400 punti in meno nel ranking internazionale e 350mila dollari da restituire. È quanto deciso dall’International Tennis Integrity Agency (Itia) dopo che Jannik Sinner è risultato positivo al clostebol, uno steroide anabolizzante, per cui però è già stato dichiarato “non responsabile”.
Il campione resta comunque il numero uno al mondo del tennis almeno fino al China Open che si terrà a Pechino dal 25 settembre al 2 ottobre.
IL TEST ANTIDOPING E LE INDAGINI
Anche se solo ieri si è diffusa la notizia, la storia ha avuto inizio lo scorso marzo quando, in occasione del Masters 1000 di Indian Wells, Sinner è stato sottoposto per due volte a test antidoping che in entrambi i casi, a distanza di 8 giorni l’uno dall’altro, hanno rilevato la positività a bassissimi livelli di una sostanza proibita nelle competizioni.
Da lì sono seguiti mesi di indagini fino a quando ieri l’Itia, che aveva sottoposto il caso a un tribunale indipendente, ha annunciato in un comunicato che il tennista non ha avuto “alcuna colpa o negligenza”.
DI CHE SOSTANZA SI TRATTA
Il clostebol, la sostanza rilevata in quantità infinitesimali nelle urine di Sinner, è “uno steroide anabolizzante, che stimola le cellule a ricrescere, non solo quelle dei muscoli, aumentando la sintesi proteica; ad esempio, facilita il recupero e rinforza la massa”.
A spiegarlo in un’intervista a Repubblica è Domenico Pellegrini farmacologo dell’università di Firenze, il quale aggiunge anche che “gli steroidi funzionano solo se le dosi sono supramassimali, cioè 10 o 100 volte superiori alle dosi normali”. Ma “in quei casi le quantità trovate nell’organismo di chi li assume sono enormi”.
Oggi è considerato un prodotto ‘antiquato’ in ottica doping in quanto veniva ampiamente utilizzato dall’ex Repubblica Democratica Tedesca, specialmente nell’atletica leggera e nel nuoto. Inoltre, è vietata nelle gare sportive non soltanto per i suoi effetti dopanti, ma per gli effetti collaterali che può avere e che possono provocare danni a livello di equilibrio ormonale, al sistema cardiovascolare e alla funzionalità del fegato.
PERCHÉ SINNER NON È RESPONSABILE
Sinner, tuttavia, è stato subito scagionato da eventuali accuse di doping perché, come ha scritto in una dichiarazione pubblicata sui social media, si è trattato di una “contaminazione involontaria di clostebol” attraverso il trattamento del suo fisioterapista, il quale ha riferito di aver applicato sulla propria pelle – non su Sinner – un comune prodotto da banco per trattare una piccola ferita su un dito.
Il fisioterapista, all’oscuro della presenza di clostebol nel farmaco così come Sinner, ha trattato il campione “senza guanti e, insieme a varie lesioni cutanee sul corpo di Jannik, ha causato la contaminazione involontaria”.
“Se, come dicono, c’era una ferita aperta il passaggio è più facile, comunque può avvenire anche senza tagli”, ha chiarito Pellegrini. Inoltre, aggiunge Simona Pichini, che dirige il Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto superiore di sanità, “se il fisioterapista la aveva sulle mani, un po’ di penetrazione attraverso la pelle può esserci. Succede anche con altre preparazioni, come i colliri”.
UNA LEGGEREZZA UN PO’ TROPPO INGENUA
Tanto rumore per nulla? Per i due esperti non proprio. Secondo Pichini, infatti, “la legge antidoping non permette ignoranza”.
“Se prendi qualcosa la responsabilità è sempre tua. Una volta rilevata la sostanza devi spiegare perché l’hai assunta, anche per sbaglio – afferma Pichini -. Per questo agli atleti si sconsiglia di comprare integratori sconosciuti e di fare attenzione nell’utilizzo di farmaci”.
Pure Pellegrini è critico su quanto accaduto perché è vero che capita che “si commettano ingenuità e si entri in contatto con sostanze a rischio” ma è “una cosa che a certi livelli di professionismo non dovrebbe succedere”.
Infatti, come si legge sulla Gazzetta della Sport, proprio perché Sinner “è responsabile anche per il suo team (e la contaminazione sarebbe avvenuta tramite il suo fisioterapista, che ha utilizzato una pomata acquistata dal fitness coach), gli sono comunque stati tolti i punti del torneo californiano”.
Anche l’avvocato Jamie Singer dello studio legale Onside Law, che ha assistito Sinner, ha sottolineato l’importanza delle regole antidoping e la responsabilità dell’atleta: “Le regole antidoping devono essere estremamente strette perché abbiano effetto. Per questo può capitare che in alcuni casi anche atleti innocenti possano essere coinvolti. Non c’è alcun dubbio che Sinner sia innocente rispetto a questo caso, ma il giocatore è responsabile di tutto ciò che accade all’interno del suo sistema, anche se non ne è a conoscenza, come in questo caso eccezionale”.
POSSIBILI PROTESTE
In genere, dopo un test positivo, un giocatore riceve una sospensione provvisoria automatica, ma ha il diritto di rivolgersi a un presidente di tribunale indipendente nominato da Sport Resolutions per ottenere la revoca della sospensione provvisoria. Nel caso di Sinner, l’Itia ha dichiarato che gli esperti scientifici hanno stabilito che la spiegazione dell’italiano era credibile e quindi l’organizzazione non si è opposta ai suoi appelli per revocare i divieti provvisori.
Per l’Itia dunque il caso è chiuso ma l’Agenzia mondiale antidoping (Wada) e l’Organizzazione nazionale antidoping dell’Italia (Nado) possono ancora fare appello entro 21 giorni alla sentenza del 15 agosto emessa dal tribunale indipendente.