Quello del 2025 potrebbe essere un Natale con meno regali sotto l’albero per i bambini statunitensi. Mattel, produttore, tra gli altri di Barbie e Hot Wheels, ha annunciato che a causa dei dazi imposti dal presidente Donald Trump aumenterà i prezzi di alcuni prodotti negli Stati Uniti.
Nonostante la sua sede sia a El Segundo, in California, circa il 20% dei suoi giocattoli venduti nel Paese viene prodotto e spedito dalla Cina, con cui la guerra commerciale non accenna a fermarsi.
LA CALMA PRIMA DELLA TEMPESTA?
Nonostante le preoccupazioni per i mesi a venire, l’amministratore delegato di Mattel, Ynon Kreiz, ha riferito che il secondo trimestre di Mattel è iniziato bene, con una domanda in crescita. Le vendite nette del primo trimestre, pari a 827 milioni di dollari – stando a quanto riportato da Reuters – hanno battuto le stime medie degli analisti di 786 milioni di dollari, secondo i dati compilati da LSEG. Anche la perdita per azione rettificata di 3 centesimi è risultata inferiore alle stime.
La società inoltre ha riacquistato azioni per un valore di 160 milioni di dollari nel trimestre conclusosi il 31 marzo e ha mantenuto il suo obiettivo di riacquisto di 600 milioni di dollari per il 2025.
FUTURO INCERTO
Tuttavia, ritirando i suoi obiettivi finanziari annuali e annunciando l’aumento dei prezzi di alcuni giocattoli negli Stati Uniti, lunedì scorso Mattel ha aggiunto che “data la volatilità del contesto macroeconomico e l’evoluzione del panorama tariffario statunitense, è difficile prevedere la spesa dei consumatori e le vendite di Mattel negli Stati Uniti per il resto dell’anno e per le festività natalizie”.
A partire dal trimestre di luglio, il produttore di giocattoli si aspetta circa 270 milioni di dollari di costi aggiuntivi dovuti ai dazi quest’anno ma, secondo il responsabile finanziario uscente Anthony DiSilvestro, le azioni di mitigazione dovrebbero compensare completamente tali costi.
RIMEDI
Poiché gli Stati Uniti rappresentano circa la metà delle vendite globali della Mattel e circa il 20% di questi prodotti arriva dalla Cina (dove produce il 40% dei suoi giocattoli totali), l’azienda ha dichiarato che ridurrà tali importazioni a meno del 15% entro il 2026. Resta poi da capire cosa succederà nei confronti di altri Paesi, come Indonesia, Malesia e Thailandia da cui vengono importate Barbie e prodotti Hot Wheels. Anche loro infatti, nel cosiddetto Giorno della Liberazione, erano stati colpiti ugualmente dai dazi successivamente sospesi a inizio aprile per 90 giorni.
Per il momento Mattel ha fatto sapere che apporterà modifiche alla propria catena di approvvigionamento, per esempio, incrementando la produzione del gioco di carte UNO in India per servire il mercato statunitense e aumentando il flusso dalla Cina verso i clienti internazionali. Tuttavia, Kreiz prevede che il 40-50% dei prodotti rimarrà sotto i 20 dollari.
L’azienda prevede inoltre di mitigare le promozioni per risparmiare sui costi e ha aumentato l’obiettivo di risparmio per l’anno a 80 milioni di dollari da 60 milioni.
I CALCOLI DI TRUMP E QUELLI DEL SETTORE
Se Trump ha minimizzato le preoccupazioni sulle conseguenze – affermando in uno slancio anti-materialista che “beh, forse i bambini avranno due bambole invece di 30, e forse le due bambole costeranno un paio di dollari in più rispetto al normale” – i produttori di giocattoli non la vedono allo stesso modo.
Stando infatti a un sondaggio citato da Politico e condotto il mese scorso dall’organizzazione di categoria Toy Association su un campione di 400 aziende americane produttrici di giocattoli, quasi la metà di queste ritiene che i dazi di Trump le faranno fallire. Inoltre, l’associazione ha ricordato che quasi l’80% di tutti i giocattoli venduti negli Stati Uniti sono prodotti in Cina.