Corriere della Sera: “Mattarella-Meloni, è disgelo”. Il faccia a faccia dopo le parole di Bignami sul consigliere del Colle, il Pd: “Un incontro doveroso”. La premier “contro Garofani”, poi la nota di FdI: “Sintonia, caso chiuso”.
Repubblica: “Meloni va da Mattarella, dietrofront FdI: è tregua”. Si è svolto un colloquio “dopo l’attacco” al Colle, “tensione per la nota di Palazzo Chigi: da Garofani parole inopportune”. Poi la frenata in un comunicato del partito: “Caso chiuso, rinnoviamo la stima per il Presidente”.
La Stampa: “Meloni da Mattarella, tregua dopo lo scontro”. Faccia a faccia di 20 minuti al Quirinale, “caccia a chi ha pedinato il consigliere del Colle”. Palazzo Chigi “insiste nelle critiche a Garofani”, Fdi: “Caso chiuso”.
Il Messaggero: “Meloni a colloquio da Mattarella, caso chiuso”. Il faccia a faccia dopo le tensioni sul consigliere del Colle.
Il Giornale: Tensione Quirinale-Governo: “Il consigliere ammette, ma non lascia”. Garofani, consulente del presidente, “conferma le frasi sulla premier”. Meloni a colloquio da Mattarella, FdI: “Caso chiuso, stima nel Colle”.
Caro direttore,
scusa se torno sull’argomento Garofani. Tu stesso mi dirai che, dopo questa esaustiva rassegna stampa (sono le prime pagine del 20 novembre) sia inutile sviscerare ulteriormente la questione, sciolta come neve al sole, tanto più che sul tuo giornale non concedi spazio a dicerie, voci di corridoio, speculazioni e dietrologie.
Mi atterrò ai fatti, allora, per provare a dare risposta a questa domanda: siamo davvero sicuri che in FdI tutti seguano la linea imposta con ogni probabilità da Meloni che non vuole divorzi eclatanti con Mattarella? Linea che, se è stata subito sposata da tutti i giornaloni del Paese, deve essere stata condivisa anche dal Capo dello Stato.
Lo storytelling ufficiale è quello che s’è trattato di un inciampo: tanto rumore per nulla visto che poi con un singolo incontro, peraltro anche celere, si sono subito rinsaldati i rapporti tra Palazzo Chigi e Quirinale, che pure soltanto qualche ora prima parevano ai minimi storici probabilmente dai tempi di Napolitano e Berlusconi (accadeva sempre di novembre, ma del 2011) o – si resta sempre a novembre e tra poche ore ricorrerà l’anniversario – da quel 22 novembre 1994, quando Berlusconi ricevette il famigerato mandato di comparizione e venne scaricato proprio dall’allora inquilino del Colle, Oscar Luigi Scalfaro, che subito ne approfittò per approntare un nuovo esecutivo, a guida Dini.
Ora, non intendo mettere in discussione i giornaloni italiani, che prima ignorano la velina misteriosa recapitata a tutte le redazioni, quindi decretano a tempo record la chiusura del caso, ma a qualcuno è forse venuto in mente di andare a leggere ciò che scrivono sul Secolo d’Italia, house organ del partito meloniano e organo ufficiale della Fondazione Alleanza Nazionale?
I curiosi troveranno un intervento, a firma Carmelo Briguglio (non uno qualunque, ma uno che milita nell’Msi dagli anni ’80 e che scalando le gerarchie di partito viene eletto prima deputato del parlamentino siciliano, quindi onorevole con AN. Con Bocchino, direttore editoriale del Secolo d’Italia, ha pure fondato Generazione Italia) che evidenzia come in FdI i malumori su Garofani siano ben lungi dall’essere stati ingoiati. Intervento efficacemente riassunto dal medesimo Briguglio in questo suo intervento social su X.
Il segretario del Consiglio Supremo di Difesa é nominato dal plenum su proposta del PdR, d’intesa col premier; il CSD é presieduto da Mattarella, ma il vicepresidente é, per legge, @GiorgiaMeloni (art 5 DPR 251/1990), con cui il segretario interagisce di continuo essendoci…
— Carmelo Briguglio (@c_briguglio) November 20, 2025
“Mi viene da ragionare su un primo dato obiettivo – scrive Briguglio – : il CSD é un organo di rilievo costituzionale che é presieduto da Mattarella, ma il vicepresidente é, per legge, il presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni (articolo 5 del DPR 251/1990). Un elemento che é stato finora trascurato nelle analisi del caso”.
“Lo stesso Consiglio Supremo di Difesa, é composto nella sua maggioranza, da ministri dell’esecutivo in carica. Certo, la durata del CSD coincide col settennato del Presidente. E quindi scadrà tra quattro anni – prosegue il politico. Ma faccio, davvero molto rispettosamente, notare: può il segretario del CSD, esprimersi con linguaggio così rozzamente imprudente, come ha fatto Garofani, dinanzi a un uditorio di “politici, funzionari e sportivi” – leggo dalla Verità, il quotidiano diretto dal pugnacissimo Belpietro che ha sollevato il caso – nei confronti del premier che é vicepresidente dell’organo del quale lo stesso Garofani é segretario? Non é necessario il permanere di un rapporto di fiducia tra il segretario del CSD da un lato, e il capo del governo dall’altro?”.
Il vulnus sarebbe tutto qua, secondo le argomentazioni di Briguglio: “Ora, è proprio la funzione di segretario del CSD che rende problematica la posizione di Garofani. Il segretario del CSD non è soltanto un consigliere del Capo dello Stato; è il titolare di una attività che va oltre e interagisce con delicate attribuzioni del governo e del premier in materia di difesa e sicurezza nazionale. «Il segretario del Consiglio sottopone al Presidente della Repubblica l’ordine del giorno di ciascuna seduta del Consiglio, formato sulla base delle istruzioni impartite dallo stesso Presidente, d’intesa con il Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché delle richieste formulate dal Presidente del Consiglio dei Ministri…» recita l’articolo 3 del regolamento del CDS”.
La sua conclusione pertanto è che ha fatto bene “Galeazzo Bignami, a mio parere” a esercitare “il suo diritto-dovere di leader parlamentare del partito di maggioranza relativa”. Di contro male ha fatto il Quirinale a reagire stizzito: “E francamente il capogruppo di FdI non meritava la reprimenda del Colle: aveva tutte le ragioni di chiedere conto e ragione delle dichiarazioni virgolettate dello stesso Garofani, il cui ruolo di segretario del CSD, è stato finora poco valutato, rispetto a di quello di semplice consigliere presidenziale”.
Insomma, direttore, questi i fatti. Come vedi mi sono attenuto a dichiarazioni concrete e verificabili, non a presunti retroscena come fanno tanti quotidiani. Se tanto mi da tanto, giudicato il cursus honorum di chi firma quell’intervento e la sua vicinanza storica all’attuale direttore editoriale del quotidiano (Bocchino), non c’è solo Galeazzo Bignami a rumoreggiare. Peraltro, ripescando la prima pagina del Secolo d’Italia di ieri, 20 novembre, così da fornire una rassegna stampa davvero completa, pure il direttore responsabile Antonio Rapisarda (già cronista a Libero e poi firma del quotidiano Il Tempo) non è certo per la pacificazione immediata col Colle senza che paghi l’obolo di costringere Garofani alle dimissioni.

Seguendo questi fili possiamo concludere che è l’intera Fiamma Tricolore a covare sotto le ceneri forse troppo frettolosamente buttate sulla questione Garofani dal Colle ma soprattutto da Palazzo Chigi. Se così fosse, però, ora la vicenda potrebbe scottare pure Meloni colpevole di aver preso in contropiede i suoi imponendo una pace col Quirinale senza nemmeno puntare i piedi e chiedere le dimissioni di Garofani, che pure – se ci si affida alle argomentazioni giuridiche addotte da Briguglio – sarebbero state una sua prerogativa.
Ma non ci sono solo le tesi di Briguglio ad essere condivise dal corpaccione dirigenziale del primo partito italiano. Dentro FdI c’è chi, come il presidente della commissione Affari Costituzionali Alberto Balboni, si chiede «come farà adesso Garofani a sedere ai prossimi incontri del Consiglio supremo di Difesa, ci vuole una bella faccia tosta…», leggo oggi sul Corriere della sera.
Non solo: “Secondo me” Garofani “potrebbe pensare a fare un passo indietro, tutelerebbe anche più il Quirinale e il Presidente”, ha detto ieri il senatore di Fdi Marco Scurria a Tagadà su La 7.
Alla luce di queste voci di primo piano del primo partito italiano, per me resta un mistero il fatto che i giornaloni possano scrivere di sereno dopo la tempesta, di pace dopo le polemiche e rapporti distesi dopo gli scazzi per me resta un mistero.
Un caro saluto
Gianluca Zappa






