Il dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha modificato le regole sul controllo delle esportazioni per agevolare le vendite di droni militari avanzati, come i modelli Reaper sviluppati dall’azienda General Atomics.
DRONI EQUIPARATI AI CACCIA, NON AI MISSILI
Per effetto della revisione normativa, i droni verranno trattati allo stesso modo degli aerei da caccia (come gli F-16 di General Dynamics, spiega Reuters) anziché dei sistemi missilistici: in questo modo gli Stati Uniti potranno aggirare l’accordo internazionale Missile Technology Control Regime del 1987 e fornire questi velivoli a pilotaggio remoto a paesi come gli Emirati Arabi Uniti, ma non solo. Il Missile Technology Control Regime era stato negoziato con l’obiettivo di frenare la diffusione dei missili a lunga gittata: i droni militari sono stati considerati simili perché possono volare per lunghe distanze e trasportare armi di vario tipo.
L’ARABIA SAUDITA VUOLE I DRONI MQ-9 REAPER
L’Arabia Saudita, per esempio, potrà accedere con più facilità ai cento droni modello MQ-9 Reaper di cui aveva fatto richiesta la scorsa primavera, e che quindi potrebbero adesso rientrare nel maxi-accordo di compravendita di armi da 142 miliardi di dollari annunciato a maggio. Anche alcuni paesi in Europa e nel Pacifico, alleati degli Stati Uniti, hanno manifestato interesse per questi velivoli.
LA COMPETIZIONE INTERNAZIONALE
La nuova politica del dipartimento di Stato permette alle aziende statunitensi che producono droni – come General Atomics, Kratos e Anduril – di vedere classificati i loro velivoli classificati tra le “vendite militari all’estero”. In questo modo, Washington punta ad agevolare le proprie imprese della difesa, che devono fare i conti soprattutto con la concorrenza israeliana, cinese e turca, spesso sottoposta a regole molto più permissive dai rispettivi governi.