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Le ultime frontiere dell’evoluzione umana (e alimentare)

La Nota Diplomatica di James Hansen

Stando all’apice dell’evoluzione umana — almeno dal nostro punto di vista — è comprensibile supporre che il processo evolutivo, se non giunto alla fase finale, stia almeno rallentando. Sarebbe anche logico. Se regge il concetto alla base del darwinismo — l’evoluzione per selezione naturale, la “sopravvivenza del più forte” — allora il fatto che il progresso permetta ormai la riproduzione anche a tanti dei meno forti dovrebbe limitare il fenomeno. Ci sono però chiare indicazioni che l’evoluzione stia piuttosto accelerando— e di molto. L’analisi del DNA e del genoma umano permette di misurare il suo passo con precisione e anche di vedere in linea di massima dove stiamo andando.

Nei paesi meno sviluppati le popolazioni proseguono ad evolvere protezioni “darwiniane” contro le malattie come la febbre di Lassa e la malaria, trasmettendo l’accresciuta resistenza alla prole. Gli esseri umani si adattano inoltre — e con una velocità sorprendente — ai loro ambienti, come nel caso delle mutazioni parallele nelle popolazioni del Tibet, dell’Etiopia e delle Ande sudamericane che, favorendo l’ossigenazione del sangue, permettono di vivere e prosperare nell’aria rarefatta d’alta quota—un processo iniziato appena tremila anni fa nel caso del Tibet.

L’evoluzione veloce prosegue anche rispetto alla dieta. Tra gli Inuit—gli eschimesi— la direzione evolutiva recente favorisce ulteriormente il consumo della carne grassa che è alla base della dieta dei popoli dell’Artico, costretti dall’ambiente a una vita da carnivori. Una fortissima tendenza evolutiva in Asia invece sta donando ai cinesi—notoriamente intolleranti al lattosio—la capacità di produrre la lattasi, un enzima necessario per la digestione del latte da adulti. Oltre l’80 percento degli europei digerisce il latte senza difficoltà, ma nell’Asia Orientale l’intolleranza al lattosio è stata finora la norma. In compenso, è più comune tra i cinesi il corredo genetico che permette di metabolizzare in fretta gli effetti dell’alcool—un’altra mutazione relativamente recente.

Secondo uno studio dei cambiamenti genetici nelle famiglie americane durante il 20° secolo, l’evoluzione potrebbe perfino star agendo sulla capacità di consumare il fast food: sono state identificate selezioni genetiche che favoriscono la riduzione sia della pressione sanguigna sia del colesterolo — entrambi forti fattori di rischio nella moderna dieta Usa. Le analisi confermano che l’evoluzione procede, e anche “al galoppo”, ma non spiegano come ciò sia possibile di fronte alla riduzione di quella pressione “naturale” che uccideva i meno forti salvando i riproduttori più sani, né tantomeno l’accelerazione temporale nel processo evolutivo che è ora possibile tracciare.

L’ipotesi che va per la maggiore è che tutto ciò sia possibile proprio perché il progresso sanitario ed economico ha ridotto il “rischio Darwin”, lasciando spazio ad altri meccanismi evolutivi. La crescita della popolazione permetterebbe la disseminazione di mutazioni che in un “pool” genetico più ristretto non riuscirebbero a radicarsi. L’età più avanzata dei genitori potrebbe incidere: i padri più vecchi sono più soggetti alle mutazioni cellulari nella produzione della sperma. Indipendentemente dalle cause precise, quello che è chiaro è che anche nell’evoluzione la storia non sia finita e non finisce.

 

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