Più dell’estrema destra ora il mondo economico tedesco teme lo stallo, la paralisi nella formazione dei governi regionali nei Länder di Turingia e Sassonia, dove si è votato domenica scorsa. E guarda con apprensione a quello che potrebbe succedere fra tre settimane in Brandeburgo, quando si svolgerà la terza elezione di questa difficile ripresa politica autunnale. Inqueta anche la preoccupazione che i voti di questo mese siano solo un antipasto di quel che potrà accadere tra un anno, quando si voterà per le elezioni federali: la prospettiva di una sindrome francese, di un paese incagliato nell’instabilità politica tinge di tinte ancor più fosce un quadro ogni giorno più allarmato dalle notizie che arrivano dall’economia reale. Da ultimo, l’annuncio di Volkswagen di un piano di risanamento tanto ampio da mettere in gioco la produzione di almeno un grande stabilimento in Germania e di annullare il patto stipulato nel lontano 1994 con i sindacati, per congelare i licenziamenti fino al 2029.
I TIMORI PER UNA PROLUNGATA PARALISI POLITICA
Con lo sguardo ai due Länder travolti dal successo dell’estrema destra di AfD e del partito populista di sinistra Bsw, l’economista Monika Schnitzer, presidente del Consiglio tedesco degli esperti economici, l’organismo indipendente che consiglia il governo sui temi di politica economica e finanziaria, è allarmata dal vuoto di potere che potrebbe protrarsi a lungo: “A causa della situazione poco chiara della maggioranza, la formazione di un governo sarà difficile, in Turingia ancora più difficile che in Sassonia, e potrebbero volerci settimane o addirittura mesi”, ha detto.
Senza una maggioranza stabile non ci sono decisioni politiche e soprattutto non verrà approvato alcun bilancio statale. “Ciò significa che le imprese, le università, le istituzioni culturali e i cittadini non hanno alcuna sicurezza nella pianificazione delle proprie strategia”, ha aggiunto l’economista: “L’incertezza è un veleno, soprattutto per l’economia; le aziende ritarderanno o abbandoneranno completamente i piani di investimento, con effetti negativi sulla crescita. Occorre quindi fare rapidamente chiarezza su ciò che accadrà dopo, comprese le opzioni di un governo di minoranza o addirittura nuove elezioni”.
L’IW DI COLONIA CRITICA L’ASSISTENZIALISMO DEL GOVERNO SCHOLZ
Anche per gli economisti dell’Institut der deutschen Wirtschaft (Iw) di Colonia, think tank vicino agli imprenditori, i risultati elettorali in Sassonia e Turingia sono “un brutto segnale”. “Questo non può essere di buon auspicio per l’economia, perché essa ha bisogno di prevedibilità politica, stabilità istituzionale e condizioni quadro affidabili”, ha detto il direttore Michael Hüther.
Alzando lo sguardo dai due Stati federali orientali al governo nazionale, Hüther è convinto che anche la politica prudente e sostanzialmente statalista del governo di Berlino abbia influito sul voto regionale e quindi che anche lì le sfide debbano essere affrontate con decisione e maggiore coraggio: “Una cosa è chiara, una maggiore politica sociale non impedisce alla gente di votare per i partiti populisti”, afferma Hüther, “poiché i timori di declino e le esperienze di svalutazione hanno una grande influenza, ciò che è necessario è uno Stato che investa strategicamente piuttosto che uno Stato di welfare post-assistenza”.
FUEST (IFO), A RISCHIO INVESTIMENTI E MANODOPERA STRANIERA
Tuttavia, il mondo economico, alle prese con la carenza di manodopera e la necessità di reperirla all’estero, non può ignorare l’effetto boomerang prodotto dall’avanzata oltre il 30 per cento di un partito che fa della xenofobia uno dei suoi punti di forza. Un’estremizzazione di un sentimento peraltro largamente maggioritario nella popolazione, che percepisce l’insicurezza determinata da un’immigrazione più o meno legale da tempo sfuggita al controllo delle autorità e dalla mancata integrazione di una sua parte.
Ci riflette Clemens Fuest, presidente dell’Istituto Ifo di Monaco. “In generale si deve partire dal presupposto che ciò tende a scoraggiare i lavoratori con un background migratorio”, ha detto Fuest, “le aziende potrebbero quindi prendere in considerazione altri Länder federali, soprattutto quando effettuano nuovi investimenti con una sede flessibile”. Il pensiero va soprattutto alla Saxony Valley, il polo tecnologico sviluppatosi nei dintorni di Dresda, recentemente tornato alla ribalta per la posa della prima pietra della fabbrica di chip in joint ventur con il colosso taiwanese TSMC, ma anche a investimenti come quello di Intel in altri Länder della Germania orientale.
Il capo dell’Ifo ha espresso preoccupazione soprattutto per i servizi in un settore delicato come il sistema sanitario, nel quale già oggi sono impiegati moltissimi stranieri. E proprio a est la popolazione è più anziana e il bisogno di occupare posti vacanti più grande. “Le difficoltà nell’offerta potrebbero diventare più frequenti se, come in altri settori, anche in quello sanitario dovesse aumentare la carenza di manodopera”, ha aggiunto Fuest.
LO SPETTRO DI AfD SPAVENTA LE AZIENDE
Sulle conseguenze economiche e sociali del rafforzamento di AfD si focalizza anche l’attenzione di Marcel Fratzscher, direttore del Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung (Diw) di Berlino. “AfD è fautore di una politica economica estremamente neoliberista, del protezionismo e dell’isolamento dall’Europa”, ha dichiarato Fratzscher, “ed è sostenitore di una minore immigrazione di lavoratori qualificati e di una minore apertura e diversità”. A suo avviso è molto probabile che i risultati elettorali porteranno ad un esodo di aziende e lavoratori qualificati da entrambe le regioni. “Soprattutto i cittadini giovani, qualificati e altamente motivati lasceranno i due Länder e si recheranno in luoghi dove potranno sperimentare più apertura e apprezzamento”, ha detto l’economista, “e questo potrebbe comportare un aumento dei fallimenti e un esodo delle aziende”.
Opinione condivisa da un autorevole economista come Jens Südekum, professore alla Heinrich-Heine-Universität di Düsseldorf e in passato consigliere personale del ministro dell’Economia cristiano-democratico Peter Altmeier: “Nessun investitore internazionale e tanto meno nessuno specialista straniero si sentirebbe a suo agio in un Land dove AfD ha ottenuto il maggior numero di voti”, ha detto.
TRA MONDO ECONOMICO E AfD UNO SCONTRO DI LUNGO PERIODO
D’altronde fra economisti e imprenditori da un lato e candidati di AfD dall’altro gli scontri erano iniziati già durante la campagna elettorale. Il mondo economico, generalmente piuttosto restio a schierarsi prima delle elezioni, aveva aperto un insolito fronte polemico con il partito di estrema destra, criticando sia le linee protezionistiche di politica economica, sia i toni aggressivi contro gli immigrati. Proprio le regioni orientali, penalizzate dall’emorragia di giovani verso ovest mai interrottasi sin dagli anni Novanta, ha assoluto bisogno di manodopera straniera, sostengono economisti e imprenditori, ma il clima rancoroso che gli slogan e le azioni di AfD contribuiscono ad alimentare allontana anche la manodopera qualificata dall’estero.
Lo scontro non si è concluso con il voto. Se da un lato gli analisti continuano a temere per l’attrattività perduta dei Länder orientali, gli esponenti di AfD rimandano al mittente le critiche. Come ha fatto uno dei dirigenti del partito, Tino Chrupalla, che durante la conferenza post-voto a Berlino ha accusato i più alti prezzi dell’energia a est rispetto all’ovest tra i maggiori motivi di emigrazione delle imprese. Tema anche questo reale, se è vero che l’Agenzia federale delle reti e il ministero dell’Economia del verde Robert Habeck hanno annunciato, due giorni prima del voto, di voler correre ai ripari redistribuendo in maniera più equilibrata fra i Länder i canoni della rete elettrica. Tariffe che finora hanno penalizzato le regioni dell’est (e anche del nord), aree che generano molta più elettricità rinnovabile di quella che consumano, e che subiscono costi significativi per la conversione delle reti.