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Servizi Sociali

Cosa potrebbe fare ancora Bruxelles per i servizi sociali

L’intervento di Alessandra Servidori, docente di politiche del lavoro, componente del Consiglio d’indirizzo per l’attività programmatica in materia di coordinamento della politica economica presso la presidenza del Consiglio

Il 24 e 25 ottobre la Rete European Social Network (ESN) di cui fa parte anche l’Associazione Nazionale TutteperItalia ha partecipato a Bruxelles alla riunione dei direttori dei servizi sociali che sono membri dell’ESN. Quest’ultimi hanno evidenziato carenze di personale nei servizi sociali e nell’assistenza sociale in tutta Europa, una tendenza che si è ulteriormente esacerbata durante e dopo la pandemia di Covid-19. Richiedono politiche e programmi specifici per promuovere l’attrattiva del settore, sostenere le assunzioni in tutte le popolazioni e garantire la fidelizzazione.

Successivamente il 27 ottobre noi componenti di ESN ci siamo incontrati per discutere di come le politiche e i fondi europei influiscano sul modo in cui le autorità pubbliche gestiscono i servizi sociali nelle comunità locali in tutta Europa.

All’inizio dell’anno, la Commissione europea ha prodotto puntuali relazioni sui paesi che illustrano gli sviluppi relativi all’uso del dispositivo per la ripresa e la resilienza e la situazione sociale nei paesi. La loro analisi è conforme alla base del rapporto ESN appena lanciato “Putting People First” che formula proposte per le future raccomandazioni della Commissione europea sul miglioramento dei servizi sociali ai governi nazionali. Abbiamo anche analizzato la strategia europea di assistenza lanciata di recente e suggerito come può essere implementata per sostenere i servizi di prima linea.

ESN ha già documentato la continua carenza di personale qualificato nei servizi sociali. Negli ultimi mesi, abbiamo appreso che le strutture di assistenza sono state costrette a limitare i ricoveri a causa della mancanza di personale. La domanda di personale sta attualmente superando l’offerta, quindi l’elevata domanda combinata con gli alti tassi di disoccupazione in alcuni paesi rappresenta un’eccellente opportunità per gli investimenti nello sviluppo della forza lavoro dei servizi sociali.

Purtroppo, come abbiamo documentato l’anno scorso, solo quattro piani di riforma nazionali presentati dai governi nazionali dopo la pandemia includevano obiettivi pertinenti in questo settore.

La popolazione europea invecchia e il fenomeno e gli squilibri che ne derivano sono destinati ad aumentare negli anni a venire. Nella prossima proposta di raccomandazione europea sull’assistenza, è importante che la Commissione e i governi nazionali considerino la necessità di migliorare l’attrattiva del settore e propongano un piano per la forza lavoro per affrontare questo attuale squilibrio.

Noi abbiamo più volte sottolineato l’urgenza di finanziamenti dell’Ue per i servizi sociali e l’assistenza sociale, nel fornire opportunità sul mercato del lavoro, ma anche come datori di lavoro man mano che le richieste di assistenza crescono.

Anche recentemente a Roma nel seminario di studi della Comunità di S.Egidio “A casa mia” abbiamo condiviso la necessità di potenziare l’assistenza domiciliare integrata per mettere concretezza alle proposte contenute nel Pnrr di una nuova stagione di territorialità della assistenza socio/sanitaria come auspica la strategia di assistenza dell’Ue, come segno distintivo di un contratto sociale attraverso le generazioni e l’opportunità di una pianificazione futura per garantire che i professionisti nei settori dell’assistenza formale e informale si sentano supportati. È fondamentale, anche per le donne, in quanto forniscono la maggior parte del supporto di assistenza in tutta Europa.

Una relazione del Parlamento europeo all’inizio di quest’anno ha rivelato che l’80% di tutta l’assistenza nell’Ue è fornita da prestatori di assistenza informale, di cui il 75% sono donne e purtroppo ci sono difficoltà nel reclutare studenti di assistenza sociale poiché la professione è vista come di basso rango e gli studenti con qualifiche elevate possono essere diretti altrove.

In effetti, le disuguaglianze di genere si trovano anche nel lavoro sociale, dove le donne sono più numerose degli uomini. Ad esempio, circa il 90% degli assistenti sociali in Spagna e il 78% degli assistenti sociali nel Regno Unito sono donne. In Slovenia questa cifra è dell’82% nel lavoro sociale e all’incirca la stessa nell’assistenza sociale, in Italia l’87% . Con la carenza di personale destinata a mettere in crisi il settore dell’assistenza, ora è il momento di sradicare gli stereotipi, promuovere la diversità di genere e coinvolgere più candidati maschi.

 

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