La procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati tre amministratori di Tod’s e la stessa società sulla base della legge 231, con l’accusa di caporalato.
I TRE MANAGER INDAGATI
I manager della società di Diego Della Valle, si legge sul Sole24Ore, sono: Simone Bernardini, Operations – Footwear and LG Trade Compliance – BOM Manager; Mirko Bartoloni, Supply Chain Industrial Director; e Vittorio Mascioni, Compliance specialist – Tempo e Metodo.
Ai dirigenti viene contestata dagli inquirenti la violazione delle norme sugli orari di lavoro, sulla sicurezza e l’igiene, paghe sottosoglia da 2,75 euro all’ora e non commisurate alle ore lavorate, operai costretti a vivere in condizioni alloggiative degradanti.
Il quotidiano di Confindustria sottolinea che pur nell’attivismo della procura milanese sul fenomeno (l’ultimo caso, ma solo in ordine di tempo, ha riguardato Loro Piana) l’inchiesta Tod’s si stia “configurando come il caso più grave: qui gli audit che mettevano in guardia contro lo sfruttamento e la mancanza di sicurezza erano stati fatti e la realtà era stata messa nero su bianco. L’azienda non ne ha tenuto conto. Per questo dalla colpa contestata agli altri brand si è passati al “dolo”. Da qui difatti la decisione di indagare la società e tre manager interni.
L’INCHIESTA
L’inchiesta era partita da 2 fornitori: il primo di Baranzate, nelle immediate vicinanze di Milano e il secondo di Vigevano, nel pavese, entrambi in Lombardia, ma poi si era spostata anche nelle Marche, focalizzandosi soprattutto sugli opifici cinesi. Tra questi la lente di ingrandimento è stata posata sulle attività di Senago e nelle province di Macerata e Fermo (Monte San Giusto e Torre San Patrizio). I fornitori sui quali la magistratura requirente intende fare luce sono al momento 67.
A Tod’s e dunque ai suoi soggetti apicali viene contestata con “colpa organizzativa grave” al limite dell’”atteggiamento doloso”, l’assenza di “modelli adeguati” a prevenire il reato di caporalato. Per i Pm la società di alta moda si sarebbe avvantaggiata di un “sistema illecito” che ha “generato enormi profitti grazie allo sfruttamento della manodopera cinese (pesantemente sottopagata)” e non ha “ad oggi modificato in alcun modo il proprio modello organizzativo e continua ad avere come fornitori alcuni soggetti coinvolti” in questo “procedimento”. Scrive il pubblico ministero di Milano Paolo Storari ravvedendo pure “grave pericolo di reiterazione” del caporalato.
Si ravviserebbe inoltre il dolo della società dal fatto che, come sottolineano dalle colonne del Sole240re, benché un audit commissionato a una società esterna avesse fatto emergere “indici di sfruttamento” l’azienda, però, avrebbe attuato interventi che dalla procura definiscono dal “valore cosmetico”, cioè finalizzati a imbellettare la situazione mantenendola invariata. A livello apicale non si sarebbe tenuto “minimamente conto dei risultati” di alcune “ispezioni” negli opifici cinesi tra le province di Milano, Pavia, Macerata e Fermo.
A sostegno della tesi accusatoria, sottolineano da Ancona Today, ci sarebbe la “piena consapevolezza” dell’azienda riguardo lo sfruttamento di manodopera, in particolare nei predetti stabilimenti di Senago, Monte San Giusto e Torre San Patrizio. Insomma, cambia di passo l’inchiesta contro le condotte contestate. Ora il pm di Milano Storari, come risulta da una richiesta al gip Domenico Santoro di interdittiva per Tod’s dal pubblicizzare i propri prodotti per sei mesi (l’udienza si terrà alle 9,30 del prossimo 3 dicembre), anticipata sulle pagine economiche del Corriere della Sera, ha individuato non più solo responsabilità omissive dei responsabili dell’azienda ma, appunto, anche ipotesi dolose.
LA REPLICA DI TOD’S
“Tod’s prende atto che la Corte di Cassazione ha rigettato ieri le richieste e il ricorso del dottor Paolo Storari. In merito alle nuove contestazioni sulla medesima vicenda, la società sta ora esaminando con la stessa tranquillità l’ulteriore materiale prodotto, con preoccupante tempismo, da Storari”, la nota velenosa della società ripresa dall’agenzia di stampa Ansa.
Il riferimento è al fatto che la procura avesse inizialmente chiesto l’amministrazione giudiziaria per Tod’s ma il tribunale per le misure di prevenzione di Milano aveva rigettato la richiesta, così come la Corte d’appello (soprattutto per motivi di competenza territoriale) e in ultima istanza pure la Cassazione.



