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Steve Bannon può togliere SpaceX a Elon Musk?

Steve Bannon considera Elon Musk un pericolo non solo per il presidente ma per la “repubblica” e la situazione, pertanto propone di intervenire alla radice del problema, mettendo SpaceX sotto la supervisione delle autorità degli Stati Uniti. L'analisi di Alessandro Aresu tratta dalla newsletter Capitalismo politico.

Negli ultimi giorni Steve Bannon ha rovesciato, in un intervento su di giri, verso il suo nemico Elon Musk la celeberrima ossessione sulla storia romana. Invece della domanda “Quante volte pensate all’impero romano?”, Bannon ha usato l’immagine del Rubicone: nel florilegio di dichiarazioni contro Trump, l’avrebbe attraversato. Dopo questa scelta, anche se Musk ha parzialmente ritrattato e chiesto scusa, non si può più tornare indietro, secondo Bannon. Come ho ricordato su Limes, in un’improbabile e spassosa alleanza con l’ex socio di George Soros, il potente segretario al Tesoro Scott Bessent, lo stratega del mondo MAGA si gode gli effetti della forza auto-distruttiva di Musk.

YO BRO, YOU CROSSED THE RUBICON!

Vi chiederete: veramente dobbiamo passare il tempo a parlare di Steve Bannon e valutare quello che dice un personaggio del genere? La risposta, naturalmente, è sì. Le parole di Bannon, per quanto estreme e provocatorie vanno prese sul serio, così come va preso sul serio Elon Musk, anche se tutto lo show non ci sembra serio.

La contesa, inizialmente incentrata sulla politica economica e in particolare sui tagli agli incentivi per i veicoli elettrici, è rapidamente degenerata. Bannon ha enfatizzato l’ingratitudine di Musk, ricordando come Trump gli avesse concesso “accesso totale, supporto totale” e lo avesse trattato “come parte della famiglia”. Caricando su tutti questi aspetti personali, Bannon parla a Trump e al mondo variegato dei suoi sostenitori, ma inserendo un punto più significativo, che è quello che approfondiremo.

Bannon considera Musk un pericolo non solo per il presidente ma per la “repubblica” e la situazione, stimolata dal tentativo di auto-distruzione di Musk, richiede a suo avviso una risposta “drastica”, capace quindi di intervenire sulla “carta” che Musk ha realmente in mano, la dipendenza degli Stati Uniti dal soverchiante successo di SpaceX nell’economia dello spazio.

Pertanto, Bannon propone di intervenire alla radice del problema, mettendo SpaceX sotto la supervisione delle autorità degli Stati Uniti. Come potrebbe avvenire? E soprattutto, potrebbe veramente avvenire? Possono togliere SpaceX a Musk?

MUSK COME PERICOLO DI SICUREZZA NAZIONALE: LE REGIONI

Secondo Bannon, il Presidente Trump dovrebbe firmare un ordine esecutivo per invocare il Defense Production Act e prendere il controllo di SpaceX. D’altra parte, “non si può avere un individuo instabile che dice cose molto pericolose sul presidente degli Stati Uniti e deve essere indagato”.

La pericolosità di Musk per il presidente e per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti sarebbe la base per un’azione estrema del genere. Ciò si basa su vari motivi, principalmente tre.

Primo punto: le minacce precise di Musk. Com’è noto, Musk ha minacciato di “decommissionare la navicella Dragon”, l’unica in grado di trasportare astronauti e rifornimenti verso la Stazione Spaziale Internazionale. Questo metterebbe a rischio la capacità della NASA e del Dipartimento della Difesa, che dipendono pesantemente da SpaceX per lanci e satelliti spia.

Secondo punto: la stabilità personale di Musk, le sue condizioni fisiche, i presunti problemi di droga e la questione della sua cittadinanza. Secondo Bannon, va appurato che Musk abbia fornito dichiarazioni corrette e non fraudolente nell’ambito della sua immigrazione negli Stati Uniti, altrimenti dovrebbe essere deportato, perché un miliardario non può avere un trattamento di favore rispetto a tutti gli altri.

Terzo punto: non a caso, la preoccupazione di Bannon riguarda i presunti legami di Musk con la Cina. Ha accusato Musk di essere un “agente di influenza del Partito Comunista Cinese” citando la sua relazione finanziaria in Tesla e un controverso episodio in cui Musk avrebbe “forzato i generali e il personale del Pentagono a fornirgli un briefing altamente classificato sui piani di guerra con la Cina”.

IL PROBLEMA DEL GOVERNO CON SPACEX

Nei suoi interventi, Bannon si è mostrato consapevole di un problema pratico tutt’altro che banale: il governo degli Stati Uniti non è in grado di gestire SpaceX. L’azienda ha ricevuto contratti dal governo ma non ha avuto certo successo per merito del governo perché le agenzie, in primis la NASA, e le altre aziende, non hanno dimostrato mai la stessa capacità operativa e gestionale di SpaceX. Solo un imbecille può pensare che se Musk, che ha perseguito e realizzato testardamente coi suoi collaboratori l’intuizione del razzo riutilizzabile, perde in qualche modo SpaceX e finisce in mano a gente nominata dal governo, quest’azienda possa funzionare in modo adeguato agli interessi degli Stati Uniti.

Pertanto, Bannon dice che bisogna togliere di mezzo Musk, metterlo in un limbo per le indagini di sicurezza nazionale, e – punto cruciale – lasciare intatto l’intero management di SpaceX. Gwynne Shotwell e gli altri manager in qualche modo dovranno essere convinti dal governo a restare, perché il problema è Musk. Non possono andarsene, altrimenti l’azienda non funziona.

Una volta chiarito questo punto, andiamo al passaggio successivo: si può davvero applicare il Defense Production Act per realizzare il sogno di Bannon?

Il Defense Production Act del 1950 è la principale fonte di autorità del presidente per accelerare ed espandere la fornitura di materiali e servizi dalla base industriale statunitense, necessaria per promuovere la difesa nazionale. Nato non a caso durante la Guerra di Corea, è stato modellato sui poteri di guerra della Seconda Guerra Mondiale.

Diviene nuovamente importante perché, come ho spiegato nei miei vari libri (la discussione del Defense Production Act è sia ne “Il dominio del XXI secolo” che in “Geopolitica dell’intelligenza artificiale”) viviamo nell’epoca del capitalismo politico e assistiamo alla proliferazione di questi strumenti.

Lo scopo del Defense Production Act è garantire che l’industria possa soddisfare i requisiti di difesa nazionale e prepararsi e rispondere a conflitti, disastri naturali o attacchi terroristici, per esempio attraverso alcune priorità imposte su contratti per materiali e servizi.

Il Defense Production Act è stato riautorizzato oltre 50 volte dal 1950, con emendamenti significativi che hanno ampliato la definizione di “difesa nazionale” oltre le operazioni militari per includere la produzione di energia, la sicurezza interna, lo stoccaggio, lo spazio, la protezione e il ripristino delle infrastrutture critiche e la preparazione alle emergenze. È in corso ora al Congresso il dibattito sulla ri-autorizzazione e sulle modifiche che potrebbero essere inserite.

Oltre al suo uso iniziale per la Guerra di Corea, è stato invocato per affrontare una vasta gamma di questioni. Tra i casi recenti la pandemia, quando è stato utilizzato per accelerare la produzione di maschere, test, respiratori e vaccini, la carenza di latte in polvere, il sostegno alla produzione di minerali critici e la capacità marittima. Sono tutte applicazioni della legge ma non è detto che portino a significativi aumenti delle capacità produttive citate.

Dal punto di vista dell’applicazione, è fondamentale notare che le prime disposizioni che consentivano il controllo dei prezzi e la requisizione di proprietà furono gradualmente eliminate, con la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti nel 1952.

Il caso essenziale è Youngstown Sheet & Tube Co. v. Sawyer (1952), in cui la Corte Suprema ha stabilito che il Presidente Truman non aveva l’autorità costituzionale o statutaria per requisire le acciaierie private durante la Guerra di Corea, in assenza di autorizzazione esplicita del Congresso. La sentenza mostra tra l’altro un quadro per la valutazione del potere presidenziale: il potere è massimo quando il Presidente agisce con l’autorizzazione esplicita o implicita del Congresso; si trova in una zona intermedia quando il Congresso è silente; e raggiunge il suo punto più basso quando il Presidente agisce contro la volontà del Congresso. La sentenza del 1952 è quindi essenziale per stabilire i limiti del potere esecutivo, in termini che potrebbero applicarsi per analogia al caso Musk-SpaceX.

Del resto, Bannon fraintende la natura e la portata del Defense Production Act: tenta di applicare uno strumento di mobilitazione industriale a una questione di governo dell’impresa, che ricade al di fuori dei suoi confini legali, per come sembrano essere stati tracciati.

LA CRESCITA DELL’IPOTESI

Tutto ciò è vero nella teoria e nell’ambito della correttezza, ma noi non viviamo in questo contesto, anche perché le ragioni di pericolo della sicurezza nazionale rimangono, una volta che si accettano gli argomenti iniziali di Bannon.

SpaceX è indispensabile per il governo ma l’azienda non può avere il governo contro. Se una forma di indagine su Musk viene avviata, e se è possibile farlo ricadere in un limbo in cui se va bene non gli succede niente e se va male è in qualche modo dichiarato incapace di svolgere la sua attività, gli altri azionisti di SpaceX, per quanto società ovviamente non quotata, dovranno discutere della questione nel consiglio. Siccome SpaceX cerca capitali per accrescere la sua enorme valutazione e cerca di aumentare i ricavi, il tema può essere percepito come fonte di incertezza. Si può generare un dibattito tra i vari investitori se sia meglio avere il “cavallo pazzo e geniale” Musk al timone oppure se sia meglio lasciarlo a bordo campo.

Inoltre, questo tema può essere discusso di più in ambito politico e istituzionale, per esempio per cercare di allargare l’autorità del Defense Production Act (d’accordo col Congresso, non contro) in modo da non arrivare al sequestro delle acciaierie ma a giungere al “limbo di Musk” che Bannon suggerisce.

Sebbene le proposte di Bannon siano spesso percepite come estreme, è interessante notare come alcune delle sue preoccupazioni abbiano trovato eco anche in ambienti progressisti. Robert Kuttner di The American Prospect, ha pubblicato un articolo intitolato “Steve Bannon ha ragione su Elon Musk”, sostenendo che “nazionalizzare SpaceX è un’idea migliore” rispetto al supporto ai concorrenti. Questa dipendenza del governo da un “miliardario mercuriale”, come lo ha definito anche la Senatrice Elizabeth Warren in una lettera all’Acting National Security Advisor e Segretario di Stato, Marco Rubio, è una fonte di preoccupazione bipartisan. Warren ha chiesto al governo di fornire dettagli sui piani di emergenza nel caso in cui Musk non rispettasse i suoi contratti o decidesse di interrompere i servizi essenziali per la sicurezza nazionale, menzionando esplicitamente la possibilità della nazionalizzazione o del controllo.

Bannon ha del resto fatto riferimento alla costruzione di una coalizione bipartisan contro il potere della tecnologia (che a suo avviso va usata dal mondo MAGA ma controllata da chi sta da 10 anni col presidente Trump, in modo transattivo), per esempio elogiando il lavoro della “grande Lina Khan” alla Federal Trade Commission con l’amministrazione Biden.

L’ipotesi di togliere SpaceX a Musk resta quindi estrema ma crescerà.

 

(Estratto da Capitalismo politico, la newsletter di Alessandro Aresu)

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