Abbiamo più di un motivo per nutrire speranza sul futuro delle democrazie sfidate frontalmente dal nuovo “asse del male” rappresentato dalle potenze revisioniste Cina, Russia e Iran. Uno di questi – il successo della missione lunare dell’India e il contestuale fallimento di quella russa – ci viene indicato dal Presidente della 4ª Commissione permanente (Politiche dell’Unione europea)del Senato Giulio Terzi di Sant’Agata (FdI), che in questa intervista a Start Magazine spiega il suo cauto ottimismo sull’esito della grande sfida anche tecnologica in corso tra il fronte globale delle democrazie e quello delle autocrazie.
Senatore Terzi, come mai l’Italia nel 2019 cadde in quella che lei su queste pagine definì la “follia” del Memorandum della Via della Seta? Fu solo un temporaneo sbandamento del governo Conte 1?
In realtà quella decisione aveva radici lontane, in quanto rimanda all’ottimismo cieco che l’Occidente nutriva fin dal tempo della globalizzazione degli anni Novanta e successivi. A fare da alfiere di quella stagione, ricorderete, fu la presidenza Usa di Bill Clinton. Fummo tutti vittima di una fiducia astratta nelle conseguenze ritenute positive degli scambi globali.
La famosa teoria secondo cui, se commerciano con noi, i regimi autoritari si convertono alla democrazia.
Proprio così, una teoria che si è rivelata totalmente falsa. L’idea era che la crescita economica determinasse l’emergere di classi medie borghesi che diventavano la forza dominante nel panorama politico e sociale di un Paese, innescando un processo pacifico di evoluzione politica. In alcune parti del mondo è in effetti andata così grazie all’attrazione esercitata dal modello della democrazia liberale. Ma in altri no.
Quando ci siamo svegliati da questo sogno illuminista?
Ci siamo svegliati quando è diventato chiaro che esistono potenze revisioniste che sfidano platealmente l’ordine internazionale costituito. E i nomi sono quelli arcinoti di Cina, Russia e Iran, potenze che sono apertamente ostili e coltivano il sogno di indebolire fino a distruggere le democrazie.
Quando e come si manifesta questa sfida?
Esiste una data precisa ed è il 2014, quando la Russia di Putin si annette la Crimea lasciando tutti di stucco. L’anno successivo la stessa Russia interviene in Siria al fianco deli iraniani e degli Hezbollah e cambia gli equilibri di quel conflitto. Quelli sono anche gli anni in cui Xi Jinping, salito al potere nel 2013, mostra il suo vero volto. Da allora si avvia quella parabola che vede la Cina diventare un attore sempre più minaccioso, che asservisce la sua potenza economica e tecnologica ai fini dello sviluppo della macchina militare.
Poi c’è l’Iran.
Altro attore spregiudicato. Vorrei ricordare l’ingenuità di quegli analisti occidentali che salutarono la presidenza di Rouhani come una promettente stagione di riforme. L’Iran invece non ha fatto altro che armare Hamas ed Hezbollah riuscendo così nel notevole risultato di saldare il terrorismo sunnita con quello sciita. L’Iran è quindi uno Stato che utilizza il terrorismo come forma di interferenza politica, come abbiamo visto sabato scorso in Israele.
Cina, Russia e Iran sono dunque nostri nemici.
Sicuramente sono dei duri e difficili antagonisti, e lo sono a maggior ragione perché sono alleati. La Cina in realtà formalmente mantiene una sorta di ambiguità, evitando di giocare a carte scoperte. Ma il suo sostegno alla Russia è sempre più chiaro: ricordo solo che, senza il consenso di Pechino, i container di armi che la Corea del Nord sta trasferendo in Russia non arriverebbero mai a destinazione. Kim Jong-un non muove una foglia che Pechino non veda. Lui è una sorta di cagnolino al guinzaglio. Quanto all’Iran, non possiamo dimenticare i droni che fornisce all’esercito di Mosca.
Dunque queste azioni spudorate ci hanno svegliato dal nostro torpore. Ma adesso stiamo reagendo. Gli Usa ad esempio hanno una loro strategia.
Varando misure come i bandi tecnologici, il Chips Act e l’Inflation Reduction Act, Washington si prefigge di preservare la propria supremazia tecnologica e il proprio considerevole distacco rispetto al rivale cinese, che si misura ad esempio con il parametro della miniaturizzazione dei microchip. Grazie poi ai cosiddetti Gafa, i colossi del digitale come Apple e Google, gli Usa sono ancora all’avanguardia in quella nuova frontiera definita da tecnologie chiave come l’intelligenza artificiale. Grazie a questi fattori gli Usa riescono ancora a reggere alla competizione cinese.
E l’Europa? Come si colloca in questa grande guerra?
Proprio in questi giorni la Commissione Ue ha cominciato a delineare una strategia per consolidare la tutela del perimetro della propria sicurezza nelle alte tecnologie. Sono previste in particolare forme di controllo all’esportazione e sostegni finanziari in quattro settori fondamentali: i microchip, l’intelligenza artificiale, le biotecnologie e il cloud computing. Sono questi gli obiettivi al centro del pacchetto su cui sta lavorando il Commissario Breton. E i passi attraverso cui si sta sostanziando la strategia del cosiddetto de-risking.
A proposito di de-risking, uno dei Paesi a cui l’Occidente guarda con interesse nell’ottica di ristrutturare le proprie catene produttive allontanandole dalla Cina è l’India. Ricordiamo quindi l’intesa tra il premier indiano modi e Giorgia Meloni allo scorso G20 di Dehli.
II caso dei marò scoppiato nel 2012 quando io ero ministro degli Esteri è ormai acqua passata. Da anni abbiamo avviato un percorso con l’India che questo governo ha consolidato grazie anche all’azione personale del Presidente del Consiglio. La visita di Meloni in India si è conclusa con un pieno successo simboleggiato dal documento sulla partnership strategica, che rappresenta un salto di qualità rispetto al precedente partenariato. L’India è la nuova startup country, e non dimentichiamo la grande impresa sulla luna compiuta quest’estate.
La sonda indiana è atterrata sulla superficie lunare, mentre quella russa no.
Il successo indiano e il fallimento russo rappresentano il miglior segnale che ce la possiamo fare.