Skip to content

occhiuto

Le lezioni nazionali della vittoria di Occhiuto in Calabria

Perché la schiacciante vittoria del centrodestra e di Occhiuto in Calabria ha molti significati nazionali. La nota di Sacchi.

La schiacciante vittoria del governatore azzurro candidato del centrodestra, Roberto Occhiuto, riconfermato con un distacco del 20 per cento rispetto al pentastellato Pasquale Tridico, padre del reddito di cittadinanza, ha un significato che va oltre la stessa Calabria.

A pochi giorni dalla deriva ideologica ed estremista delle piazze e dei blocchi della Cgil, della sinistra tutta per la tragedia di Gaza, strumentalizzata contro il governo di Giorgia Meloni, con cortei dove sono persino apparsi striscioni inneggianti al 7 ottobre (oggi ricorre il secondo anniversario del massacro da parte di Hamas di Israele), con il risultato calabrese entra in crisi la stessa formula del cosiddetto campo largo. E arriva un sonoro schiaffo all’uso politico della giustizia.

Occhiuto, raggiunto da un avviso di garanzia, si è dimesso per poi subito ricandidarsi per non consentire che sia la via giudiziaria – come è accaduto con Giovanni Toti in Liguria – a determinare le sorti della sua Calabria. Infatti, dice il governatore azzurro, al 58 per cento dei consensi fino a notte: “Non ha vinto chi voleva batterci per via giudiziaria”.

L’altra lezione è che si conferma la validità della formula dell’unità del centrodestra, stavolta trainato da Forza Italia al 18 per cento, accanto alla lista Occhiuto a oltre il 12 per cento.”È la conferma che si vince al centro, un posto lasciato scoperto dalla radicalizzazione della sinistra”, dice il segretario di FI Antonio Tajani.

Ma è anche la sconfitta bruciante dei “No a tutto”, dai “No Tav ai No Ponte”, afferma Matteo Salvini, leader di una Lega che in Calabria, profondo Sud, a Reggio tocca a sorpresa il record del 15 per cento e in tutta la regione va oltre il 9 per cento, solo due punti sotto FdI, a oltre l’11 per cento. Il premier, Giorgia Meloni, presidente di FdI, che ha trainato la vittoria nelle Marche di pochi giorni fa, osserva che “è stata premiata la coalizione con il buon governo” e dato uno stop ai “No a tutto”.

Occhiuto fa notare che “non siamo più la Calabria di 50 anni fa, dell’assistenzialismo”. Notevole il crollo dei Cinque Stelle al 6 per cento, proprio con il loro candidato Pasquale Tridico, ex presidente dell’Inps, considerato il padre del reddito di cittadinanza, bocciato dalla “scelta coraggiosa dei calabresi”, dice Matilde Siracusano, FI, sottosegretario ai rapporti con il parlamento. La sconfitta del campo largo “è secca”, riconosce il deputato calabrese del Pd Nico Stumpo.

Dalla celebre foto di Narni, con la quale per le Regionali in Umbria debuttò il campo largo su scala nazionale, sconfitto anche allora con uno stacco di quasi 20 punti della ex presidente leghista, dopo sessant’anni di governo rosso, Donatella Tesei, alla Calabria di Occhiuto oggi, è la formula stessa di una sinistra senza un vero centro ad essere entrata in crisi. È vero, in Umbria poi il centrosinistra è tornato a vincere l’anno scorso, ma forte è stato il vantaggio dato da certo tafazzismo locale del centrodestra, ai danni di Tesei e degli importanti risultati del suo governo. Ma il centrosinistra per il resto ha vinto, come a Genova, anche e soprattutto per effetto della via giudiziaria. L’ ex sindaco Marco Bucci, infatti, è stato costretto a interrompere il mandato per candidarsi, sollecitato dal centrodestra, alla guida della Regione Liguria rimasta senza Toti. E questo a causa di una vicenda giudiziaria, sull’onda della quale Elly Schlein, segretaria del Pd, Giuseppe Conte, leader dei Cinque Stelle, e Nicola Fratoianni con Angelo Bonelli di Avs andarono in piazza a Genova a chiedere le dimissioni del governatore. Una brutta pagina dell’uso politico della giustizia.

Il sindaco di Genova ora è Silvia Salis, centrista di sinistra, presentata da Matteo Renzi come una possibile futura leader nazionale moderata. Ma Salis ha nella sua maggioranza anche un consigliere Pd che tempo fa disse agli avversari: “Vi abbiamo già appesi una volta a testa in giù”. E sempre a Genova, proprio oggi 7 ottobre, si terrà un convegno con Francesca Albanese, che redarguì persino il sindaco di Reggio Emilia, dem, perché parlò di rilascio degli ostaggi israeliani e ha giudicato la senatrice a vita, Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah, “poco lucida sul genocidio di Gaza da parte di Israele”.

Salis si è sfilata dal convegno dell’Anpi. Ma queste restano le ombre che oggettivamente si riflettono anche sul piccolo centro del campo largo. La sinistra non è mai riuscita a vincere alle elezioni con un suo rappresentante, espressione del vecchio Pci-Pds-Ds poi Pd (con la sinistra Dc): ci è riuscita alle urne solo per due volte e per breve tempo con Romano Prodi, espressione del centro di sinistra e privo di un vero partito.

È un fatto che il centro con le sue concrete istanze sia andato nel centrodestra. E non solo in FI, ma anche nella Lega e in FdI. Se per centro si intendono non le formule politichesi ma le istanze del ceto medio e non solo, quelle della sicurezza, dello sviluppo economico, della crescita, dell’anti-giustizialismo, contro una giustizia che paralizza anche l’economia.

La sinistra fa i conti ancora una volta con la mancanza di una vera Bad Godesberg. Emblematico che Meloni discuta in questi giorni sul ruolo dell’Italia nel piano di pace di Trump in Medioriente, con Tony Blair. Che per il suo New Labour disse di essersi ispirato al nostro Bettino Craxi, combattuto ferocemente anche con l’arma dell’uso politico della giustizia come il principale nemico da una sinistra, passata di cosa in cosa, pur di non fare i conti con se stessa e la propria matrice illiberale. E i cui eredi sono rimasti ormai senza baricentro. Costretti a ricorrere anche all’esaltazione della “Flotilla”, perché privi di una vera, credibile proposta da fronte alternativo.

Torna su