare sono state solo la Fimmg (la Federazione dei medici di medicina generale) e l’Intesa sindacale (CISL MEDIICII – FP CGIL MEDIICI – SIMET – SUMAI) che rappresentano più del 70% dei medici coinvolti mentre Snami e Smi non hanno firmato l’intesa. Oltre ai timori per la sicurezza dei medici, il punto più dibattuto riguarda l’obbligatorietà: Smi e Snami avrebbero preferito un’adesione su base volontaria mentre l’accordo obbliga i sanitari a effettuare tamponi negli studi medici e non accetta “obiettori di coscienza”.  Ludovico Abbaticchio presidente Nazionale dello Smi (Sindacato Medici Italiani) affida a un comunicato stampa tutto il suo disappunto. “Ma è davvero indispensabile che i tamponi rapidi li facciano i medici di famiglia? È uno di quei compiti che rendono “strategica” la nostra professione? – si legge su portale dello Smi – Ancora una volta sembra che il medico di famiglia sia una sorta di contenitore su cui riversare oneri e incombenze di ogni genere, spesso per coprire inadempienze di gestione e programmazione del lavoro territoriale sanitario senza avere un progetto, una visione complessiva che abbia come obiettivo la salute pubblica e la prevenzione”. Ma la polemica è aspra anche nei confronti del Fimmg, tanto che il presidente Abbaticchio ne mette in dubbio la reale rappresentatività. “Questo sindacato maggioritario sfiduciato da molti medici della sua base cosa dice in difesa della medicina territoriale? – si legge ancora sul sito – Fanno equilibrismi circensi (con tutto il rispetto per questa professione) del sindacalismo medico?”.

Ancora più battagliero Angelo Testa, presidente nazionale Snami che ha inviato Silvestro Scotti, segretario nazionale Fimmg, a ritirare la firma all’accordo. Sul sito dello Snami i medici possono anche scaricare un modulo da compilare nel caso in cui vogliano dichiarare che il proprio ambulatorio non è “in possesso dei requisiti minimi di sicurezza e biocontenimento previsti dalle norme vigenti”. Infine il presidente Testa ha dichiarato lo stato di agitazione sindacale “per ottenere la giusta considerazione, attenzione e l’indispensabile supporto per chi si sta spendendo ed impegnando, ben oltre i propri doveri contrattuali, troppo spesso abbandonato a se stesso”.

In casa Fimmg, al contrario, c’è aria di soddisfazione: “In un momento drammatico come quello attuale la medicina generale non poteva, e non ha mai pensato, di tirarsi indietro – dice Silvestro Scotti, segretario generale Fimmg, in un comunicato del sindacato – Abbiamo però preteso che i medici non siano mandati a combattere a mani nude, come purtroppo è accaduto nei mesi scorsi”.

LE ARMI DEI MEDICI: STANZIATI 30 MILIONI DI EURO

La copertura economica per la realizzazione del piano di tamponi negli ambulatori del medico di famiglia arriva dal Decreto Ristoro che stanzia 30 milioni di euro fino al 31 dicembre 2020. Nei mesi di novembre e dicembre si stima che saranno effettuati non meno di 2 milioni di tamponi.

La responsabilità di fornire i test rapidi, così come i dispositivi di protezione individuale, sarà il commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri. Il commissario all’emergenza ha inoltre siglato una convenzione con la FNOMCeO in merito alla fornitura da parte della Protezione Civile, di mascherine chirurgiche in favore della FNOMCeO. La convenzione disciplina le modalità per la fornitura di mascherine facciali Standard e DPI KN95.

L’accordo collettivo nazionale, infine, prevede di dar seguito più rapidamente alla diagnostica di primo livello da parte di medici di medicina generale e pediatri prevista dalla scorsa Legge di Bilancio in cui furono stanziati 235 mln. In questo senso è stato dato mandato al commissario Arcuri di procedere all’acquisto delle apparecchiature come ECG, holter, spirometro, dermoscan, servizi di tele-care e tele-Health e telemonitoraggio, teledermatologia, retinografia, polisonnografia. Saranno poi le Regioni a distribuirle anche attraverso gli accordi regionali. I medici in ogni caso dovranno essere appositamente formati con conseguente certificazione delle competenze acquisite e i costi di gestione saranno a carico dei medici stessi. I medici infine non potranno usare le apparecchiature per un’eventuale attività libera professionale.

L’ACCORDO COLLETTIVO NAZIONALE PER LA DISCIPLINA DERI RAPPORTI CON I MEDICI DI MEDICINA GENERALE

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