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Macron

Vi spiego cosa succede all’economia cinese (e diffidate delle statistiche di Pechino). Parla Sapelli

Conversazione di Start Magazine con Giulio Sapelli sul rallentamento della crescita in Cina e sui problemi sociali di Pechino

 

Il basso incremento del Pil cinese non stupisce Giulio Sapelli. Anzi, è solo l’inizio. Della decadenza di Pechino.

Lo storico ed economista vede nelle scelte sbagliate del colosso asiatico in tema di politiche sociali il germe della crisi economica che porterà il Paese a diminuire il suo peso nell’asse geopolitico del mondo.

“La politica del figlio unico di sicuro non ha giovato” secondo Sapelli, come pure “la mancanza di libertà per i contadini, la scarsità dell’urbanizzazione e quella delle terre a disposizione per chi rimane in campagna”.

I DATI

Cosa sta succedendo alla Cina? Nel secondo trimestre dell’anno – questi gli ultimi numeri a disposizione – il Pil è aumentato del 6,2% a livello tendenziale, registrando il ritmo di progressione più basso dal 1992, quando è iniziata la pubblicazione dei dati trimestrali. In particolare, un campanello d’allarme arriva dal settore industriale, il cui tasso di crescita ha toccato il minimo degli ultimi sei trimestri arrivando al 5,6% su anno dal 6,1% dei primi tre mesi del 2019. Cifre che non hanno lasciato in silenzio il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha twittato: “La crescita del secondo trimestre in Cina è la più lenta in oltre 27 anni. I dazi statunitensi stanno avendo un grosso effetto sulle aziende, che vogliono lasciare la Cina”.

“I PROBLEMI SOCIALI BLOCCANO LO SVILUPPO”

Perché si è bloccato lo sviluppo del Dragone? Sapelli punta il dito contro “la scarsa urbanizzazione” del Paese nonostante abbia “raggiunto un sistema di lotta alla povertà e un aumento del mercato interno”. Ma è ancora poca cosa. “Le grandi città sono in larga parte non molto abitate perché i contadini tendono a stare in campagna il più possibile, nelle terre in affitto che viene rinnovato per 15 anni”, spiega, ricordando anche la pessima qualità della vita che attende chi fa il grande salto verso le città e la grande disparità di mezzi e di risorse che esiste rispetto alla piccola parte di popolazione ricca.

Spesso, i contadini non fanno altro che andare a ingrandire quelle sacche di emarginati e di poveri che vivono ai margini delle zone urbane e che evidenziano il forte gap esistente con gli alti strati della società.

La verità, aggiunge, è che quello cinese è “un sistema economico che non è passato dalla produzione delle infrastrutture alla creazione di un mercato interno di consumi evoluto”. Dunque, l’economia di Pechino “dipende dalle fibrillazioni del mercato internazionale”. E se sta soffrendo la Germania, il cui Pil – anche qui – è fortemente legato alle esportazioni, figurarsi la Cina.

“I DAZI DI TRUMP NON C’ENTRANO NULLA”

Guai invece a parlare di un rallentamento della crescita a causa dei dazi voluti dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che su Twitter ha evidenziato proprio questo nesso. “Non c’è nessun effetto causato dai dazi di Trump e mi fa specie che qualcuno possa affermare ciò. Lui lo dice per fini elettorali ma è una stupidità assoluta”. E’ noto infatti, chiarisce, che “occorrono alcuni anni perché certe misure abbiano effetto”.

“MA ALLE STATISTICHE CINESI NON SI PUO’ DAR CREDITO”

E comunque, visto che si stanno commentando statistiche prodotte da un Paese in cui le libertà civili e d’espressione latitano, ci si chiede se si possa dargli credito. “Assolutamente no come non potevamo farlo con quelle dell’Unione sovietica. Basti pensare – prosegue Sapelli – al fatto che non viene fornito alcun dato sull’invecchiamento demografico”.

“LE PREOCCUPAZIONI PER LA VIA DELLA SETA”

Sapelli sottolinea poi un altro elemento: “Cominciano ad emergere ora le preoccupazioni dei Paesi dell’area indo-pacifica e dell’Africa coinvolte nel progetto della Via della Seta” afferma. “In particolare si teme l’imperialismo da debito cinese e qualcuno sta cominciando a fare dei passi indietro”.

“TRUMP HA RAGIONE SU XI E TASSI”

Ci sono poi le ultime esternazioni di Trump, secondo cui Cina ed Europa sono tornate a “pompare denaro nei loro sistemi e ad abbassare i tassi” facendo così pressione sulla Federal Reserve perché riduca il costo del denaro. In particolare in Cina, ha detto, “i tassi sono al livello voluto dal presidente Xi” che “di fatto è presidente della sua Fed”. “Beh, Trump ha ragione – commenta Sapelli -. Questa situazione deriva dal fatto che lo yuan è stato reso convertibile, un gravissimo errore causato dalle pressioni dell’alta finanza”.

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