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Le ripercussioni economiche del no pasarán della Cina alle capesante del Giappone

La Cina non ha apprezzato le parole della prima ministra del Giappone Sanae Takaichi su un eventuale attacco di Pechino a Taiwan e l'export ittico, insieme al turismo, è diventata un'arma di ritorsione. Fatti e numeri

 

Dopo le affermazioni della prima ministra del Giappone Sanae Takaichi sull’eventuale coinvolgimento militare di Tokyo in un attacco cinese a Taiwan, le relazioni tra Cina e Giappone hanno subito un nuovo deterioramento, con ripercussioni su turismo e commercio: il settore ittico, in particolare, è finito nel mirino di Pechino poco dopo essere stato riabilitato.

LA DEFLAGRAZIONE CAUSATA DA TAKAICHI

La disputa tra i due Paesi ha avuto origine quando lo scorso 7 novembre Takaichi ha suggerito che il Giappone potrebbe essere coinvolto militarmente nel caso di un attacco cinese a Taiwan perché costituirebbe “una minaccia all’esistenza del Giappone” stesso.

La Cina, che considera Taiwan parte del proprio territorio, ha reagito duramente convocando l’ambasciatore giapponese. Pechino ha accusato Takaichi di “fallacie” che “violano seriamente il diritto internazionale” e il ministero degli Esteri cinese ha definito i commenti della premier come un danno “fondamentale” alla base politica delle relazioni bilaterali.

LA VENDETTA DELLE CAPESANTE

In risposta la Cina ha nuovamente sospeso le importazioni di prodotti ittici giapponesi, mesi dopo una parziale revoca del bando del 2023 legato allo scarico dell’acqua trattata della centrale di Fukushima. Pechino avrebbe motivato la decisione con la necessità di ulteriori monitoraggi sull’acqua, mentre la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, ha dichiarato che “anche se il Giappone fosse in grado di esportare, non ci sarebbe mercato per i prodotti ittici giapponesi nell’attuale clima”.

Prima del 2023, ricorda il Guardian, Cina e Hong Kong rappresentavano oltre un quinto dell’export ittico giapponese.

QUANTO PESCE IMPORTAVA LA CINA DAL GIAPPONE

Stando a France24, la Cina continentale assorbiva il 22,5% dell’export ittico giapponese nel 2022 e il 15,6% nel 2023, confermandosi uno sbocco commerciale essenziale nonostante la contrazione legata al primo bando mentre dal 2024, dopo che Pechino aveva imposto un divieto sulle spedizioni dal vicino asiatico, le importazioni sono quasi scomparse. E anche in seguito alla parziale revoca del 2024 sono rimaste minime: nei primi nove mesi del 2025, l’ingresso in Cina di pesce, crostacei e altri prodotti marini giapponesi ha raggiunto solo 500.000 dollari, segnalando una ripresa molto limitata.

LE RIPERCUSSIONI SU IMPRESE E MERCATI FINANZIARI

L’annuncio del nuovo divieto ha avuto un impatto immediato sui mercati: secondo Bloomberg, le azioni della giapponese Kyokuyo Co. sono scese fino al 2,7%, mentre Nissui Corp. ha perso il 3,1%. Al contrario, le aziende cinesi del settore ittico hanno registrato rialzi significativi, con Zhanjiang Guolian Aquatic Products Co. in crescita di oltre il 20% e Dahu Health Industry Co. in aumento del 10%.

La testata economica riferisce inoltre che la sospensione delle importazioni ittiche si inserisce in una più ampia serie di misure restrittive, che includono anche lo stop ai colloqui per la ripresa delle importazioni di carne bovina giapponese.

ANCHE IL TURISMO FINISCE NEL MIRINO

Ma la crisi ha avuto effetti immediati anche su un altro settore, quello del turismo: quasi 500.000 biglietti aerei sono stati cancellati e numerose compagnie hanno offerto rimborsi dopo l’avviso di Pechino ai cittadini cinesi di rinviare viaggi in Giappone.

Un’agenzia di Shanghai citata dal Guardian ha riferito che “il 90% dei clienti diretti in Giappone ha chiesto un rimborso”.

La Cina, principale fonte di turismo per il Giappone con quasi 7,5 milioni di visitatori nei primi nove mesi del 2025, rappresenta un settore strategico per l’economia giapponese, già colpita dal calo dei titoli legati al retail e al turismo.

Tokyo, invece, ha consigliato ai propri cittadini in Cina di evitare luoghi affollati.

CONSEGUENZE CULTURALI E DIPLOMATICHE

La disputa ha poi generato anche ripercussioni culturali: l’uscita di almeno due film giapponesi è stata rinviata in Cina, mentre vari eventi culturali sono stati cancellati.

Sul fronte diplomatico, Takaichi ha inviato a Pechino il capo del dipartimento Asia-Pacifico degli Esteri, Masaaki Kanai, per tentare una mediazione. Tuttavia, le consultazioni non hanno ridotto le tensioni.

MOSSE MILITARI E TENSIONI TERRITORIALI

Infine, parallelamente agli sviluppi commerciali e politici, Pechino ha intensificato le attività militari nella regione. In un contesto di rivalità territoriali e aumento delle spese militari, la Cina ha inviato una flotta della guardia costiera nelle acque contese delle isole Senkaku e droni militari vicino Yonaguni, il territorio giapponese più occidentale situato a ridosso della costa orientale di Taiwan.

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