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Quali sono le vere volontà dei Volenterosi sull’Ucraina?

Dichiarazioni, ambizioni e mimetizzazioni dei Volenterosi. I Graffi di Damato.

È più virtuale che reale l’annuncio dato dal presidente francese Macron – dopo un summit a Parigi al quale ha partecipato anche il presidente ucraino Zelensky – di 26 paesi disponibili a garantire la sicurezza del paese aggredito più di tre anni e mezzo fa dalla Russia di Putin, che ancora ne occupa una parte e ne bombarda ferocemente altre, a cominciare dalla capitale Kiev. È un sostegno più del terzo tipo, come si diceva una volta degli incontri con gli extraterrestri, che di primo o secondo.

Intanto, sono garanzie condizionate al momento in cui sarà stata concordata almeno una sospensione del conflitto, se non la pace. E di questo non c’è certezza. O non ancora. In secondo luogo, ciascuno dei 26 potenziali o virtuali volenterosi, compresa l’Italia che si è fatta sentire a Parigi con la premier Giorgia Meloni collegata da Roma, parteciperà a modo suo al piano enfatico di protezione di cielo, di mare e di terra. L’Italia, in particolare, senza mandare truppe sul territorio, neppure gli sminatori – a quanto sembra – dei quali aveva parlato nei giorni scorsi il vice presidente forzista del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Gli italiani provvederanno a “monitoraggi” dell’eventuale tregua che per la loro natura elettronica potranno essere effettuati a distanza. O contribuiranno alla formazione militare degli ucraini senza inoltrarsi nei loro territori.

Oltre che agli incontri di terzo tipo già accennati, verrebbe voglia di paragonare l’impegno italiano sinora ipotizzato a favore dell’Ucraina ai servizi di ufficio quando c’era la leva militare. Servizi neanche con obbligo di divisa e di scarponi,

Già debole per le crisi di governo fra le quali si dibatte facendo finta di nulla, Macron esagererà in pose napoleoniche, contestategli a Mosca da Putin in persona e subordinati, a Roma da Matteo Salvini in libera uscita dal suo ufficio di vice presidente del Consiglio. Ma anche l’Italia rischia di esagerare nella mimetizzazione

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