In un giorno già fortunato di suo per il percorso positivo del piano di pace a Gaza di Trump e Netanyahu su cui la premier italiana Giorgia Meloni aveva scommesso, piuttosto che sulle piazze, il governo ha chiuso anche la vicenda giudiziaria dei ministri della Giustizia e dell’Interno, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e del sottosegretario Alfredo Mantovano, con la delega dei servizi segreti. Che il competente tribunale, quello appunto dei ministri, voleva processare per favoreggiamento del generale libico Almasri, arrestato in Italia per crimini contro l’umanità su ordine della Corte internazionale penale dell’Aja e rapidamente rimpatriato dopo la scarcerazione disposta doverosamente dalla stessa magistratura per una mancata, sostanziale convalida del ministro della Giustizia. Che è richiesta in questi casi dalla legge.
La Camera, accogliendo una proposta della competente giunta per le autorizzazioni, dove il relatore del Pd favorevole al processo era stato messo in minoranza e sostituito dal forzista Piero Pittalis, ha respinto la richiesta del tribunale dei ministri con tre votazioni, una per ciascuno dei tre esponenti del governo indagati. Il ministro della Giustizia Nordio e il sottosegretario Mantovano hanno raccolto a loro favore 251 voti, 256 il ministro dell’Interno Piantedosi, rispettivamente 9 e 14 più dei deputati della maggioranza partecipanti alle votazioni, col concorso quindi di alcuni delle opposizioni a scrutinio segreto: i cosiddetti “franchi tiratori”. Che hanno riconosciuto anch’essi, quindi, che gli indagati avevano agito “a tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico”, come prevede l’articolo 9 della legge costituzionale numero 1 del 1989 che disciplina il tribunale dei ministri. Interesse costituito, nel caso esaminato alla Camera, dalla minaccia in cui si trovavano, a causa delle condizioni in cui si trovava in Italia il generale Almasri, cittadini e aziende italiane in Libia. Dove erano a rischio anche i pur limitati controlli dell’emigrazione clandestina verso l’Italia via mare.
La Meloni ha tenuto ad essere presente e votante. E si è complimentata con i suoi ministri e il suo sottosegretario guadagnandosi le immancabili critiche e proteste degli oppositori. Ancora di più insorti poi, insieme con l’associazione nazionale dei magistrati, contro l’affondo del Guardasigilli contro il tribunale dei ministri. Che -ha dichiarato Nordio- ha fatto tale “strazio delle norme più elementari del diritto da stupirsi che non gli siano schizzati i codici dalle mani, ammesso che li abbiano consultati”. Parole tanto più significative se si considera la lunga esperienza di magistrato del ministro.