Non c’è solo la guerra commerciale con la Cina e con gli altri paesi del mondo ad aver comportato conseguenze negative per il mercato americano. Ora anche la legge di bilancio statunitense dell’amministrazione di Donald Trump, già approvata alla Camera, sta convincendo gli investitori istituzionali a lasciare il dollaro per guardare altrove.
LA CONTROVERSA LEGGE DI BILANCIO
Il “big, beautiful bill”, così definito dal presidente Usa Trump, dovrà passare dal Senato. Si preannuncia battaglia tra democratici e repubblicani, ma anche tra gli stessi repubblicani. Il Congressional Budget Office (Cbo), un ente del Congresso statunitense con il compito di analizzare l’impatto economico dei vari disegni di legge, ha stimato il costo del piano. Il debito pubblico americano potrebbe aumentare di 2.400 miliardi di dollari entro il 2034 se passasse questo testo.
Numeri enormi su cui si interrogano i repubblicani stessi. Anche Elon Musk, già consigliere di Trump e a capo del dipartimento per l’efficienza governativa, si è scagliato pesantemente contro la legge, e indirettamente contro Trump. In una sorprendente, ma non troppo giravolta. La Casa Bianca, però, ha definito la stima del Cbo “falsa”. “Affermare che si tratti di un disegno di legge che implicherà una spesa elevata è completamente falso”, ha affermato il direttore del bilancio della Casa Bianca Russ Vought.
L’ESPOSIZIONE AL MERCATO AMERICANO
Ad ogni modo, già solo la stima di un aumento del debito di queste dimensioni sta facendo scattare più di un allarme. Lo scetticismo di diversi operatori del settore finanziario è stato raccolto dal Financial Times. Secondo Seth Bernstein, ad di AllianceBernstein, un fondo che gestisce asset per 780 miliardi di dollari, è “insostenibile per gli Usa continuare a indebitarsi al ritmo attuale. Se a questo si aggiunge l’imprevedibilità della nostra politica commerciale, ciò dovrebbe indurre le persone a riflettere: quanto si vuole concentrare in un unico mercato?”.
Il problema principale, infatti, è per quegli investitori molto esposti sul mercato americano. Come, per esempio, la Caisse de dépôt et placement du Québec, il secondo fondo pensione in Canada, che ha attualmente il 40% del suo portafoglio in asset Usa. E infatti di recente ha annunciato di voler ridurre tale percentuale, aumentando gli investimenti in altri paesi, come il Regno Unito, la Francia e la Germania.
Howard Marks, co-fondatore di Oaktree Capital Management, società di investimenti con un capitale di 203 miliardi di dollari, al Financial Times è stato chiaro: “Gli Usa sono stati il miglior posto al mondo in cui investire per un secolo, ma comincio a sentire gli investitori chiedersi se l’eccezionalità statunitense sia un po’ meno eccezionale, e valutare se posizionare i propri portafogli di conseguenza”.
Anche se, secondo Reuters che cita uno studio di Jp Morgan, non è detto che gli investitori stranieri “detengano una quota eccessiva di attività statunitensi”, considerando che “rispetto al totale delle attività finanziarie delle famiglie nel resto del mondo, le allocazioni in attività Usa si attestano in genere intorno al 10-20%”.
LA PRESSIONE SUI TITOLI DI STATO
Nondimeno, il crescente debito statunitense e l’incertezza riguardo la guerra commerciale stanno “allontanando i gestori finanziari dall’asset ‘privo di rischi’ più importante al mondo: il titolo del Tesoro statunitense a 30 anni”, spiega Bloomberg. Il rendimento delle obbligazioni Usa a 30 anni, nel 2025, è stato inferiore alle aspettative. E, alcune società di investimento – scrive ancora Bloomberg – come DoubleLine Capital, Pimco e Tcw “stanno privilegiando scadenze più brevi che comportano un rischio di tasso di interesse inferiore ma offrono comunque un rendimento discreto”.
Secondo il Wall Street Journal, “gli investitori stranieri probabilmente non temono un default degli Stati Uniti o qualcosa di simile. Ma il premio che molti un tempo ricevevano per l’acquisto di debito statunitense, grazie ai tassi a lungo termine più elevati, è scomparso”. E quindi “spesso possono ottenere rendimenti migliori acquistando obbligazioni nei loro paesi”.
L’INTERESSE PER L’EUROPA
Con il dollaro in calo, vicino ai minimi degli ultimi tre anni, e la diffidenza degli investitori verso gli Usa, chi può sfruttare l’occasione è il mercato europeo. Come detto dal vicepresidente di Blackstone, Tom Nides, sottolineato dal Ft, “spostare denaro in Europa non è certo una cattiva scommessa. I governi sono relativamente stabili”.
“C’è più interesse per l’Europa”, secondo Joana Rocha Scaff, responsabile del private equity europeo della società di investimento di New York Neuberger Berman. “Non si tratta solo dei dazi. Il contesto macroeconomico europeo non è stato più favorevole di quello statunitense, ma è più stabile. Non sono sole le guerre commerciali, ma anche l’instabilità interna (negli Usa) e le proposte di legge fiscale che hanno un impatto sugli investitori non statunitensi”.