Il colpo ad effetto è riuscito. Friedrich Merz ha estratto dal cilindro dei nuovi ministri di competenza dell’Unione almeno quattro nomi che nessun osservatore aveva sul proprio taccuino. Uno in particolare sta catalizzando l’attenzione dei media: Katherina Reiche, cinquantunenne brandeburghese passata nel decennio scorso dalla politica all’impresa (un po’ come capitò a Merz), manager nel settore energetico, tanto apprezzata dagli addetti ai lavori quanto sconosciuta al grande pubblico, designata ministro dell’Economia. Succederà al verde Robert Habeck nel delicato compito di gestire in maniera pragmatica la transizione energetica.
IL LATO GLAMOUR DELLA NOMINA
C’è anche un po’ di glamour attorno alla sua finora riservata persona, che ha già attirato l’attenzione dei tabloid popolari: Reiche è sentimentalmente legata all’ex enfant prodige della politica tedesca, il nobile bavarese Karl-Theodor zu Guttenberg, come confermato ieri dall’avvocato della coppia. Zu Guttenberg, 53 anni, fu ministro proprio dell’Economia e poi della Difesa nei primi governi Merkel. Era l’astro nascente della politica, e assieme alla moglie Stephanie, da cui si è separato due anni fa, formava una delle coppie più in vista. Aveva portato nella solitamente austera scena politica tedesca un po’ di splendore nobiliare, ma fu il primo politico a inciampare in uno scandalo di plagio riguardante la sua tesi di dottorato in legge: fu accusato di aver copiato parti della sua tesi senza citare le fonti originali e nel 2011 fu accompagnato alla porta da un’inflessibile Angela Merkel. Oggi si dedica a consulenza, attività imprenditoriali e progetti di produzione e conduzione di documentari e format giornalistici, ma la notizia della liaison ha subito riacceso i riflettori mediatici.
Ma i rari biografi di Katherina Reiche mettono la mano sul fuoco sul fatto che la neo ministra non patirà affatto l’ombra del suo ingombrante compagno. Può già vantare di suo un solido percorso, tanto nel mondo politico quanto in quello economico. Dopo aver militato nella Junge Union nel 1992, è entrata in Parlamento nel 1998, rimanendo deputata fino al 2015 e assumendo ruoli di rilievo come vicecapogruppo e sottosegretario di Stato ai ministeri dell’Ambiente e dei Trasporti.
Abbandonata la politica attiva, Reiche si è distinta nel settore energetico, ricoprendo incarichi apicali prima presso il Verband kommunaler Energien e poi alla guida della Westenergie AG, società nata dall’integrazione delle attività di distribuzione di Innogy, acquisita da Eon. Sotto la sua leadership, Westenergie ha visto crescere il fatturato da 5,9 a 8,7 miliardi di euro in pochi anni, accompagnato da un raddoppio degli utili operativi e investimenti superiori a 1,5 miliardi di euro nella modernizzazione e digitalizzazione delle infrastrutture. Una gestione dinamica che ha rafforzato il profilo di Reiche, considerata oggi una delle manager più influenti del panorama energetico tedesco.
UNA SCELTA ALL’INSEGNA DEL PRAGMATISMO ECONOMICO
Il suo arrivo al vertice del ministero dell’Economia e dell’Energia segna un netto cambio di rotta nella gestione delle politiche economiche tedesche. Eredita un ministero indebolito: alcune competenze chiave, come la protezione climatica, la politica digitale e il settore spaziale, saranno trasferite ad altri dicasteri. Ma le aspettative nei suoi confronti sono comunque altissime e la sua nomina ha un chiaro obiettivo: imprimere una svolta realista e orientata ai risultati, in un momento in cui l’economia tedesca sta attraversando una fase particolarmente difficile. Dopo due anni di stagnazione, il 2025 si prospetta come il terzo consecutivo senza crescita, con previsioni che lasciano poco spazio all’ottimismo. Reiche dovrà agire con decisione, puntando a rilanciare la produttività e a rafforzare la competitività del sistema industriale tedesco.
Il nuovo corso economico si ispira esplicitamente all’eredità di Ludwig Erhard, padre dell’economia sociale di mercato. Reiche, membro della fondazione che ne porta il nome, ne condivide i principi: meno dirigismo statale, più libertà d’impresa e una maggiore attenzione all’efficienza del sistema produttivo. Nella visione condivisa con Merz, il ministero dell’Economia non sarà più solo il luogo delle politiche di transizione, ma tornerà a essere la “coscienza economica” del governo, come lo fu nei decenni del miracolo economico. Un compito ambizioso, ma coerente con il profilo di una ministra che ha fatto della concretezza e della gestione dei dati un punto di forza.
TRANSIZIONE ENERGETICA NEL SEGNO DELL’EFFICIENZA
Proprio sul fronte energetico, Reiche eredita il dossier più denso e strategico. Dopo l’uscita dal nucleare e la crisi dei prezzi seguita all’invasione russa dell’Ucraina, la Germania si è trovata di fronte alla sfida di accelerare la transizione verde senza compromettere la stabilità della rete e l’accessibilità delle tariffe. Come amministratrice delegata di Westenergie, Reiche ha dimostrato di sapere coniugare sostenibilità e redditività, promuovendo investimenti in reti intelligenti, digitalizzazione e infrastrutture resilienti. Ora, da ministra, dovrà portare quello stesso approccio al livello nazionale.
Tra le priorità più urgenti c’è la costruzione di centrali elettriche di riserva, indispensabili per garantire continuità nell’approvvigionamento quando le fonti rinnovabili non bastano. Il piano prevede la messa in funzione, entro il 2030, di impianti per 20 gigawatt di capacità: un obiettivo ambizioso, che richiede un quadro regolatorio chiaro, snello e in linea con le norme europee sugli aiuti di Stato. Reiche dovrà evitare gli errori della precedente coalizione, accusata di aver rallentato l’attuazione con proposte troppo complesse e poco appetibili per gli investitori.
L’APPROCCIO PRAGMATICO DI REICHE A IDROGENO E RINNOVABILI
Un altro capitolo chiave sarà lo sviluppo della filiera dell’idrogeno. Reiche, che dal 2020 presiede il Consiglio nazionale per l’idrogeno, ha più volte criticato le linee guida europee per la loro eccessiva rigidità e ha chiesto con insistenza un maggiore impegno da parte del governo tedesco per rendere il quadro normativo più funzionale. Ora toccherà a lei trasformare in strategie quelle critiche. I primi segnali di apertura da parte della Commissione europea offrono una finestra di opportunità che Reiche cercherà di sfruttare per rilanciare un settore considerato essenziale per la decarbonizzazione dell’industria pesante.
Anche la riforma del sistema di incentivazione delle energie rinnovabili sarà inevitabile. L’attuale legge EEG (Erneuerbare-Energien-Gesetz), basata su tariffe di immissione in rete garantite per vent’anni, è approvata solo fino al 2026. La nuova coalizione punta a integrare maggiormente strumenti di mercato, riducendo i meccanismi di sovvenzione e favorendo una maggiore concorrenza. Un passaggio delicato, che metterà Reiche a confronto con una lobby potente e influente, ma che potrebbe anche segnare un’evoluzione matura del settore. Già in passato, da sottosegretaria all’Ambiente, Reiche aveva sostenuto la necessità di esporre le rinnovabili a dinamiche più orientate al mercato.
VERSO UNA NUOVA POLITICA INDUSTRIALE
Infine, c’è il capitolo cruciale della politica industriale. Il settore manifatturiero tedesco, fiore all’occhiello dell’economia nazionale, è oggi sotto pressione per l’aumento dei costi energetici, la concorrenza asiatica e l’incertezza normativa. Reiche sarà chiamata a dare una risposta credibile alle esigenze delle imprese, evitando gli errori del passato – come i controversi sussidi a Intel e Northvolt – ma senza rinunciare al sostegno strategico dei comparti chiave: automobili, acciaio, difesa, aerospazio e biotecnologie.
Nel suo primo intervento da designata ministra, Reiche ha evocato la necessità di “conciliare libertà economica, prosperità e giustizia sociale”. Un messaggio che sintetizza l’approccio che intende adottare: favorire un contesto favorevole agli investimenti, ridurre la burocrazia, incentivare l’innovazione, e allo stesso tempo mantenere un equilibrio tra efficienza e inclusione. Il suo stile decisionista e tecnico, unito a una solida esperienza sia politica che industriale, potrebbe rivelarsi l’arma giusta per ricostruire la fiducia in un ministero che si vuole differente dal recente passato ma nuovamente centrale nella definizione del futuro economico della Germania.