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Vi spiego come e perché la Francia in Libia sta silurando Sarraj (e l’Italia). Il commento di Mario Arpino

La tela tessuta da Macron e Le Drian in Libia ha dato un primo risultato: in questo round, l’affaire è al momento in mano francese, isolando l’Italia assieme a Sarraj ed ai Fratelli Musulmani. Il commento di Mario Arpino, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa

 

La Libia è ancora nel caos. Nessuna meraviglia, sta accadendo tutto ciò che era prevedibile e previsto a seguito di quell’infausta (e insolitamente rapida) decisione dell’Onu, che nel 2011 autorizzò l’uso della forza contro la Libia di Muhammar Gheddafi. Per “motivi umanitari”, era scritto nella risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Ora, otto anni dopo, il caos è la situazione normale dell’ex quarta sponda. La causa, si è detto sin dall’inizio, è che Francia, Inghilterra e, più tiepidamente e solo per un paio di giorni, gli Stati Uniti, avevano iniziato quell’operazione di bombardamento (conclusasi con l’assassinio fuori mandato del Raìs) senza aver pianificato il dopo.

Altri, invece, sostengono che, almeno da Parigi, il “dopo” era stato pianificato con fredda lucidità. Ovvero, ciò che oggi sta accadendo era, almeno per grandi linee, già compreso nei piani. Osservando criticamente il successivo comportamento dei cugini, l’ipotesi è tutt’altro che peregrina, anche se non vorremmo crederci e ancora speriamo che non sia vero. L’accordo del 2008 tra il presidente Berlusconi e il Raìs era estremamente favorevole all’Italia, e stabiliva anche per l’avvenire canali economici e di business privilegiati. La Francia di Sarkozy, che aveva tentato la stessa sfida, era ormai perdente e questo non poteva accettarlo. L’accordo andava boicottato a tutti i costi, ed i successori Hollande (un po’ meno) e Macron (molto di più) hanno seguito la stessa strada. La naturale destabilizzazione di un Paese tribale senza un vero capo non poteva non favorire il progetto.

D’altro canto, già ben prima del vertice di Palermo questo lo aveva capito anche il nostro nuovo governo, tanto che ne aveva accelerato la convocazione. Al presidente Conte era toccato l’arduo compito di riprendere in mano una situazione che ci stava già sfuggendo di mano. Il presidente Macron, ricordiamo, si era assai poco cortesemente defilato. Era presente in sua rappresentanza il ministro degli Esteri Le Drian, con il presunto incarico (visti i precedenti) di continuare a tessere la tela per affondare un eventuale risultato positivo e, con esso, il piano in tre punti (sicurezza, economia, processo politico) che sarebbe stato presentato dall’inviato speciale dell’Onu. E’ quello stesso ministro Le Drian che in questi giorni, nel quadro della riunione G-7 dei ministri degli Esteri, ha sottoscritto l’appello a tutte le parti contrapposte (compreso il protetto Haftar) di cessare l’uso delle armi per giungere ad un accordo pacifico. Doppio gioco? No, chiamiamolo vantaggio della diplomazia.

“Ma il Grande Cugino – allora avevamo osservato nel novembre scorso – non è né amico né nemico. Potrebbe forse essere classificato tra gli avversari poco leali, qualità che ha già dimostrato con discreto successo”. Ecco, in questi giorni la sua azione, iniziata con un sostegno di facciata alla soluzione dell’Onu concordata a Skhirat (Marocco) per un governo unitario di al-Sarraj e ora quasi conclusa, ma in senso opposto, con il supporto al generale Haftar, sta mostrando i suoi effetti. E allora, la stretta di mano tra i due personaggi libici, sigillata da un compiaciuto Conte? Solo un cadeau fotografico al nostro volonteroso presidente.

Di Palermo vorremmo poi ricordare la sibillina frase di Haftar: “Sosterrò il ruolo di al-Sarraj fino alle elezioni”. Sapeva che elezioni regolari non erano ancora possibili. Il percorso che, favorito dall’amico francese Macron e da quello egiziano al-Sisi, il generale Haftar aveva da tempo in mente era molto diverso da quello previsto dall’Italia e dall’inviato dell’Onu. Ora è a pochi passi dal portarlo a termine. Ma non è detto che voglia concludere subito, visto che ciò comporterebbe uno spargimento di sangue politicamente molto scorretto, pregiudizievole per il futuro. Emulando Quinto Fabio Massimo, è più probabile che si accampi attorno a Tripoli, in attesa. Perché dovrebbe rischiare di bruciarsi il futuro? Meglio lasciar cuocere a fuoco lento lo sventurato al-Sarraj, che prima o poi comunque cadrà. Ottimo se per mano altrui. Lo vedremo nei prossimi giorni.

Con il vertice (azzoppato) di Palermo il nostro governo aveva certo guadagnato punti a favore, ben sapendo che era come giocare una partita di risiko. Infatti, se in seguito tutti i buoni intenti fossero falliti, era già chiaro che difficilmente ci sarebbe stata per noi una seconda possibilità e l’affaire sarebbe passato di mano. Purtroppo è quello che è successo.

La tela tessuta da Macron e Le Drian ha dato un primo risultato: in questo round, l’affaire è al momento in mano francese, isolando l’Italia assieme a Sarraj ed ai Fratelli Musulmani, suoi sostenitori. I “laici”, per ora, sono tutti dalla parte opposta. Non sembra un paradosso?

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