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Giorgetti

Vi racconto le ultime mosse (fallimentari) di Conte

Che cosa succede fra Pd e Movimento 5 Stelle nonostante gli auspici di Conte?

 

Già in sofferenza quanto meno politica per il successo mediatico di Mario Draghi con un discorso di richiamo alla realtà che certo non giova al governo del debito “cattivo”, finalizzato più ai sussidi che alla crescita, Giuseppe Conte ha voluto curiosamente indebolirsi ulteriormente da solo con quell’”auspicio” che è stato in realtà un appello ai grillini e a Pd ad estendere la loro alleanza in periferia nelle elezioni regionali e comunali del 20 settembre.

Il modello sarebbe quello ligure, dove i due partiti hanno concordato la candidatura del giornalista del Fatto Quotidiano Ferruccio Sansa alla presidenza della regione, peraltro di assai improbabile successo nonostante il presidente del Consiglio si sia speso personalmente a sponsorizzarla recentemente incontrando a Genova l’interessato fra le proteste del governatore uscente Giovanni Toti, del centrodestra. Che ha contestato al presidente del Consiglio l’abuso di una cerimonia in memoria delle vittime del crollo del ponte Morandi.

Abituato alle acrobazie, pur raccomandando accordi anche locali a grillini e Pd Conte ha cercato di mettere il suo governo al riparo da sorprese negando il valore di un test alle elezioni settembrine. Di cui invece sarà assai difficile ch’egli eviti i contraccolpi, visto peraltro che la confusione nei due partiti va crescendo invece di ridursi per la sensazione da molti avvertita che a incontrarsi siano solo due crisi d’identità o “due trasformismi”, come li ha impietosamente definiti oggi Ernesto Galli della Loggia in un editoriale sul Corriere della Sera. Dove, dall’altra parte della prima pagina, a destra, campeggia la secchiata d’acqua del reggente grillino Vito Crimi a Conte con la resa alle forti resistenze pentastellate nelle Marche e nella Puglia dello stesso Conte all’intesa elettorale col partito di Zingaretti.

Anche Il Fatto Quotidiano ha avvertito il peso di questa botta al presidente del Consiglio pizzicando in apertura della prima pagine le “picche” dei 5 Stelle a Conte. Cui a questo punto rimane solo la soddisfazione dell’esperimento già citato e assai incerto della Liguria, del modestissimo e personalissimo accordo di Di Maio col Pd per fare eleggere sindaco della sua Pomigliano d’Arco il professore di papirologia Gianluca Del Mastro, sfuggito chissà a quale delle tante nomine sponsorizzate e gestite nel sottogoverno in questi anni dall’ex capo del movimento ed ora ministro degli Esteri, e dell’operazione Sassari. Dove il Pd erede della Dc di Antonio Segni e Francesco Cossiga, e del Pci di Enrico Berlinguer, ha rinunciato a sostenere un proprio candidato al Senato per eleggere – sempre il 20 settembre – un altro grillino al posto della senatrice defunta a 5 stelle Vittoria Bogo Deledda.

La partita elettorale di settembre va complicandosi per Conte anche sul versante referendario, dove pure si è speso per sostenere la conferma della riforma costituzionale che riduce i seggi della Camera da 630 a 400 e quelli del Senato da 315 a 200. Oggi campeggia la scelta del no sulle prime pagine di Repubblica, con la firma del direttore Maurizio Molinari, e del quotidiano orgogliosamente comunista manifesto. Persino sul Fatto Quotidiano, per quanto contrastato dal direttore in persona, è comparso un sì in testa alla colonna degli editoriali. Neppure la demagogia anti-casta, con un taglio fine a stesso, fuori dal contesto di una riforma organica che garantisca davvero un migliore funzionamento delle Camere, riesce giustamente a tirare più di tanto.

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