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Landini

Le verità di Zelensky che i pacifondai non vogliono ascoltare

Senza una vittoria dell’Ucraina sul campo, una trattativa potrebbe andare a buon fine soltanto con una resa all’aggressore. Zelensky lo sa; i "pacifisti" italiani sembrano ignorarlo. L'analisi di Giuliano Cazzola

 

Le persone sono portate ad interpretare gli eventi sulla base di ciò che corrisponde alle proprie aspettative. Così, se riavvolgiamo la moviola della cronaca relativa alla missione romana del presidente Zelensky, dobbiamo trarre delle conclusioni molto diverse dai commenti che avevano accompagnato la visita.

IL COLLOQUIO DI ZELENSKY CON IL PAPA

L’attenzione era concentrata sull’incontro tra il Pontefice e il leader ucraino che dava credito al progetto di mediazione del Vaticano nel conflitto, annunciato all’improvviso da Papa Francesco al rientro della visita apostolica in Ungheria. Tutte le parti in causa avevano dichiarato di non saperne nulla, ma era rimasta la convinzione che quell’iniziativa riservata fosse in corso. La presenza di Zelensky a Roma e l’incontro con Francesco venivano inseriti in un percorso di mediazione del Vaticano di cui il 13 maggio costituiva la prima tappa. Poi la brevità del colloquio e le dichiarazioni di Zelensky  (‘’Rispettiamo il Papa, è stato un onore essere ricevuti da Lui, ma non c’è bisogno di mediatori tra noi e l’aggressore”) e quelle dei suoi collaboratori nei giorni seguenti, hanno  svelato una diversa lettura dell’iniziativa pontificia da parte del governo di Kiev.

IL DISAPPUNTO DELL’UCRAINA PER LA LINEA DEL VATICANO

Già l’idea di una mediazione è vista con sospetto dagli ucraini, in quanto rivelerebbe una sorta di ‘’imparzialità’’ tra l’aggressore e l’aggredito. Ha scritto Mikhajlo Podoljak, autorevole consigliere di Zelensky: ‘’Il Vaticano riguarda principalmente la moralità. Quando chiami un aggressore con il nome di aggressore. Quando condanni duramente e direttamente i crimini di massa. Quando ti schieri apertamente dalla parte di un paese che viene ucciso e distrutto senza essere provocato. Quando difendi personalmente coloro che sono vittime incondizionate dell’aggressione russa. Quando il male, che è la Russia, si chiama il male. Solo così nasce – ha concluso Podoljak – Santa Giustizia. Perché non si tratta di una sorta di “mediazione a favore dell’aggressore”, ma di vera pace e di vera punizione del male’’.

Queste affermazioni evidenziano un disappunto nei confronti della linea di condotta della Santa Sede, e in particolare di Francesco, il quale continua la sua campagna contro le armi che – al di là di ogni buona intenzione – finisce per riguardare solo gli armamenti forniti all’Ucraina. Per inciso, Putin ha sostituito l’ambasciatore russo in Vaticano, una mossa che avrà certamente un significato, in considerazione dei buoni rapporti che il Pontefice intratteneva con quello precedente. Sembra di capire che Zelensky e il suo entourage non abbiano apprezzato l’iniziativa della Santa Sede, mettendola in collegamento con l’annunciata offensiva dell’esercito ucraino, come se l’intenzione di Francesco fosse quello di intervenire in tempo per fermarla, con un “cessate il fuoco” che sarebbe a vantaggio della Russia.

I “PACIFISTI” ITALIANI ATTACCANO LA RESISTENZA UCRAINA

Zelensky assapora l’idea della vittoria e pertanto non intende salvare la faccia a Putin, adesso che comincia a disporre di armamenti più sofisticati. Per questi motivi i putiniani di rincalzo di casa nostra hanno criticato il presidente ucraino accusandolo di aver respinto un’autorevole iniziativa per la pace. C’è da restare basiti di fronte alla determinazione con la quale i “pacifisti” con il deretano degli ucraini portano avanti la loro propaganda. Senza una vittoria dell’Ucraina sul campo – che consiste poi nel liberare il territorio invaso e occupato – una trattativa potrebbe andare a buon fine soltanto con una ‘’resa’’ all’aggressore (che peraltro non è stato in grado di conquistarla in battaglia).

LE VERITÀ DI ZELENSKY

Zelensky, nell’incontro con i direttori dei tg e delle principali testate, ha ricordato che Putin ‘’ogni giorno ci bombarda, mentre noi non bombardiamo lui: i nostri partner ce lo impediscono’’. Non solo in questo passaggio, il premier ospite ha messo in evidenza le riserve mentali presenti in occidente e in Italia.

Qualcuno gli ha chiesto se – nel caso della conquista della Crimea – il suo governo promuoverebbe un referendum. Chi pone una domanda siffatta ha una volpe nascosta sotto l’ascella perché evidentemente confiderebbe quella penisola come se fosse sottratta ai russi, tanto che gli ucraini dovrebbero chiedere il permesso per rientrare il casa loro. E Zelensky non se la è lasciata scappare e ha replicato: ‘’Voi fareste un referendum riservato al Sud Tirolo sull’uscita dall’Italia?’’.

Ma le considerazioni che dovrebbero indurci a qualche esame di coscienza sono altre. Zelensky nella conferenza stampa ha fatto notare ai nemici delle armi che ‘’senza le difese antiaeree procurate da Italia e Francia ci sarebbero state molte più vittime’’. Ovvero – ci pare di capire – che se quei sistemi di difesa fossero stati a disposizione  mesi prima, le vittime sarebbero state ancora di meno. E ha aggiunto che gli aiuti umanitari sono utili, ma che i medici che ne fanno parte curano le ferite prodotte dalle armi. E la via d’uscita – alla faccia dei Santoro, dei Capuozzo e degli ospiti dei talk show – ‘’verrà dal campo. Noi li ricacceremo indietro’’.

Sono parole che i nostri nonni hanno già sentito nel 1940. Quando tutta l’Europa continentale era sommersa dall’onda nera invincibile del nazismo e tutto sembrava finito, la riscossa partì dal discorso di un grande statista, Winston Churchill, alla Camera dei Comuni, nel giorno di un maggio lontano:  “We shall never surrender“. Non ci arrenderemo mai.

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