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Giorgetti

Vi racconto le ultime guerre di carta su Quirinale e Berlusconi

Zampillano sui quotidiani riffe sulla corsa al Quirinale e contrapposti appelli su Berlusconi...

Per il Quirinale siamo ormai arrivati al “borsino”, come quello di Antonio Polito pubblicato oggi sul Corriere della Sera. Nei piani alti della politica, diciamo così, si continua invece a recitare la vecchia commedia della educata o reticente attesa della formale convocazione delle Camere in seduta congiunta per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, se davvero sarà nuovo.

Polito si è attenuto ad una regola prudenziale, volendo rimanere nella logica di una corsa tranquilla al Quirinale, per l’elezione di un candidato a larga maggioranza, e non di una “corrida” per fare prevalere dal quarto scrutinio in poi l’aspirante capace di raccogliere “solo” la maggioranza assoluta, e quindi ancora qualificata, dell’assemblea composta -ricordiamolo- anche di una cinquantina di delegati regionali.

Ebbene, chi ha le maggiori possibilità- valutate attorno all’80 per cento- di raccogliere una maggioranza più larga, evitando la crisi di governo appena prospettata o minacciata dal segretario del Pd Enrico Letta – è Mario Draghi per l’analista del Corriere. Che ha abbastanza esperienza professionale per non essere scambiato per un visionario.

Seguono, sempre nel borsino, il senatore ed ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini col 65 per cento, l’ex presidente del Consiglio e attuale vice presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato col 55 per cento, l’ex presidente della Corte Costituzionale e attuale ministra della Giustizia Marta Cartabia col 50 per cento, Silvio Berlusconi e l’ex guardasigilli Paola Severino col 35 per cento.

Una rielezione implicitamente a termine di Mattarella non è stata presa neppure in considerazione da Polito per la perdurante indisponibilità dell’interessato, almeno a parole, o per messaggi più o meno cifrati, a questa ipotesi che continua invece ad essere coltivata nei palazzi della politica, come già accadde con successo nel 2013 per Giorgio Napolitano. Una mezza ipotesi di elezione a termine è stata invece prospettata da Polito per Giuliano Amato a causa dei suoi 83 anni, che lo renderebbero evidentemente vulnerabile, diciamo così. Pensò così nel 1978 la buonanima del democristiano Flaminio Piccoli anche del socialista Sandro Pertini, eletto a 82 anni ma felicemente rimasto in carica per i sette anni del mandato, aspirando addirittura alla rielezione alla veneranda età di quasi 90 anni.

Quel 35 per cento forse già troppo ottimisticamente attribuito a Berlusconi non è bastato a rasserenare gli avversari più irriducibili dell’ex presidente del Consiglio. Contro la cui elezione a maggioranza “soltanto” assoluta, con una convergenza fra centrodestra, renziani e misti, si è mobilitato con una petizione già firmata da quarantamila persone il sempre più terrorizzato Marco Travaglio. Che oggi sul Fatto Quotidiano se l’è presa anche con l’”amor suo” – direbbero al Foglio – Giuseppe Conte per non avere ancora detto chiaramente no a Berlusconi in quanto “vecchio puttaniere pregiudicato e finanziatore della mafia”.

Per par condicio, diciamo così, confortato anche dal “volgare e offensivo” dato a Travaglio dall’ex presidente della Camera Luciano Violante, di un cui voto a Berlusconi dubiterei anche se lo vedessi, il quotidiano Libero diretto da Alessandro Sallusti ha promosso un’altra petizione per dire “NO a chi vuole rubarci il Quirinale”. Berlusconi ha probabilmente gradito.

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