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Lo sgarbo di Berlusconi a Mattarella

"Non credo, francamente, che Mattarella abbia bisogno di un ruvido richiamo di Berlusconi per porsi il problema - in caso di approvazione di una riforma presidenzialista - della sostenibilità, opportunità e quant’altro della prosecuzione del suo pur legittimo secondo mandato". Il corsivo di Francesco Damato

 

Silvio Berlusconi non ha detto una bestialità politica nell’ipotizzare le dimissioni di Sergio Mattarella nella prossima legislatura, prima della scadenza del suo secondo mandato al Quirinale, nel caso in cui venisse approvata la riforma presidenzialista contenuta nel programma del centrodestra. Egli ha fatto di peggio. Ha compiuto un atto di gratuita, diciamo pure imprudente villanìa nei riguardi del capo dello Stato, al quale solo compete la valutazione di un simile passaggio, a meno di una esplicita e improbabile interruzione del mandato in corso sancita dalla stessa riforma.

Al presidenzialismo proposto dal centrodestra Berlusconi ha compiuto l’errore, che penso gli sarà contestato almeno in privato da Giorgia Meloni, di avere assegnato un carattere punitivo, o di bocciatura, del presidente della Repubblica in carica: un carattere che renderebbe molto, ma molto più difficile il percorso della riforma entrata -ripeto- nel programma del centrodestra per volontà della stessa Meloni.

Proprio oggi in un commento sul settimanale 7 del Corriere della Sera, scritto ben prima della sortita dell’ex presidente del Consiglio, il buon Antonio Polito ha lamentato gli inconvenienti della “senilità” di Berlusconi, pur cercando di indorargli la pillola con riconoscimenti della eccezionalità della sua esperienza politica. Che cominciò nel 1994 – mi sia permesso di precisarlo – improvvisando un centrodestra ancora più complicato di quello attuale e vincendo, ciò nonostante, la campagna elettorale contro l’ultimo segretario del Pci Achille Occhetto, avventuratosi nel tentativo di fare apparire “gioiosa” la “macchina da guerra” allestita contro gli avversari di ciò ch’era rimasto del comunismo italiano.

Non credo, francamente, che Mattarella abbia bisogno di un ruvido richiamo di Berlusconi per porsi il problema – in caso di approvazione di una riforma presidenzialista – della sostenibilità, opportunità e quant’altro della prosecuzione del suo pur legittimo secondo mandato.

Ricordo che Francesco Cossiga quand’era presidente della Repubblica, nel suo primo e unico settennato anche di “picconatore”, si pose il problema ora sollevato senza garbo da Berlusconi nei riguardi di Mattarella. E disse a chiunque avesse avuto occasione di parlargli, compreso il sottoscritto, che se il Parlamento avesse deciso l’elezione diretta del capo dello Stato -cui lui non era peraltro contrario- non avrebbe atteso un istante per dimettersi e fare scegliere dal popolo il suo successore.

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