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Descalzi

Upstream. Dalla crisi alle opportunità: parla Claudio Descalzi

“Gli ultimi mesi sono stati contrassegnati da un susseguirsi concitato di misurazioni e analisi che potessero restituire la prospettiva di un futuro sostenibile all’industria petrolifera mondiale. “ L’incipit dell’articolo che Claudio Descalzi, AD di Eni, ha firmato per l’ultimo numero di Oil  la dice piuttosto lunga su quante e quali siano le sfide che nei…

“Gli ultimi mesi sono stati contrassegnati da un susseguirsi concitato di misurazioni e analisi che potessero restituire la prospettiva di un futuro sostenibile all’industria petrolifera mondiale. “

L’incipit dell’articolo che Claudio Descalzi, AD di Eni, ha firmato per l’ultimo numero di Oil  la dice piuttosto lunga su quante e quali siano le sfide che nei prossimi mesi si troverà davanti l’industria petrolifero. E di come si prepara ad affrontare tale sfido il colosso italiano fondato da Enrico Mattei.

C’è una parola che descrivere sinteticamente uno scenario caratterizzato dal deprezzamento del barile di petrolio e da una particolare instabilità geopolitica (che ha, per sua natura, riflessi all’interno delle organizzazioni dei paesi produttori): critica.

Anche Claudio Descalzi la usa, definendo la situazione “di profonda criticità”, ma chiarisce anche subito qual è l’atteggiamento con il quale Eni intende affrontare tali criticità: trasformarle in una opportunità “per una revisione approfondita del modello operativo che garantisca la fattibilità economica di un sistema produttivo sempre più composito e, di conseguenza, una crescita più stabile e a lungo termine”.

2015, prezzo del barile basso. Calano gli investimenti del settore Upstream

Il problema, come spiega bene Demosthenes Floros su Abo.net, sta nel prezzo del barile.

“In agosto il prezzo del greggio ha evidenziato una significativa volatilità” spiega Floros. In particolare, i prezzi del Brent e del WTI sono diminuiti fino al 24 agosto scorso, quando entrambe le varietà hanno raggiunto la loro quotazione minima dal 2009 – rispettivamente, 42,48 dollari al barile e 38,15 dollari al barile – probabilmente a causa del rallentamento dell’economia cinese e del crollo delle borse di Shanghai e di Shenzhen.

Successivamente, nel corso dell’ultima settimana di agosto, i prezzi del greggio hanno recuperato oltre 10 dollari al barile, a seguito della revisione al rialzo del PIL statunitense e della contrazione relativa all’output petrolifero USA. Infine, è interessante osservare la tendenza manifestatasi nel rapporto tra quotazione del dollaro e prezzo del barile: di solito, in caso di deprezzamento del dollaro, il prezzo del barile aumenta e viceversa; in agosto, i termini di questa regola elementare sono stati completamente invertiti. Proviamo a esaminare in profondità le cause di questa tendenza alla volatilità, confermatasi anche in settembre, partendo innanzitutto dai principali dati sull’energia.

In molti hanno tagliato gli investimenti nel triennio 2015/2017 per la ricerca di nuovi giacimenti. Complice il rallentamento della crescita in alcune zone del mondo come Cina e India, il prezzo basso del barile, e l’entrata di fonti di approvvigionamento non-convenzionali, come lo shale oil e lo shale gas, il quadro si è molto complicato per i protagonisti del mondo petrolifero. In questo Eni può vantare un vantaggio competitivo enorme, con la scoperta del mega giacimento di gas naturale egiziano di Zohr, la più grande scoperta fatta in Mediterraneo.

L’’Energy Information Administration, pubblicando a Marzo scorso i dati relativi agli investimenti della ricerca e dell’esplorazione nell’ambito petrolifero dell’ultimo trimestre dell’anno 2014 e le previsioni per il primo trimestre 2015, consegna una fotografia dello stato di saluto del settore Oil&Gas nel mondo. L’Energy Information Adm. ha registrato un calo del 12% degli investimenti delle 23 maggiori compagnie petrolifere del mondo rispetto all’ultimo trimestre del 2013. In termini numerici parliamo di un totale di 77 miliardi di dollari nel 2014, 10 miliardi in meno rispetto al 2013, spese in conto capitale che si traducono in minori investimenti per lo sviluppo di nuovi giacimenti. E’ importante notare che questo report si conclude con una previsione sull’abbassamento totale dei costi di attività dei servizi petroliferi, che da sempre sono il cuore dell’attività upstream.

Cogliere le opportunità

L’industria ha necessità di recuperare valore, e deve farlo anche rivedendo i propri costi ed i propri investimenti. Ma soprattutto impiegando innovazioni tecnologiche che siano in grado di rendere ancora più efficiente (e sostenibile) la valorizzazione delle risorse minerarie.

Descalzi la definisce una “revisione razionale degli investimenti”. A partire da una attenta riflessione sulle modalità operative.

 Spiega l’AD di Eni nel suo editoriale su Oil: “Le compagnie dovranno sempre più orientarsi verso un ripristino della semplicità operativa, concentrandosi su asset convenzionali e gestendo direttamente i progetti di sviluppo attraverso un rigoroso controllo di ogni fase del processo.

D’altro canto, anche i Paesi produttori dovranno inevitabilmente riconsiderare i propri modelli, rivedendo i contratti petroliferi in modo da allinearli alle condizioni attuali, riducendone rischi e costi.

Sarà essenziale, creare formule contrattuali competitive per rendere le opportunità di estrazione di greggio “convenzionale” economicamente interessanti, offrendo agli investitori una possibilità di capitalizzare i picchi di prezzo in condizioni flessibili, al fine di recuperare efficienza competitiva in un mercato sempre più volatile. Tutti, IOC, NOC e paesi produttori dovranno procedere a una revisione dei propri obiettivi per ottimizzare gli investimenti.

L’industria petrolifera ha bisogno, a questo punto, di proseguire verso una profonda riconfigurazione per ottenere maggiore flessibilità, linearità ed efficacia operativa, ottimizzando gli investimenti, la capacità produttiva e i ricavi, e affidandosi alla capacità di resilienza che da sempre la contraddistingue, per affrontare costruttivamente la vulnerabilità dei mercati e riguadagnare fiducia e competitività”.

In cosa si traduce la linea sposata da Eni? Ad esempio nella lettera che Eni ha firmato con altre 5 major europee, e che ha fatto molto scalpore.

All’inizio di giugno 2015, le sei major dell’industria petrolifera europea, BG Group plc, BP plc, Eni Spa, Royal Dutsch Shell plc, Statoil ASA e Total SA hanno inviato un appello ai governi di tutto il mondo e allo United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), in vista, a dicembre prossimo, della Conferenza mondiale sul clima.

La missiva è chiara: si chiedono sistemi di tariffazione standard relativi alle emissioni di carbonio in tutto il mondo ed, allo stesso tempo, si presenta il gas naturale come il mezzo più efficace per il taglio delle emissioni di CO2, nella produzione di energia elettrica da idrocarburi.

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