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Chip, il governo Usa entrerà in Intel?

L’amministrazione Trump sta valutando un ingresso diretto nel capitale di Intel per sostenere la produzione nazionale di chip avanzati, mostrando un crescente interventismo statale sulla scia della Cina. Fatti e commenti

 

L’amministrazione Trump è in trattative con Intel per un possibile intervento diretto del governo statunitense nell’azionariato del produttore di semiconduttori. L’obiettivo secondo quanto riportato da Bloomberg, sarebbe quello di rafforzare la filiera nazionale dei chip e sostenere la costruzione del nuovo polo produttivo dell’azienda in Ohio.

Fonti vicine al dossier, rimaste anonime a causa della riservatezza delle trattative, riferiscono che l’entità della partecipazione pubblica non è ancora stata definita. L’accordo potrebbe prevedere l’utilizzo di fondi federali, incluso il CHIPS Act, già impiegato per finanziare progetti di rilievo nel settore tecnologico.

IL CASO DELL’IMPIANTO IN OHIO E LA CRISI DI INTEL

Intel aveva annunciato l’intenzione di trasformare il sito in Ohio nel più grande impianto di produzione di chip al mondo, ma il progetto ha subito numerosi ritardi. A inizio anno, l’azienda ha posticipato l’espansione al prossimo decennio e, a luglio, ha comunicato ulteriori rallentamenti a causa di problemi finanziari.

Secondo Quartz, la capitalizzazione di mercato dell’azienda si è più che dimezzata dal 2020, scendendo a circa 104 miliardi di dollari.

IL SUPPORTO PUBBLICO COME “ANCORA DI SALVEZZA”

Analisti come David Nicholson (The Futurum Group) e Gil Luria (D.A. Davidson) ritengono che l’intervento del governo rappresenterebbe “un’ancora di salvezza” per Intel. Luria ha definito l’operazione “essenziale per la sicurezza nazionale”, sottolineando la necessità per gli Stati Uniti di ridurre la dipendenza tecnologica da aziende estere come la taiwanese TSMC e la coreana Samsung.

Intel rimane infatti una delle poche aziende americane capaci di produrre semiconduttori di fascia alta su scala industriale. La costruzione del sito in Ohio viene quindi considerata strategica per garantire la sovranità tecnologica nazionale.

“Alcuni penseranno che sia ingiusto sostenere Intel in questo modo, ma la maggior parte sarà d’accordo che è strategicamente vitale per gli Stati Uniti”, ha affermato Nicholson, aggiungendo che l’accordo segnerebbe una crescente “interconnessione” tra governo e imprese private negli Stati Uniti, seguendo una tendenza osservata in paesi come la Cina.

“Siamo tutti capitalisti. Non vogliamo che il governo intervenga e possieda imprese private, ma qui è in gioco la sicurezza nazionale”, gli ha fatto eco Luria. “Intel ha avuto molte opportunità, nel corso dei decenni, per fare le cose nel modo giusto, e non ci è riuscita. Quindi – ha concluso – dobbiamo intervenire. Il governo interverrà e darà a Intel vantaggi ingiusti, e se lo farà, vorrà anche una parte del business”.

IL RUOLO DEL CHIPS ACT E GLI INCENTIVI FEDERALI

L’azienda, rammenta Cnbc, ha già ricevuto 7,9 miliardi di dollari dal dipartimento del Commercio attraverso il CHIPS and Science Act, firmato dall’ex presidente Joe Biden nel 2022, oltre a 3 miliardi destinati al programma del Pentagono Secure Enclave. La nuova operazione, afferma Bloomberg, potrebbe includere ulteriori incentivi o garanzie di acquisto da parte dello Stato.

Quartz invece ricorda che, recentemente, l’amministrazione ha annunciato dazi del 100% sulle importazioni di semiconduttori, con un’eccezione significativa per le aziende che investono in progetti produttivi sul suolo americano, tra cui proprio Intel, che ha dichiarato investimenti per 100 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni.

L’INVERSIONE DOPO GLI ATTACCHI A TAN

La possibilità di un accordo arriva a pochi giorni da un post pubblicato dal presidente Donald Trump sui social, in cui chiedeva le dimissioni del Ceo Lip-Bu Tan, definendolo “altamente in conflitto” a causa di presunti legami con aziende cinesi. Tuttavia, lo stesso Tan, nominato solo a marzo 2025, ha incontrato Trump alla Casa Bianca all’inizio della scorsa settimana, e secondo alcune fonti citate da Bloomberg, proprio da quell’incontro sarebbero scaturite le basi dell’accordo in discussione.

Intel ha rifiutato di commentare direttamente, ma in una nota ha dichiarato di essere “profondamente impegnata a sostenere gli sforzi del presidente Trump per rafforzare la leadership tecnologica e manifatturiera degli Stati Uniti”.

UN MODELLO DI INTERVENTO NON ISOLATO

Stando a fonti interne all’amministrazione, l’intervento in Intel potrebbe ispirarsi a modelli già applicati. A luglio, il dipartimento della Difesa ha acquisito una partecipazione privilegiata da 400 milioni di dollari nella società MP Materials Corp., produttrice americana di terre rare. Inoltre, l’amministrazione ha negoziato un 15% di partecipazione sulle vendite di chip di Nvidia e AMD in Cina.

Questi interventi fanno parte di una strategia industriale più attiva da parte del governo federale, volta a sostenere “campioni nazionali” nei settori considerati critici per la sicurezza economica e militare degli Stati Uniti.

Geoffrey Gertz, esperto del Center for a New American Security, ha commentato a Bloomberg Television che “il governo sta adottando una politica industriale molto più diretta rispetto al passato”.

SCENARI POLITICI E GEOPOLITICI

La vicenda si inserisce in un contesto politico delicato. Trump ha vinto lo Stato dell’Ohio in tutte le elezioni presidenziali e i repubblicani hanno ottenuto un nuovo seggio al Senato nel 2024. Il vicepresidente JD Vance, ex senatore dell’Ohio, mantiene una forte influenza nella regione, che si configura come campo di battaglia elettorale in vista del 2026.

Secondo l’analista Raymond Woo di Kyoto University Innovation Capital, il governo potrebbe scegliere di non assumere una partecipazione di maggioranza, ma una quota sufficiente per esercitare influenza strategica su Intel. Tuttavia, Woo ha anche messo in guardia dai rischi di sostenere un’unica azienda, suggerendo che altre realtà americane nel settore dei chip potrebbero essere coinvolte o incentivate in futuro.

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