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Cosa cambia (e cosa no) dopo la visita di Blinken in Cina

Dopo cinque anni, un segretario di stato americano ha varcato la soglia dei palazzi del potere di Pechino. Ma la visita di Blinken - nonostante l'incontro con il presidente Xi - non basterà a riportare alla normalità la relazione tra Stati Uniti e Cina. Ecco perché.

Dopo cinque anni di assenza dal suolo cinese, un segretario di stato Usa è finalmente tornato a varcare la soglia dei palazzi del potere di Pechino. Concepita per rammendare i rapporti con la superpotenza numero 2, la missione di Antony Blinken si è conclusa con un inaspettato colloquio con Xi Jinping, che ha fatto esultare da lontano il presidente Biden.

Ma per riportare la relazione bilaterale su binari di normalità e prevedibilità saranno necessari altri passi che Washington non è propensa a fare, specialmente sui fronti di Taiwan e del controllo delle tecnologie critiche su cui l’Amministrazione Biden ha costruito tutta la sua agenda. Ecco che cosa si sono detti Blinken, Xi, il Capo della diplomazia Wang Yi e il Ministro degli Esteri Qin Gang,

Blinken: missione compiuta

Ricevuto nel solenne contesto del grande Salone del Popolo, Blinken ha avuto con Xi quella che lo stesso Segretario di Stato ha definito in una successiva conferenza stampa una “robusta conversazione”.

“La relazione è a un punto di instabilità, e entrambe le parti hanno riconosciuto la necessità di lavorare per stabilizzarla”, ha dichiarato ai reporter Blinken facendo il punto sui risultati dei suoi incontri a Pechino, oltre che con Xi, con Wang Yi e il Ministro Qin,

Con questi meeting, ha sottolineato il capo del Dipartimento di Stato con affermazioni riportate da Reuters, Washington ha raggiunto gli obiettivi che si prefiggeva con questo viaggio. “Ma progredire è difficile”, ha ammesso Blinken, che non è riuscito a convincere i suoi interlocutori a ripristinare le linee di comunicazione dirette tra i vertici militari interrotte bruscamente dopo l’episodio del pallone spia cinese che a febbraio ha sorvolato i cieli americani.

Per stabilizzare la relazione, ha sottolineato Blinken, “ci vuole tempo. E non basta una sola visita, un solo viaggio, una sola conversazione. La mia speranza e la mia aspettativa è che avremo migliori scambi e migliori comunicazioni nel futuro”.

Sebbene gli Usa non nutrano “illusioni sulle sfide di questa relazione” e siamo consapevoli che ci sono “molti temi sui quali siamo profondamente e anche veementemente in disaccordo”, Blinken si è detto ottimista – riporta ancora Reuters –  in quanto “gli Stati Uniti hanno una lunga storia di gestione di successo di complicate relazioni attraverso la diplomazia”.

Come risultato tangibile di questi colloqui, riferisce Axios, Blinken porta a casa l’impegno del ministro degli esteri Qin a visitare gli Usa “al momento opportuno”. Non è chiaro tuttavia se siano fatti dei passi in avanti sulla definizione di una data per un colloquio telefonico, se non per un incontro in presenza, tra i due capi di stato, tra cui vige il silenzio dal lontano novembre 2022.

Tuttavia per l’America, che aveva un disperato bisogno di lanciare un segnale di distensione, il bilancio di questa visita è più che positiva, tanto da far esultare Biden nella lontana California: Blinken, ha affermato il presidente con parole riportate da Reuters, “ha fatto un ottimo lavoro. (…) Siamo ora sul giusto sentiero”.

La versione cinese

Anche Xi, stringendo per la prima volta la mano a Blinken, ha parlato, riporta Reuters, di “progresso” nelle relazioni tra Usa e Cina.

In quelle che i cinesi hanno definito, riferisce la Cnbc, discussioni “franche e in profondità”, il capo del Pcc ha auspicato che quelli compiuti da Blinken durante la sua visita possano rappresentare “positivi contributi per la stabilizzazione della relazione Usa – Cina”.

Durante il colloquio, Xi ha detto al suo interlocutore che Pechino “rispetta gli interessi Usa e non cerca di sfidarli o di sostituirli”. Allo stesso modo, ha però aggiunto il presidente, “gli Stati Uniti devono rispettare la Cina e non devono danneggiare i suoi legittimi diritti ed interessi”, frase in codice per riferirsi alle continue tensioni a Taiwan e nel Pacifico che hanno portato i rapporti tra i due Stati molto vicini al punto di non ritorno.

Pechino e Washington, ha aggiunto Xi, “possono superare varie difficoltà” in quella che lui spera possa divenire “una robusta e stabile relazione” bilaterale.

La strada per raggiungere questo obiettivo è chiara, aveva detto poco tempo prima il capo della diplomazia Wang a Blinken: rinunciare ad alimentare la “teoria della minaccia cinese” smettendola di introdurre e perseguire politiche mirate a contenere o arrestare lo sviluppo economico e tecnologico cinese. In poche parole, ha enfatizzato Wang secondo il comunicato rilasciato dal Ministero degli Esteri e riportato da Cnbc, se vogliono l’amicizia della Cina, gli USA non devono farsi più guidare da quella che il diplomatico ha definito una ”erronea percezione che porta a politiche sbagliate”.

Bilancio di una visita

Blinken fa ritorno a Washington con il bicchiere mezzo pieno. Non solo è riuscito a parlare a tu per tu con ambedue i massimi responsabili della politica estera cinese, ma è stato ricevuto addirittura dal capo dei capi, al quale ha potuto porgere personalmente il ramoscello d’ulivo portato da Washington.

Ma se l’obiettivo era ripristinare la normalità in una relazione fattasi oltremodo complicata e tesa, restano per strada alcun ostacoli, non ultimo, per usare le parole dello stesso Blinken, l’impossibilità di ristabilire “aperti canali di comunicazione per assicurare che la competizione non degeneri in conflitto”.

Ma a ciò potranno rimediare direttamente i due leader quando Xi, sbollita la rabbia per quelle che considera continue provocazioni da parte Usa, deciderà finalmente di alzare quella cornetta.

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