L’Unione Europea vuole accelerare i negoziati con gli Stati Uniti sulla guerra commerciale in atto, per trovare una soluzione ed evitare che le nuove minacce di Donald Trump diventino realtà. Il presidente degli Usa ha ipotizzato un aumento dei dazi contro le esportazioni dall’Ue del 50% visto lo stallo delle trattative. Una percentuale che avrebbe impatti enormi sull’economia europea, specie nei settori più esposti con gli States.
QUANTO È ESPOSTA L’UE CON GLI USA
Come sottolineato dal Financial Times, che cita una dirigente del think tank Conference Board, Maria Demertzis, un dazio del 50% sarebbe “insostenibile”, considerando che gli Usa sono il principale partner commerciale dell’Ue, destinazione di oltre il 20% delle sue esportazioni per un valore superiore a 530 miliardi di euro nel 2024. Tra cui soprattutto macchinari e veicoli (200 miliardi di euro), prodotti chimici (160 miliardi), alimenti e bevande (25 miliardi). Secondo la stessa Demertzis, se Trump adottasse tariffe del 50% sull’Ue, il Pil dell’Unione calerebbe dello 0,5%.
L’ALLARME DEL SETTORE FARMACEUTICO
L’anno scorso, i medicinali hanno rappresentato la prima voce delle esportazioni Ue verso gli Usa, con circa 80 miliardi di euro. È normale, quindi, che il settore sia “profondamente preoccupato” dalle tensioni commerciali in corso, come spiegato al Ft da Nathalie Moll, direttrice della European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations. Finora i prodotti farmaceutici sono stati esentati dai dazi, ma Trump si è lamentato che l’industria farmaceutica Usa sia in mano all’Irlanda e ad altri paesi, dove vengono prodotti molti dei farmaci indirizzati negli Stati Uniti. Quindi l’ipotesi di un loro coinvolgimento nella guerra commerciale c’è, e rischia di causare una carenza di farmaci sia negli Usa sia in Ue.
A poter fungere da deterrente, però, è “la presenza di legami produttivi attraverso imprese controllate negli Usa da quelle europee e in Europa da quelle americane”, come ricordava il Centro Studi Confindustria mesi fa. “Più del 70% dello stock di capitali investiti dalle imprese UE nei paesi extra-Ue è diretto alle imprese farmaceutiche americane”, si legge ancora nella nota del Centro studi.
I COSTI DEL SETTORE AEROSPAZIALE
Anche il settore dei trasporti aerei è in allarme. Molte industrie produttrici di velivoli, così come molte compagnie aeree, hanno annunciato un aumento dei costi per sopperire ai dazi del 10% che Trump ha deciso di imporre a quasi tutti i paesi del mondo. Tariffe che vedono sia Boeing sia Airbus particolarmente colpite. E che causano controversie legali ed economiche tra venditori e clienti. Come nel caso della diatriba tra Boeing e Ryanair su chi deve sostenere i costi maggiori e i ritardi legati alla consegna di nuovi velivoli a causa delle tariffe.
L’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA
A essere particolarmente preoccupata è anche l’industria dell’automotive. Non è ancora chiaro se la minaccia di Trump si realizzerà, e se il 50% sarà una soglia che si aggiungerà ai dazi già in vigore, al 25%. Ma di fatto, se dovessero superare il 25%, le esportazioni di auto negli Usa non sarebbero più redditizie per i produttori europei, spiega il Financial Times. A essere più colpiti, sottolinea il quotidiano britannico, sarebbero quelle case automobilistiche che non producono negli Usa o che esportano pesantemente oltreoceano, come Audi, Porsche, Volvo Cars e Mercedes-Benz.
Anche perché il settore auto è tra quelli – insieme sempre ai macchinari, ai prodotti chimici e agli altri mezzi di trasporto (come sottolineato ancora dal Centro Studi Confindustria) – dove il deficit commerciale degli Usa nei confronti dell’Ue è più forte. Nel 2024, l’Ue ha esportato negli Usa 757.654 nuovi veicoli per circa 38,9 miliardi di euro. Il tragitto inverso, invece, ha portato solo 169.152 macchine dagli Usa all’Ue per 7,8 miliardi di euro.
Al netto dei possibili aumenti dei dazi, il settore deve fare i conti con le tariffe già in vigore. A partire dagli Usa, dove secondo S&P Global, saranno vendute 1,2 milioni di auto in meno il prossimo anno rispetto alle previsioni iniziali. A riportarlo è sempre il Ft, in un altro articolo. Mentre per gli analisti di Bernstein, le case automobilistiche tedesche potrebbero dover affrontare costi maggiori tra i 2 e i 4 miliardi di dollari, se i dazi rimarranno in vigore tutto l’anno. Ma le stime sono difficili, considerando le minacce, gli annunci e i dietrofront della Casa Bianca. Tanto che ad aprile Mercedes-Benz, Porsche e Stellantis hanno dovuto ritirare le loro previsioni per tutto l’anno. Troppo complicato prevedere le conseguenze delle tensioni commerciali.
IL RISCHIO PER L’AGROALIMENTARE
Anche le esportazioni europee di cibo e bevande verso gli Usa potrebbero finire nel ‘gioco’ dei dazi. In totale valgono circa 25 miliardi di euro, ma hanno un carattere politico e simbolico più importante di altri settori. Basti pensare al parmigiano italiano, allo champagne francese e altri prodotti simili. Quindi potrebbero essere coinvolte nelle ritorsioni reciproche. Scenario che non si augura Dirk Jacobs, direttore di Food Drink Europe, tanto da chiedere una “de-escalation” per evitare danni ingenti. Ora bisognerà aspettare gli esiti delle negoziazioni tra le due sponde dell’Atlantico.