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Global Forum On Nicotine

Cosa si è detto al Global Forum on Nicotine

La riduzione del danno da tabacco al centro dell'edizione 2023 del Global Forum on Nicotine, intitolata "Tobacco harm reduction - the next decade", che ha riunito 70 esperti internazionali 

 

Un invito a riferirsi a evidenze scientifiche. E’ questo l’appello che arriva da scienziati e addetti ai lavori che hanno preso parte alla decima edizione del Global Forum on Nicotine, convegno internazionale dedicato al ruolo dei prodotti contenenti nicotina (come sigarette elettroniche, prodotti a tabacco riscaldato, nicotine pouches e tabacco per uso orale) nell’aiutare i fumatori ad abbandonare le sigarette tradizionali. È infatti la riduzione del danno da tabacco al centro dell’edizione 2023 del Forum, intitolata “Tobacco harm reduction – the next decade”, che ha riunito 70 esperti internazionali che si rivolgono a una platea di delegati provenienti da 80 Paesi.

IL MANIFESTO DEL GLOBAL FORUM ON NICOTINE

“La riduzione del danno da tabacco – si legge nella presentazione del Forum – incoraggia i fumatori adulti che non possono o non vogliono smettere di usare la nicotina a passare dalle sigarette combustibili a prodotti a base di nicotina più sicuri. Quella dei prodotti contenenti nicotina è un’area in rapida evoluzione e l’uso di tali alternative alle tradizionali sigarette ha sollevato numerose domande sulla loro sicurezza, su chi le utilizza e perché, sul loro impatto sui tassi di fumo e sul ruolo che svolgono nella cessazione del fumo. Gli interrogativi riguardano anche i governi e le autorità regolatorie, che cercano di capire quale tipo di politica e regolamentazione sia più appropriata. Il pieno potenziale della riduzione del danno da tabacco può essere realizzato solo se integrato nell’approccio globale della salute pubblica al tabacco insieme alle misure di controllo del tabacco esistenti”, conclude il documento.

LA TESTIMONIANZA CANADESE

“In Canada – è stata la testimonianza John Oyston, anestesista in pensione e attivista per la lotta contro il tabacco – esiste una linea telefonica dedicata a chi ha bisogno di aiuto per smettere di fumare. Quel che trovo assurdo è che, se ti rivolgi a loro, nessuno ti raccomanda di passare dalle tradizionali sigarette ad alternative più sicure, come le sigarette elettroniche o i prodotti a tabacco riscaldato. Ho quindi l’impressione che, quando si parla di riduzione del danno causato dal fumo, si inneschi un conflitto tra salute pubblica e capitalismo. Questo non dovrebbe avvenire, così come non dovrebbe accendersi uno scontro tra innovazione e profitto e, allo stesso modo, non dovrebbe essere concesso alle grandi industrie del tabacco di avere il pieno controllo su tutti i prodotti contenenti nicotina”.

COSA DOVREBBE FARE LA FDA

Secondo la ricercatrice Arielle Selya, specializzata nello studio dell’analisi epidemiologica e regolatoria, è importante sottolineare che, “nonostante non si debba attribuire intenzioni negative o ignoranza a coloro che sono contrari alle alternative alle tradizionali sigarette, è altrettanto doveroso parlare di certi argomenti solo quando si hanno prove scientifiche ad avvalorare il proprio pensiero. Al tempo stesso però – continua Selya – è fondamentale che gli organi di salute pubblica, come nel caso dell’Fda, si impegnino per divulgare alla popolazione le informazioni necessarie a fare scelte consapevoli. Questo compito spetta ai regolatori perché sono percepiti come più affidabili rispetto alle aziende del tabacco dai cittadini”.

IL RUOLO DEI REGOLATORI

Secondo Clive Bates, moderatore del panel e direttore di The Counterfactual, “la ‘user advocacy’, ovvero la difesa da parte dei consumatori attraverso la presentazione delle loro storie personali, è il sistema vincente per far comprendere ai regolatori ed ai politici le potenzialità positive dei prodotti contenenti nicotina”.

DOVE NASCONO I SOSPETTI?

Come evidenziato nel corso del dibattito da Harry Shapiro, autore e giornalista britannico, alla radice dei sospetti verso i prodotti alternativi ci sarebbe l’acquisizione, da parte delle grandi industrie del tabacco, delle compagnie che producono e-cigs e dall’istituzione, nel 2017, della Fondazione per un mondo libero dal fumo (Foundation for a smoke-free world). Questi due eventi avrebbero contribuito a diffondere, tanto tra i politici quanto nella popolazione, una visione sospettosa nei confronti delle alternative alle tradizionali sigarette”.

Tra le complessità evidenziate dai contributi video trasmessi nel corso del dibattito, anche la disinformazione. Come ha spiegato Bates, “ha contribuito, non più tardi del 2020, a causare un’immotivata avversione nei confronti di questi dispositivi: è il caso del panico scatenato da ‘evali’, la patologia che comporta gravi problemi respiratori erroneamente attribuiti all’uso di sigarette elettroniche e derivata invece dall’utilizzo di vaporizzatori con prodotti contenenti Thc, la sostanza psicotropa tipica della cannabis”.

Marewa Glover, accademica neozelandese che si occupa di sanità pubblica e specializzata nella cessazione del fumo, spiega che, a suo modo di vedere, “molte persone che lavorano nell’industria del tabacco e molte altre che operano nella sanità pubblica sono consapevoli che i prodotti alternativi al tabacco sono efficaci per ridurre il danno provocato dal tradizionale fumo di sigaretta, tuttavia non li raccomandano. Questo approccio – osserva Glover – deriva da una convinzione moralistica, spesso influenzata dalla religione e quasi mai basata su evidenze scientifiche. Un esempio è la decisione del governo australiano, che ha bandito le sigarette elettroniche dai luoghi frequentati da bambini e giovanissimi, affinché non vedano le persone svapare e non si avvicinino quindi a questi prodotti. In realtà si tratta solo di una questione di controllo. Non è bandendo un certo comportamento che ottieni un risultato – precisa – e non è propagandando una narrazione della dipendenza utilizzando una prospettiva religiosa che si aiutano le persone a ridurre il danno da fumo. Quella che ci aspetta è una lotta di giustizia sociale”.

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