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Perché sono scettico sulla tregua Israele-Hamas su Gaza

L'intervento di Salvatore Sechi, ordinario di Storia Contemporanea, Dipartimento di Studi Storici, Università di Bologna

La demolizione di intere città rase al suolo dai droni, la carneficina, i massacri di decine di migliaia di bambini, di vecchi, di donne, di intere famiglie. Un popolo come quello palestinese ridotto a scempi e a spettri ambulanti dalla fame, dalla sete, dalle ferite.

Con l’annuncio dato stanotte da Washington da Donald Trump s’interrompe per un breve lasso di tempo il girone infernale di un calvario che purtroppo non avrà fine.

Alla sbarra ci sono numerosi sconfitti. In primo luogo l’Occidente, i valori che lo hanno per secoli distinto da culture, popoli e Stati per i quali era una consuetudine la guerra e lo sterminio invece della convivenza tra diversi.

L’Europa e gli Stati Uniti hanno assistito per due anni, in silenzio, quasi indifferenti, allo scatenarsi della violenza di Israele contro l’eccidio immondo e criminale delle bande terroristiche di Hamas sul raduno festivo, in un’area di kibbutz, di alcune migliaia di giovani.

All’uccisione in forme barbariche di 1200 persone e alla presa in ostaggio di centinaia si è risposto con un massacro quotidiano, la distruzione di ospedali, la negazione dell’acqua e del pane, le persecuzioni a mano armata. Uno spettacolo di orrore che dalla democrazia israeliana nessuno si aspettava.

Tanto meno ci si aspettava il silenzio, la mancanza di solidarietà, di mobilitazione dell’Unione europea e degli Stati Uniti. Chi esportava armi verso Israele come gli Stati Uniti, la Germania e l’Italia non hanno ritenuto un obbligo morale interrompere questo traffico immondo.

Dunque non solo agli occhi di un popolo annientato come il palestinese, ma anche agli occhi di milioni di europei e americani, è stato offerto lo spettacolo allucinante della pietà che è morta.

Di fronte a questa abdicazione plateale dell’Occidente ai principi costitutivi della sua identità, come si fa non apprezzare – anziché a criminalizzare come continua a fare Giorgia Meloni – la rivolta  umanitaria, il risveglio di coscienza civile in milioni di giovani che in questi ultimi giorni sono scesi in piazza a gridare il loro sentimento di orrore, di sdegno e di paura nei confronti di governi blindati in un silenzio che suona come indifferenza al massacro di un popolo poverissimo come quello palestinese?

È difficile pensare che  possa essere facile la saldatura  tra i gruppi dirigenti della politica euro-americana e i molti milioni dei loro cittadini inorriditi dall’inazione dei loro premier e governanti. È una ferita mortale, una faglia non colmabile in tempi brevi.

Alla sbarra c’è anche l’Onu. Dalla sua nascita ha ammesso possano farne parte regimi democratici e dittature atroci come quelle di estrema destra ed estrema sinistra, insieme ad autocrazie tribali. A decidere le urgenze c’è un organo di cui fanno parte paesi come l’Unione sovietica e la Cina, cioè regimi ad alta densità di dispotismo. Alle giovani generazioni l’Onu non dice nulla, esattamente come l’Unione europea.

Nel caso specifico, bisogna ricordare che dell’Onu continuano a fare parte i paesi arabi che nei loro statuti hanno sancito la distruzione di Israele. Ne fa parte anche quest’ultimo che col premier Netanyahu ha ribadito la sua avversione alla creazione di uno Stato palestinese. Un modo di dire per ribadire la volontà cdi annientarlo e portare avanti un a politica di espansione  e sub-imperialismo in Medio Oriente.

Il terzo imputato alla sbarra è il futuro, cioè il funzionamento del piano elaborato dall’ex leader laburista Tony Blair per conto di Trump. Va bene per i loro personali interessi creare un esteso resort sulla Striscia di Gaza per ospitare villeggianti miliardari.

Non va bene per prolungare la tregua. Se si esclude la formazione di due Stati (che non promette nessuna pace, ma la prosecuzione della guerra), non resta che la deportazione in massa dei palestinesi o la loro cooptazione in una grande Israele. In ogni caso sarebbero entrambe soluzioni dilaniate dalla persistenza di forme di guerriglia, vendette, rancori, reciproche paure e e diffidenze.

Questa è la tempesta che si profila per i venti di guerra sciaguratamente sollevati da Netanyahu nel contrastare la politica scellerata del terrorismo di Hamas.

Come si fa a confonderlo con l’intero popolo della Palestina? Quanti sono stati oggetto di delitti, massacri, sevizie, privazioni, marce disperate per spostarsi da una città all’altra, addirittura  senza una meta, nei loro cuori non covano che uno spirito di rivalsa e di vendetta.

Temo che la storia, cioè il futuro, di Israele si siano fatti brevi.

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