Venerdì alla Casa Bianca Donald Trump ha ospitato il premier ungherese Viktor Orban, col quale ha siglato una serie di intese che rafforzano l’asse tra Usa e Ungheria.
Il risultato più eclatante del meeting è lo stesso per cui Orban si era presentato a Washington, ossia un’esenzione temporanea per il suo Paese dalle sanzioni americane sugli acquisti di petrolio e gas russi, concessa per la condizione di Paese senza sbocco al mare.
In cambio, Budapest ha firmato una serie di accordi relativi al gas naturale liquefatto americano, al combustibile nucleare, ai reattori modulari piccoli e agli armamenti.
I due leader, uniti da visioni nazionaliste sull’immigrazione e accomunati dalle posizioni scettiche verso l’Ue, si sono scambiati elogi reciproci e hanno condiviso una linea comune sul conflitto ucraino.
L’incontro segna il ritorno di Orban alla ribalta Usa dopo gli attriti con Joe Biden e arriva mentre il premier ungherese affronta elezioni difficili nel 2026, con l’economia del suo Paese vulnerabile a shock energetici.
Sintonie politiche
La sintonia tra Trump e Orban è emersa subito, essendo radicata in anni di alleanza su temi come l’immigrazione e il sovranismo.
Orban è del resto lo stesso leader che ha appoggiato The Donald, unico in Europa a farlo, sin dalla prima candidatura alla Casa Bianca del tycoon nel 2016.
Come riporta Reuters, il presidente Usa ha definito Orban un “grande leader” che “non ha sbagliato nulla sull’immigrazione”, prevedendo una sua facile rielezione nel 2026 e aggiungendo: “È rispettato da tutti, a me piace e lo rispetto il doppio”.
Orban ha risposto annunciando una “età dell’oro” nei rapporti bilaterali e criticando Biden per le sanzioni elevate contro l’Ungheria che erano “motivate politicamente”.
Trump ha elogiato la guida “corretta” dell’Ungheria, mentre la BBC sottolinea come Orban abbia usato l’incontro per rafforzare la sua immagine interna nel momento in cui si trova in difficoltà sul fronte elettorale.
Esenzione dalle sanzioni
Trump ha accordato all’Ungheria un’esenzione di un anno dalle sanzioni su Lukoil e Rosneft, permettendo il flusso continuo di greggio attraverso la pipeline Druzhba e del gas via TurkStream.
Con l’86% del petrolio e il 74% del gas provenienti da Mosca, e raffinerie su misura per il petrolio russo, Budapest evita così un collasso economico in assenza di alternative immediate via mare.
Come sottolineato da ambedue i leader, la decisione riconosce la geografia: “Non hanno mari né porti, è molto diverso per loro reperire energia altrove”, ha spiegato Trump, citato da Politico.
Orban, fermo oppositore delle sanzioni Ue sugli idrocarburi di Mosca, ha insistito che le pipeline sono “realtà fisica, non ideologia”, rimarcando che un’interruzione delle forniture dalla Russia causerebbe al suo Paese perdite superiori al 4% del Pil.
Convergenze sull’Ucraina
Sul fronte ucraino, i due leader hanno mostrato opinioni convergenti, in particolare sull’idea che la guerra si chiuderà con un accordo, non sul campo.
Come scrive la BBC, Trump ha detto che Mosca “non vuole fermarsi ancora, ma lo farà”, e ha chiesto a Orban: “Pensi che l’Ucraina possa vincere?”. La risposta del premier è stata: “Un miracolo può accadere”.
Orban ha affermato che solo Usa e Ungheria vogliono davvero la pace, mentre gli altri Paesi europei sbagliano credendo in un trionfo di Kiev, spiega l’Associated Press.
Trump ha rilanciato l’idea di un summit con Putin a Budapest, un’idea già accantonata per le forti divergenze ancora sussistenti tra Washington e Mosca, ma “c’è sempre una possibilità”, ha detto il tycoon secondo il New York Times.
Orban ha detto di restare contrario all’ingresso ucraino nell’Ue e nella Nato, per non “importare la guerra in Europa”.
Energia e difesa: gli accordi economici
L’intesa sugli aspetti energetici e militari è stata il cuore concreto del vertice.
Budapest acquisterà Gnl americano per 600 milioni di dollari complessivi, con contratti per 400 milioni di metri cubi annui per cinque anni, come precisa Bloomberg citando il Dipartimento di Stato Usa.
Questo flusso arriverà via terminali croati o polacchi, sfruttando rigassificatori già esistenti. Il prezzo è ancora in fase di negoziazione, ma il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha confermato l’impegno annuale.
In merito al nucleare, è stato firmato un memorandum che prevede la costruzione in Ungheria di dieci reattori modulari piccoli (SMR) con tecnologia statunitense, un progetto dal valore potenziale di 20 miliardi di dollari che potrebbe rivoluzionare il settore energetico del Paese, come riporta il Financial Times.
Orban ha annunciato che già la prossima settimana il Parlamento di Budapest modificherà la legge per autorizzare questi mini-reattori, mai usati prima in Ungheria.
Inoltre, è stato firmato un contratto da 114 milioni di dollari per il combustibile nucleare di Westinghouse, destinato alla centrale Paks: per la prima volta così gli Usa entrano nel ciclo del combustibile ungherese, anche se Budapest manterrà parte delle forniture russe per non dipendere da un solo partner.
Sul fronte della difesa, Orban ha annunciato che il suo Paese spenderà 700 milioni di dollari in armamenti Usa, nell’ambito di un accordo pensato per rafforzare la cooperazione in ambito Nato.







