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Vi racconto le ultime fibrillazioni (non solo tv) fra Mattarella e Salvini

I Graffi di Damato

 

Per quanti sforzi abbia fatto per nasconderlo, l’imbarazzo del presidente della Repubblica si è avvertito nel messaggio televisivo di auguri di buon anno alle “concittadine” e ai “concittadini” italiani. Ai quali, per esempio, il capo dello Stato non ha potuto proporre o solo abbozzare un consuntivo dell’anno che stava finendo, tanto deve essergli apparsa ingrata l’impresa, limitandosi perciò, e dichiaratamente, a “qualche considerazione”. La più importante e significativa delle quali mi è apparsa quella sulla “domanda di sicurezza” così baldanzosamente cavalcata dal pur innominato vice presidente leghista del Consiglio e ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Quest’ultimo, fra tutti i membri del governo e leader politici, si è sicuramente rivelato il più ostico nel rapporto col presidente della Repubblica, pur avendo evitato di partecipare, durante il passaggio più controverso e drammatico della crisi della primavera scorsa, al tentativo del grillino Luigi Di Maio di mettere sotto accusa per tradimento della Costituzione il capo dello Stato.

Mattarella, come si ricorderà, aveva appena rifiutato la nomina di Paolo Savona a ministro dell’Economia e provocato la rinuncia di Giuseppe Conte all’incarico di presidente del Consiglio. Che fu poi ripreso per i capelli con un curioso e inedito rimpastino di governo prima ancora della sua nascita, tradottosi nello spostamento di Savona, nella lista di Conte, al Ministero per gli affari europei e nel ricorso all’’esordiente Giovanni Tria per il superdicastero unificato di quelli che una volta erano il Tesoro, le Finanze e il Bilancio.

Solo a Salvini, peraltro neppure sfiorato da un incarico di presidente del Consiglio dopo le elezioni del 4 marzo 2018, pur avendo lui conseguito nelle urne il sorpasso del partito di Silvio Berlusconi e quindi la leadership della coalizione di centrodestra, votata ben più del Movimento delle cinque stelle, il capo dello Stato ha riservato l’obiettivo handicap politico della pubblicazione di un suo provvedimento qualificante, come quello sulla sicurezza in tema di immigrazione e altro, con una lettera di accompagnamento a dir poco preoccupata. In cui si sottolineava la necessità, evidentemente non garantita compiutamente dal testo della legge, di rispettare tutte le garanzie costituzionali.

Sempre a Salvini il capo dello Stato ha riservato un intervento a gamba più o meno tesa sul governo per rimuovere il primo dei blocchi estivi dei soccorsi e degli sbarchi degli immigrati. E poi inflitto una specie di anticamera quando il leader leghista cercò di coinvolgerlo nello scontro esploso fra la Lega e i magistrati di Genova per una cinquantina di milioni di euro contestati di finanziamento pubblico.

Ebbene, nel suo messaggio di Capodanno il capo dello Stato ha voluto ricordare a Salvini – ripeto, pur senza nominarlo – che la “domanda di sicurezza” gestita con tanta forza mediatica e politica dal Viminale e dal suo titolare va intesa ben oltre i confini e le competenze di quel dicastero. Sicurezza è anche garantire il lavoro, il rispetto di tutti e la solidarietà, evitando per esempio “la tassa sulla bontà” introdotta nella legge di bilancio con l’aumento dell’Ires sugli enti e sulle associazioni di volontariato, operanti peraltro anche nel campo dell’immigrazione: un aumento da cui il governo, sommerso dalle proteste, ha promesso di retrocedere in un secondo momento per non ritardarne intanto, e curiosamente, l’applicazione.

Veniamo così al testo sofferto della legge di bilancio approvata con procedure inedite, pur nel contesto di precedenti discutibili, che sono stati quindi battuti clamorosamente. Ebbene, anche se il disagio del Quirinale trapelato nei giorni e nelle settimane precedenti ha alla fine prodotto il classico topolino, con una promulgazione del bilancio fulminante rispetto al già brevissimo percorso del famoso maxi-emendamento di riscrittura del documento originario già votato una volta a Montecitorio, Mattarella ha parlato di una “grande compressione” dell’esame parlamentare, aggravata forse dalla “mancanza di un opportuno confronto con i corpi sociali”, cioè con i sindacati. Dev’essere apparsa, questa ammissione del capo dello Stato, più che una denuncia una salomonica chiusura del caso, almeno a quanti -e non solo fra le opposizioni parlamentari- si aspettavano parole e toni diversi dal presidente della Repubblica.

Mattarella potrà tuttavia rifarsi di questa prestazione forse inferiore alle attese garantendo almeno quella che lui stesso ha chiamato, all’unisono peraltro con certi moniti già giunti da Bruxelles, “un’attenta verifica del provvedimento” di bilancio. Che dovrà tradursi a breve in altri provvedimenti di applicazione, per esempio, delle controverse e costose conquiste vantate dai due partiti di governo: rispettivamente, il cosiddetto reddito di cittadinanza e l’anticipo dell’età pensionabile fissata dal governo Monti con la legge Fornero.

Sarebbe davvero troppo se Mattarella dovesse rimanere alla finestra nel caso in cui i percorsi parlamentari di questi provvedimenti dovessero essere analoghi, per forzature, ricorsi alla fiducia e quant’altro, a quello tollerato col bilancio per il superiore interesse invocato, a torto o a ragione, di evitare il cosiddetto esercizio provvisorio.

Comunque, per quanto si possa essere rimasti delusi dalla sostanziale archiviazione della “grande compressione” del Parlamento, il messaggio augurale di Mattarella agli italiani rispetto a quello che ha voluto contrapporgli, a dorso nudo e volto quasi mascherato, Beppe Grillo nell’esercizio non si sa se più di fondatore, garante, elevato e quant’altro del suo movimento ora al governo, o di comico. Che si nuove, parla e pensa in funzione – come ha detto – più secoli che degli anni riservati a noi modesti mortali: anni che, essendo ciascuno una centesima parte dell’unità di tempo di Grillo, possono essere trattati come una pallina al tennis Di Maio o un pallone al calcio. Se la saranno goduta, ad ascoltare l’amico e selezionatore, nel loro improvvisato rifugio di fine anno in Trentino, i ritrovati Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, contemporaneamente antagonisti e partecipi dell’avventura pentastellata in Italia.

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