Per avere un’idea di come l’impatto della politica col fenomeno dell’immigrazione abbia capovolto, terremotato e quant’altro i vecchi schemi pratici e persino ideologici basta guardare oggi la prima pagina di Repubblica: un quotidiano, non più il primo ma pur sempre fra i più diffusi in Italia fondato da Eugenio Scalfari su posizioni decisamente e orgogliosamente laiche. Quei cattolici messi vistosamente “a un bivio” e invitati a scegliere non fra “il Papa o Salvini”, ma di fatto il Papa contro Salvini e la sua politica, vera o immaginaria che sia, visti i risultati, dei porti chiusi alle navi del volontariato internazionale. Che raccolgono gente in mare nelle acque libiche con l’ormai dichiarato o orgoglioso proposito di sbarcarli solo in Italia, sfidando tutto e tutti.
I laici una volta propendevano per lo Stato, non per il Vaticano, per il governo di turno e non per il Papa, anche lui di turno. E avevano una certa difficoltà ad accettarne l’appoggio o gli appelli anche quando coincidevano con gli obiettivi politici dei propri partiti. Ricordo, per esempio, il disagio che avvertirono molti sostenitori del centrosinistra quando le riserve, le preclusioni e i moniti della Chiesa pacelliana furono superati dalle aperture della Chiesa di Giovanni XXIII, alla quale i laici temettero che chissà quali prezzi si sarebbero dovuti pagare per quel cambiamento: per esempio, in tema di politica dell’istruzione. E fu proprio sul finanziamento alla scuola privata che scoppiò, con un incidente parlamentare, la crisi del primo governo di Aldo Moro a partecipazione socialista, nell’estate del 1964: quella del “rumore di sciabole” annotato da Pietro Nenni nei suoi diari.
Ora, con o per i migranti, allo scopo di accoglierne il più possibile, o respingerne il meno possibile, la sinistra laica scommette direttamente su Papa Francesco, sulle sue sortite, sulle sue raccomandazioni. E lo incita ad intervenire sempre più di frequente, senza lasciarsi trattenere dalla fede ostentata dall’odiato Salvini baciando croci e medagliette, e ostentando rosari nei comizi.
Si punta sul Papa, ma anche sull’esplosione della maggioranza gialloverde, in particolare sulla rivolta dei grillini contro i leghisti, magari anche per effetto di qualche passo falso del ministro dell’Interno, come quello compiuto attaccando più o meno direttamente la ministra pentastellata della Difesa, Elisabetta Trenta, per le resistenze, vere o presunte, della Marina Militare alle direttive del Viminale ogni volta che una nave delle cosiddette organizzazioni non governative punta sui porti italiani.
“Lite M5S-Lega”, ha titolato in prima pagina, fra gli altri, Il Mattino. Ma poi uno va a leggere la cronaca e scopre che a litigare con Salvini, attaccandolo direttamente, è stato un pentastellato non proprio di rango, sia pure sottosegretario agli Esteri: Manlio Di Stefano. Che di solito quando parla finisce per creare più problemi al suo partito che agli altri.
Più attendibile, sui grillini e dintorni, è certamente Il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio, che parla in effetti in un titolo di prima pagina di una “guerra” pentastellata, ma esplosa al loro interno: non contro Salvini ma contro il capo del movimento, e vice presidente del Consiglio, Luigi Di Maio. Il quale – ha riferito il giornale di Travaglio nel sommarietto del titolo di prima pagina – “durante l’assemblea con gli attivisti a Milano attacca l’ex deputato romano (Alessandro Di Battista): “Mi incazzo se chi non era con me per la campagna per le elezioni europee ora va in giro a presentare libri”. Stoccata – prosegue il giornale di Travaglio – anche al presidente della Camera: “Basta con questa nostalgia, non possiamo rinchiuderci tra puri”, evidentemente -aggiungo io- anche in tema di immigrazione, porti aperti e via discorrendo.
A Salvini si è rivolta direttamente in una intervista al Corriere della Sera la ministra della Difesa Trenta certamente per ribadire di non avere gradito le critiche rivoltele il giorno prima dal ministro dell’Interno, e per rinfacciandogli non a torto la responsabilità della cessazione della missione europea Sophia nelle acque del Mediterraneo, che garantiva più sorveglianza e prevenzione nella lotta agli scafisti, ma anche per rassicurarlo sulla disponibilità e capacità della Marina Militare di fornirgli aiuto, al netto degli errori che spesso compie anche lui nella gestione dei singoli casi. La ministra ha riferito, fra l’altro, di una riunione svoltasi sabato sera nel dicastero della Difesa per predisporre “misure di sorveglianza speciale contro i trafficanti nei pressi delle coste italiane”.
Magari, la ministra Trenta condividerà anche ciò che un giornalista esperto del ramo come Domenico Quirico ha scritto oggi sulla Stampa a proposito della strumentalizzazione dei confini, e della loro difesa, che fanno, oltre a Salvini, anche le navi del volontariato. Le quali – ha osservato Quirico – non saprebbero di che vivere e vantarsi se i confini davvero non ci fossero. “Ai migranti – ha scritto con arguzia l’inviato della Stampa – verrebbe da suggerire (se non fosse istigazione alla immigrazione clandestina): evitate, per carità, le flotte piratesche delle Ong, quando vedete la loro bandiera allontanatevi a vele spiegate, remando. Imbarcarvi con loro significherà guai certi. Con il vostro barchino o gommone sgonfio arriverete a Lampedusa, sbarcherete senza telecamere e senza chiasso. E’ fatta”.
E’ difficile dare torto, francamente, a Quirico dopo tutto quello che si è visto, per esempio, tra il molo di Lampedusa e il tribunale di Agrigento.