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Giorgetti

Vi racconto le ultime furbizie di Conte. I Graffi di Damato

Come il premier Conte cerca di sfruttare a suo beneficio politico per restare a Palazzo Chigi l'emergenza Coronavirus. I Graffi di Damato

Per favore, se non l’avete già fatto o se siete ancora tentati di farlo leggendo i giornali e assistendo al chiacchiericcio televisivo, smettetela o rinunciate a dare dello sprovveduto a Giuseppe Conte, in maglione o in mono o doppiopetto che sia, con o senza pochette, perché il professore s’intenderà poco di affari sanitari e malattie, per quanti sforzi facciano medici, virologi e quant’altri di aprirgli gli occhi, ma in politica si è fatto furbissimo. Giù il cappello davanti a questo docente universitario e avvocato sceso dalle cinque stelle di Beppe Grillo fuori stagione, nella primavera di due anni fa, per sedersi a Palazzo Chigi e rimanervi anche cambiando alleati.

Sottoposto anche al fuoco mediatico da Coronavirus, questa volta al maiuscolo per le dimensioni che ha ormai assunto nei confini di un’Italia pronta a cambiare nome per chiamarsi Codogna, o Codognìa, come preferite, dal paese lombardo nel cui ospedale pare sia accaduto di tutto, anche l’irruzione della solita squadra inviata dalla Procura locale per prelevare carte e quant’altro nel pieno di una emergenza da infezione; sottoposto, dicevo, al fuoco mediatico da Coronavirus, il presidente del Consiglio si è fatto concavo e convesso secondo le circostanze. Altro che il Silvio Berlusconi di tempi passati.

Volete il “governissimo”?, ha chiesto il professore alle opposizioni, o almeno a quelle che lo reclamavano più o meno ad alta voce. E, fingendo di non capire che le invocazioni nascevano soprattutto o solo per liberarsi di lui a Palazzo Chigi, ha provato ad immaginarselo e persino a rappresentarlo promuovendo una riunione di ministri e capigruppo parlamentari di maggioranza e di opposizione per fare il punto della situazione, raccogliere proposte, formularne di sue e tentare di abbozzare un provvedimento da far camminare speditamente nelle Camere.

Non si è riusciti a fare una foto di gruppo perché, con quella distanza di almeno un metro l’uno dall’altro dettato da ragioni di sicurezza sanitaria, non c’era fotografo e macchina capaci di riuscire nell’impresa. Ci siamo pertanto dovuti accontentare di una foto scattata prima dell’incontro a Conte e a pochi altri ministri o simili.

A riunione plenaria finalmente cominciata, durante la quale qualcuno è uscito ed entrato per brevi incursioni in piazza Colonna davanti alle telecamere e ai microfoni del salotto di turno in attesa spasmodica di notizie, le cose sono andate avanti per le lunghe, anzi lunghissime, senza approdare ad un risultato degno di questo nome. D’altronde, quali accordi si sarebbero mai potuti sottoscrivere a un metro di distanza l’uno dall’altro invitato, e senza neppure potersi dare prima la mano, potendosi al massimo concedere ogni coppia “una stretta di piede”, come ha scritto Massimo Gramellini prendendo il caffè mattutino con i lettori del Corriere della Sera?

Così è sfumata fra le mani e le narici del presidente del Consiglio – diavolo di un professore-  il famoso “governissimo” da cui si sentiva, a torto o a ragione, minacciato. Vedrete che il coronavirus, questa volta al minuscolo, di quelli che vanno in giro portati da chissà chi e da dove, si terrà ben lontano da Conte avendo capito che non c’è partita neppure per un verme come lui.

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