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Parlamento

Cosa occorre fare e da dove occorre partire con il prossimo Parlamento e il prossimo Governo

È necessario che il nuovo Parlamento si attivi sin da subito per realizzare nel concreto i diritti delle persone con disabilità. Ecco i primi 6 punti da mettere subito in agenda. L'intervento di Francesco Alberto Comellini

Una doverosa premessa.

Non ha importanza chi fosse al Governo ieri cosi come oggi o domani, quello che conta è che sui temi sociali delle disabilità e dell’assistenza alle persone con disabilità o non autosufficienti, cosi come agli anziani, ma anche delle tutele per i lavoratori fragili più esposti ai rischi di questa pandemia che non accenna a finire, occorre “fare”.

Non possono esservi veti della politica che nella maggior parte dei casi si verificano per una mancanza di conoscenza dei temi da parte del legislatore, per una scarsa propensione di alcuni di essi a porsi in concreto nei panni dei Cittadini più fragili, o per sterili contrapposizioni delle ideologie politiche che trovano il loro momento di rivalsa nel voto parlamentare tra maggioranza e opposizione magari proprio per affossare decisioni sui temi sopra citati o, peggio, divisioni volte ad assecondare interessi di parte, o ancora per brutali calcoli sulle risorse da individuare che se date alle disabilità, verrebbero sottratte al altre misure importanti solo per la parte politica che le propone.

Ma prima di proseguire vi racconto una storia che non ha ancora il suo lieto epilogo e che spinge e rafforza il mio impegno civile in favore del mondo delle disabilità, che non è un mondo a parte ma è parte integrante di questo nostro mondo e come tale non può essere ignorato.

Nel 2017 con la Legge n. 205, venne introdotto per la prima volta in Italia il riconoscimento della figura giuridica del Caregiver Familiare. Si dava quindi dignità a coloro che, in silenzio, a costo di immensi sacrifici personali, assistono costantemente il loro congiunto convivente con disabilità grave.

Non mi dilungo qui, su cosa fanno i Caregiver Familiari (da non confondere con Colf e Badanti) e sui rischi di isolamento sociale che comporta la loro insostituibile funzione di sussidiarietà allo Stato nell’assistenza domiciliare al congiunto con disabilità grave, o sui rischi e sugli effetti, derivanti una non realizzazione della loro legittima aspirazione di vita, occupazionale, economica e quindi previdenziale, che sebbene siano elementi noti anche alla politica, restano ancora nodi irrisolti.

Con la Legge 205, vennero anche stanziati dei soldi, ben 20 milioni per il 2018, da destinare proprio a loro: i Caregiver Familiari.

Tuttavia ad oggi sono molto pochi coloro che ne hanno beneficiato in misura praticamente irrisoria, anche se sembra che per allargare l’attuale platea dei beneficiari (forse in chiave elettorale) il contributo verrà ulteriormente ridotto a chi ha la fortuna di essere riuscito ad averlo, peraltro non direttamente come prevedeva la legge istitutiva ma attraverso un lungo passaggio burocratico che vede le sempre poche risorse economiche destinate prima alle Regioni, poi ai Comuni e da qui, con clausole stringenti e teoricamente non previste dalla legge, alla persona con disabilità “gravissima” (che per inciso è un termine che non esiste ai sensi dell’art. 3 comma 3 della L. 104/92 ma viene erroneamente mutuato da un DM del 2016 del Ministro del Lavoro, che andrebbe corretto) a titolo di assegno di cura, ma mai direttamente al Caregiver Familiare per le finalità della legge, trasformando così la sua insostituibile opera e presenza in quella di un fantasma senza diritti.

Si è quindi determinata, in mancanza di una norma applicativa chiara e capace di individuare la platea dei Caregiver Familiari ad essere beneficiari di misure di sostegno, una varietà applicativa della norma originale che, ove tradotta anche in norme regionali se emanate dalle Regioni, si concretizza nell’erogazione dei servizi fondamentali per la realizzazione del diritto del Caregiver Familiare. Questo tuttavia resta sempre in secondo piano, rispetto al congiunto con disabilità assistito, determinando così una inaccettabile sperequazione di trattamento tra cittadini in pari condizione di fragilità sociale ed economica e quindi di estremo bisogno.

La battaglia dell’emendamento sul Caregiver Familiare nel 2017 fu vinta non senza difficoltà, forti delle 165 firme che raccogliemmo e che rappresentavano per il Governo un palese rischio di finire in minoranza in Aula se non avesse mutato il proprio parere all’emendamento da “contrario” a “favorevole”, cosa che poi avvenne, determinando così il voto favorevole all’unanimità della Commissione Bilancio del Senato. Io c’ero e quella norma come molte altre per portare avanti quella battaglia di civiltà, è stata una vittoria non solo mia ma di tutti coloro che l’hanno sottoscritta con in testa la senatrice Laura Bignami che propose l’emendamento.

Ma veniamo all’oggi, purtroppo, nonostante le promesse elettorali del 2018, ancora non si è provveduto ad una regolamentazione anche amministrativa necessaria per individuare i Caregiver Familiari sulla base di una valutazione multidisciplinare e multidimensionale e dunque corrispondere loro, in forma diretta, il sostegno economico e i servizi cui avrebbero diritto secondo le intenzioni della norma del 2017.

Alla fine di questa legislatura, che si è chiusa anticipatamente, facciamo il punto su cosa occorre mettere nell’agenda politico-parlamentare e del Governo che uscirà dalle urne del prossimo 25 settembre, da realizzare nei i primi 100 giorni di attività.

Ci sono alcuni grandi temi abbandonati, o declinati non appropriatamente in norme complete ed efficaci, sui quali è necessario che il nuovo Parlamento si attivi sin da subito per realizzare nel concreto i diritti delle persone con disabilità, ovvero per migliorare la loro condizione di vita e quella dei loro nuclei familiari.

Ecco i primi sei punti in sintesi:

  • Revisionare la legge delega sulla disabilità, che appare incompleta, scritta frettolosamente perché vincolante per le risorse del PNRR e per assecondare l’Europa, ma “carica” di disposizioni “estranee” che rischiano di sovrapporsi ad istituti già esistenti e che rischiano di mettere in discussione i diritti già acquisiti delle persone con disabilità, senza migliorare in concreto e nell’immediato la loro condizione di vita. Sul tema sarebbe stato necessario usare meno parole, meno annunci, meno proclami e proporre norme di immediata concretezza e utilità per i cittadini.
  • Occorre completare urgentemente la regolamentazione del Caregiver Familiare di cui al comma 255 della legge 205/17 che, nonostante le promesse, anche nella 18^ Legislatura che si chiude non è stata fatta, lasciando così una differenziazione di tutele inaccettabile sotto il profilo dei diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione.
  • Definire norme strutturali che prevedano l’incremento delle pensioni di invalidità con percentuale inferiore al 100%, che non sono state aumentate in conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale che ha imposto l’incremento delle pensioni agli invalidi civili totali. Anche qui, nonostante le indicazioni della Consulta le promesse non sono state mantenute. Per questo occorre farsi carico con responsabilità di porre in campo una riforma della previdenza e dell’assistenza, in particolare delle persone con disabilità o non autosufficienti, in modo sostenibile ma che dia certezza di dignità di vita.
  • Occorre con urgenza potenziare, anche sotto il profilo delle risorse da destinare a tale scopo mediante una revisione periodica delle norme sulla base dei mutamenti socio economici, la normativa in materia di diritto allo studio delle persone con disabilità e disturbi specifici dell’apprendimento come elemento imprescindibile per una Scuola ed una Università realmente inclusive che valorizzino il ruolo di giustizia sociale della terza missione con l’obiettivo costante di riequilibrare le differenze di partenza, anche nelle competenze, degli studenti e delle studentesse con disabilità o DSA. Ciò affinché la Scuola e le Università siano concretamente la porta di accesso per la realizzazione occupazionale. Questo senza dimenticare che nel processo di formazione e inclusione, o meglio di non esclusione degli studenti con disabilità o dsa, il ruolo fondamentale è proprio quello dei corpi docenti e amministrativi ai quali devono essere riservate specifiche azioni di formazione e professionalizzazione, tese alla creazione di una forte cultura in materia di disabilità, capace anche di rafforzare la loro azione di orientamento degli studenti cosi come di integrazione con le famiglie, primo luogo di formazione ed orientamento dello studente, anche avvalendosi dello sviluppo del partenariato pubblico-privato.
  • Occorre procedere con urgenza alla riforma del collocamento obbligatorio di cui alla legge 68/99, anche mediante un rinnovato patto sociale tra imprese pubbliche e private, affinché si realizzino in concreto le condizioni per la creazione di un mondo del lavoro effettivamente inclusivo e capace di essere, anche culturalmente, a misura delle persone con disabilità, valorizzando inoltre la creazione e l’azione di organi collegiali negli ambienti di lavoro per assicurare piena dignità e condizioni di parità nel lavoro alle persone con disabilità o disturbi specifici dell’apprendimento.
  • Alla luce delle esperienze sin qui vissute a seguito degli anni di pandemia, è necessario dare certezza e continuità alle forme di Tutela sanitaria e di prevenzione dai rischi pandemici per i lavoratori fragili pubblici e privati, ivi compresi quelli delle Forze Armate e di Polizia ad Ordinamento Militare in servizio effettivo, anche attraverso forme di automatismo per l’attivazione delle tutele. Questo per evitare, come più volte accaduto nel corso di questi ultimi due anni, di lasciare tali soggetti in balia della agognata “proroga dei termini di vigenza” delle misure di tutela previste dai commi 2 e 2 bis dell’articolo 26 del decreto legge 18/2020,  che, come noto, sono terminate senza alcun rinnovo il 30 giugno scorso.

Sono solo sei punti, i primi ma essenziali, che propongo anche se occorrerebbe veramente (e finalmente) una vera legge quadro per riformare l’intero settore delle disabilità, delle fragilità e delle non autosufficienze per dare certezza del diritto a tali persone e ai loro nuclei familiari, agli anziani non autosufficienti, alle persone con disturbi specifici dell’apprendimento e ai lavoratori in condizioni di fragilità.  Spero, e non solo io, che tali punti divengano il “must to do” dell’agenda dei primi 100 giorni del Governo che verrà.

E’ giunto il momento che la politica dimostri di non essere solo capace di “recitare” parole sulla disabilità, di fare annunci sul “faremo” a cui non segue mai nessuna azione concreta e dia seguito, con la necessaria volontà e competenza tecnica, ad ogni azione volta a delineare con concretezza e celerità, le soluzioni dei tanti temi ancora aperti che per molte persone e per le loro famiglie sono come delle ferite aperte.

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