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Fuoco Sant’Antonio

Cos’è il fuoco di Sant’Antonio (herpes zoster) e come si previene

La vaccinazione contro l’herpes zoster, più conosciuto come fuoco di Sant’Antonio, è già da anni nel Piano nazionale di prevenzione vaccinale, eppure ultimamente se ne sta parlando molto. Ecco perché

 

Oltre alla campagna vaccinale contro il Covid è in corso anche quella contro l’herpes zoster, meglio noto come fuoco di Sant’Antonio. In realtà, questa vaccinazione era già stata inserita dal ministero della Salute nel Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-2018 per le persone dai 65 anni in su e dall’anno scorso è stato messo in commercio un nuovo vaccino.

Ma come mai ora c’è una rinnovata attenzione?

IL FUOCO DI SANT’ANTONIO NON PREOCCUPA LE PERSONE

Secondo un sondaggio Ipsos MORI condotto in diversi Paesi del mondo su 2.509 soggetti, “si è scoperto che, mediamente, solo il 7% delle persone intervistate crede di essere ad alto rischio di sviluppare l’herpes zoster nei prossimi 10 anni”, si legge su Quotidiano Sanità.

I NUMERI EFFETTIVI

In realtà, però, Sanità Informazione riferisce che “oltre il 90% degli adulti sopra i 50 anni ha già contratto il virus ma non tutti sanno che permane in forma latente all’interno dell’organismo”.

Inoltre, “l’incidenza e la gravità aumentano con l’età con un incremento dopo i 50 anni, arrivando ad 1 individuo su 2 negli over 85”.

E l’Istituto superiore di sanità (Iss) stima che 1 persona su 10 avrà almeno un episodio di herpes zoster in età adulta.

Motivo per cui a marzo si è tenuta la Shingles Awareness Week, la prima settimana globale di sensibilizzazione su questa patologia organizzata da Gsk e International Federation on Ageing.

CHE COS’È L’HERPES ZOSTER O FUOCO DI SANT’ANTONIO

L’herpes zoster, più comunemente noto come fuoco di Sant’Antonio, è l’infezione da parte del virus varicella zoster (VZV) di uno o più nervi (generalmente uno solo), spiega l’Iss.

COME SI MANIFESTA

All’infezione, di solito, si associa una dolorosa eruzione cutanea che, nonostante possa manifestarsi in qualsiasi parte del corpo o non manifestarsi proprio, compare più frequentemente su un solo lato del torace o dell’addome sotto forma di una singola striscia di vescicole.

Pur non essendo pericoloso per la vita, afferma l’Iss, l’herpes zoster può essere molto doloroso e un episodio, in genere, dura da due a quattro settimane.

CHE C’ENTRA CON LA VARICELLA

Il VZV appartiene alla grande famiglia degli Herpes virus ed è lo stesso che causa la varicella. Il virus, infatti, dopo aver causato la varicella, rimane inattivo nel tessuto nervoso per poi risvegliarsi, a distanza di molti anni, sotto forma di fuoco di Sant’Antonio. Questo però non significa che tutte le persone che hanno avuto la varicella sviluppano l’herpes zoster.

COSA LO PROVOCA E CHI È PIÙ A RISCHIO

La causa della riattivazione del virus non è nota, ma si pensa che nella maggior parte dei casi avvenga a causa di un abbassamento delle difese immunitarie, tuttavia, anche persone giovani e sane possono sviluppare l’herpes zoster.

RECIDIVE E CONTAGIO

Di solito, riferisce l’Iss, possono verificarsi uno o due episodi, mentre è molto raro che il virus si riattivi più di due volte.

Le persone con l’herpes zoster possono trasmettere il virus a chiunque non abbia ancora avuto la varicella o non sia vaccinato contro di essa, attraverso il contatto diretto con le vescicole aperte che contengono il virus infettante. La persona contagiata, però, sviluppa la varicella ma non l’herpes zoster.

A COSA SERVONO LA VACCINAZIONE E LE TERAPIE

La vaccinazione riduce il rischio di sviluppare la patologia, mentre l’avvio della cura in tempi rapidi può accorciare i tempi dell’infezione e ridurre la possibilità che si verifichino complicazioni.

QUALI TERAPIE

Dalle infezioni dovute a herpes zoster, come la varicella, di solito si guarisce spontaneamente. Tuttavia, considerati i disturbi molto fastidiosi si possono impiegare cure locali e/o generali per limitare il rischio di complicazioni. Tra queste ci sono antivirali, antidolorifici, antinfiammatori e gel a base di cloruro d’alluminio.

A CHI È CONSIGLIATA LA VACCINAZIONE

Secondo l’Iss, la vaccinazione è indicata sopra i 50 anni di età ed è raccomandata nelle persone dai 65 anni in su o negli individui a rischio, anche se più giovani.

IL VACCINO CONTRO IL FUOCO DI SANT’ANTONIO

Il nuovo vaccino contro il fuoco di Sant’Antonio è un vaccino ricombinante, non contenente virus vivo. Si somministra per via intramuscolare ed è adatto agli over 50 e alle persone di età inferiore ma con un rischio di malattia elevato. Non ha controindicazioni per le persone con un sistema immunitario indebolito.

Il vaccino per l’herpes zoster, precisa l’Iss, deve essere usato soltanto come strategia di prevenzione e non per curare le persone con la malattia in corso.

QUANTO È EFFICACE

“L’efficacia di questo vaccino, valutata in persone a cui sono state somministrate due dosi a distanza di 2 mesi, è intorno al 97% nei cinquantenni e del 91% nelle persone ultrasettantenni”, afferma il ministero della Salute.

PERCHÉ UNA CAMPAGNA VACCINALE ORA

Come ha ricordato Antonio Ferro, presidente della Società Italiana di Igiene Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI): “La situazione pandemica ha travolto la popolazione mondiale e i pazienti fragili sono quelli che stanno pagando il prezzo più alto. Se da una parte hanno avuto accesso a corsie preferenziali per la vaccinazione anti SARS-CoV-2, dall’altra hanno subito il rallentamento delle vaccinazioni di routine, raccomandate dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale, con particolare riferimento a quella contro l’Herpes Zoster”.

“Parliamo di centinaia di migliaia di pazienti affetti da diabete, Hiv, patologie tumorali e malattie cardiovascolari, respiratorie e dismetaboliche che rischiano di veder ulteriormente compromessa la propria qualità di vita a causa del fuoco di Sant’Antonio e delle sue conseguenze. Ad esempio – prosegue Ferro – i soggetti diabetici presentano un rischio aumentato del 30% di sviluppare infezione da Herpes Zoster, con la possibilità di manifestare una maggiore severità e persistenza di Nevralgia Post-Erpetica rispetto ai non diabetici. Ma anche i pazienti con artrite reumatoide hanno un rischio da 1,5 a 2 volte più elevato di contrarre la patologia rispetto ai loro coetanei nella popolazione generale, mentre l’incidenza del cosiddetto fuoco di Sant’Antonio nelle persone affette da neoplasie solide è nettamente aumentata rispetto alla popolazione generale. L’incidenza cresce all’aumentare del livello di immunosoppressione dovuto sia alla patologia che al trattamento”.

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