Fino a oggi nella letteratura scientifica non c’era traccia di decessi legati alla febbre di Oropouche. Ora però il ministero della Salute del Brasile ha confermato due casi e sta indagando su un terzo. I casi accertati sono avvenuti nello Stato di Bahia e le vittime erano due donne con meno di 30 anni che non presentavano comorbidità ma segni e sintomi simili alla dengue grave.
In Italia i casi di infezione riscontrati finora sarebbero 4 e tutti di importazione da Paesi del Sudamerica.
COS’È LA FEBBRE DI OROPOUCHE
L’oropouche, spiega la Pan American Health Organization (Paho), è un virus individuato per la prima volta nel 1955 vicino al fiume Oropouche a Trinidad, seguito da diversi focolai in Brasile verso la fine del secolo scorso.
Nel 2024, sono stati segnalati oltre 7.700 casi in cinque Paesi delle Americhe: Brasile (6.976 casi a metà del 2024), Bolivia, Perù, Cuba e Colombia (al 23 luglio 2024).
Stando a Cnn Brasil, quest’anno il numero di infezioni in Brasile è aumentato di oltre il 769% rispetto al 2023.
COME SI TRASMETTE
La malattia viene trasmessa da vettori, principalmente attraverso la puntura di Culicoides paraensis, una specie di moscerino che si trova dagli Stati Uniti settentrionali all’Argentina. Può anche essere trasmessa dalla Culex quinquefasciatus, una zanzara di medie dimensioni che si trova nelle regioni tropicali e subtropicali del mondo.
Sono stati identificati quattro genotipi di oropouche e una volta infettati da qualsiasi genotipo il corpo genererà anticorpi che proteggeranno da future reinfezioni.
Nelle ultime settimane sono inoltre stati segnalati casi sospetti di trasmissione da donne incinte al feto, ma sono ancora in corso ulteriori accertamenti. La Paho ha emesso un avviso il 18 luglio per informare i Paesi di questa possibile trasmissione e chiesto una maggiore sorveglianza.
I SINTOMI
Attualmente non esiste alcun test rapido per stabilire se si è contratta la febbre di Oropouche, che è individuabile solo attraverso test di laboratorio.
I sintomi comprendono l’insorgenza improvvisa di febbre, mal di testa, rigidità articolare, dolori e, in alcuni casi, fotofobia (ovvero un’eccessiva sensibilità degli occhi alla luce), diplopia (visione doppia), nausea e vomito persistente. I sintomi possono durare da 5 a 7 giorni. La guarigione completa può richiedere diverse settimane.
Raramente, afferma la Pan American Health Organization, i casi più gravi possono includere la meningite asettica.
DI FEBBRE DI OROPOUCHE SI PUÒ MORIRE
Alla domanda se di febbre Oropouche si può morire, l’organizzazione risponde che “è estremamente raro”. Tuttavia, segnala i primi due casi al mondo avvenuti in Brasile: uno nel 2023 a Natal e l’altro nel 2024 a Bahia. In entrambi i casi è stata la meningite a condurre alla morte i pazienti.
TRATTAMENTI E PREVENZIONE
Attualmente non esiste un trattamento specifico per questa malattia ma poiché presenta manifestazioni cliniche simili alla dengue e ad altri arbovirus è importante che i professionisti sanitari prendano in considerazione diagnosi differenziali e trattino i pazienti di conseguenza.
Tra le misure consigliate dalla Paho ci sono l’utilizzo di zanzariere a maglie sottili a porte e finestre, intorno a letti, poltrone e divani; indossare indumenti che coprano gambe e braccia; applicare repellenti contenenti DEET, IR3535 o icaridina.
PUÒ DIVENTARE UN’EPIDEMIA?
Sebbene le attuali epidemie siano ancora sotto inchiesta, l’organizzazione ha consigliato ai Paesi interessati di rafforzare la sorveglianza e di attuare misure di controllo dei vettori per contribuire a prevenire un ulteriore aumento dei casi.
PER LOPALCO E BASSETTI “NIENTE ALLARMISMI”
“Niente allarmismi per chi non viaggia: il virus Oropouche non è presente in Italia e, al momento, non è neanche presente la specie di moscerino che sarebbe il vettore più efficiente per la trasmissione. Il virus non si trasmette da persona a persona, se non attraverso la puntura di questi insetti”, ha detto all’Adnkronos Salute l’epidemiologo e docente di Igiene all’università del Salento, Pier Luigi Lopalco.
Anche il direttore di Malattie infettive dell’ospedale policlinico San Martino di Genova, Matteo Bassetti, invita alla cautela: “È giusto che si sensibilizzi l’attenzione” degli operatori sanitari e delle persone su questo virus, “e che vengano testati eventualmente i casi, e fatti dei test centralizzati nei casi in qualche modo dubbi”, però “credo che non sia il caso di alzare un polverone ora sulla febbre di Oropouche, perché sennò poi alla fine la gente dirà veramente che c’è un complotto”.
L’OSPEDALE SPALLANZANI LANCIA L’ALLERTA
Intanto, Emanuele Nicastri, direttore Uoc Malattie infettive ad alta intensità di cura dell’Inmi Lazzaro Spallanzani di Roma, ha trasmesso una nota alla Rete regionale di malattie infettive, di cui è coordinatore clinico, per richiamare l’attenzione sull’argomento.
“In caso di pazienti di ritorno dalle aree endemiche con sintomatologia febbrile acuta – si legge nella comunicazione – si suggerisce di considerare in diagnosi differenziale, oltre alla malaria e alle arbovirosi più comuni sostenute da virus Dengue, Chikungunya e Zika, anche la infezione da virus Oropouche, con particolare attenzione alle donne in gravidanza”.
E di conseguenza di mandare i casi sospetti allo Spallanzani dove “disponiamo dei test necessari e siamo pronti a identificare la sintomatologia clinica e nei nostri laboratori, diretti dal dr. Fabrizio Maggi, l’eventuale presenza del microrganismo”.