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Manifatturiero

Vi spiego cosa è successo davvero alla sinistra in Germania e Svezia

Ecco i risultati della sinistra in Germania e Svezia. Il corsivo dell'editorialista e saggista Lodovico Festa, blogger di Start Magazine

C’è qualcosa che non capisco bene nei commenti della stampa main stream al voto bavarese. In particolare non comprendo una certa esaltazione senza alcuna analisi del voto dei Verdi.

Facendo due conti grazie ai dati comparsi sui giornali tra il voto del 2013 e quello del 2018, noto che i socialdemocratici passano dal 20 al 9,5 per cento, i Verdi dal 9,5 al 18, scompaiono (almeno credo) i Piraten che avevano il 2, e la Linke passa dal 2,5 al 3.

Se questi sono i dati il risultato è che la sinistra perde circa 4,5 punti circa. Naturalmente dovrei disporre dei voti registrati come “altri” per un’analisi più accurata. Così dovrei sapere quanti voti ha preso AfD nel 2013 prima di arrivare all’11 per cento attuale.

C’è chi sottolinea il trend macroniano nel voto verde cioè l’assorbimento in quel partito/movimento di voti europeisti di giovani e ceti professionali. In generale il trend macroniano non funziona, però, come elemento di stabilità politica senza il meccanismo delle presidenziali francesi che impedisce a euro critici di destra e di sinistra di sommarsi.

In particolare si ha la sensazione che privilegiando una forza tendenzialmente macroniana (peraltro i Verdi hanno più principi e meno boria del presidente francese) la sinistra poi non riesca ad assorbire quella fetta di ceti popolari come invece fanno i vari Corbyn, Mélenchon, e come ha fatto Alexis Tsipras (e in parte Antònio Costa in Portogallo).

Ho molta ammirazione per chi è impegnato in un lavoro di propaganda, mi ricordo ancora di quei giornali di partito che nei momenti di serio arretramento nazionale titolavano: “Grande avanzata a Pioltello”. Mi dispiace però che non vi siano sedi dove ci si eserciti ancora in un qualche lavoro di riflessione oltre alle inevitabili scelte di schieramento.

Un altro caso nel quale sono rimasto deluso dalla mancanza di analisi è, per esempio, quello svedese. Leggendo le poche notizie apparse che sottolineavano la tenuta della sinistra e il non sfondamento della destra, credo di aver capito che nei collegi dove risiede la gran maggioranza degli immigrati extracomunitari naturalizzati svedesi in questi decenni (il 18 per cento della popolazione) la sinistra (socialdemocratici e formazioni più radicali) ha preso circa l’80 per cento, il che a occhio significherebbe che circa il 25 per cento dei suffragi per questo schieramento ha un segno per così dire etnico. Il che è senza dubbio comprensibile: se crescono atteggiamenti segnati da punte di xenofobia, la reazione è inevitabile. Però senza arrivare alle previsioni di Michelle Houllebecq sulla sottomissione della popolazione cristiana francese a quella musulmana, è evidente come in sé questa tendenza produca polarizzazioni pericolose.

Come diverse persone di questi tempi ho più domande che risposte; non credo però che le soluzioni me le forniranno tutti quelli che sono oggi accecati da una furia semplificatrice che non fa loro più vedere la realtà.

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