Era già stato oggetto non molto tempo fa durante un’ altra informativa sul Medioriente alla Camera di accuse al limite dell’insulto e sfottò da parte delle opposizioni di un campo sempre più largo di estremismi. Che aveva già insultato Matteo Salvini su Gaza come leader “con le mani sporche di sangue”. Ma ieri l’attacco ad Antonio Tajani, che condivide del resto con il premier Giorgia Meloni, l’altro vicepremier Salvini, il trattamento da rissa da parte di una sinistra senza vere controproposte e visioni alternative, ha superato il limite. E il ministro degli Esteri, vicepremier, leader di Forza Italia, ha reagito duramente all’assalto dei Cinque Stelle che, con la senatrice Alessandra Maiorino, lo hanno accusato addirittura di essere un “influencer, prezzolato del governo di Israele”.
Tajani per un attimo ha abbandonato l’aplomb della buona borghesia dalla quale proviene, i modi rigorosi e corretti, fino ad apparire talvolta un po’ rigidi, insegnatigli dal padre ufficiale dell’Esercito, dalla madre insegnante di Latino e Greco. E sono andati in scena la rabbia e l’orgoglio dell’ex ragazzo del Liceo Tasso che fu costretto a cambiare la scuola perché già allora era additato dai gruppetti di estrema sinistra come “fascista” perché era di simpatie monarchiche. E soprattutto è andato in scena l’orgoglio di avere nel pantheon dei suoi antenati uno dei primi magistrati anti-mafia, Diego Tajani, senatore del Regno, avvocato che difese i superstiti della Spedizione di Sapri. Cosa che l’ex allievo di Indro Montanelli a “Il Giornale”, primo portavoce nel 1994 di Silvio Berlusconi, ex presidente del Parlamento Europeo e ex commissario Ue, oltre che vicepresidente del Ppe, ricordò nel luglio di due anni fa quando accolse con una punta di commozione il testimone del Cavaliere, scomparso da poco, alla guida del partito, chiedendo però di essere chiamato per statuto segretario, perché, disse, “ci sarà sempre un solo presidente”.
Ecco, Tajani ieri dopo quelle accuse intervenendo alla Camera alla pentastellata Majorino, che lo aveva definito “come uno degli influencer prezzolati dal governo israeliano per coprire la verità”, ha risposto a muso duro. Ha contrattaccato: “È un’ accusa infamante. Il termine ‘prezzolato’ significa essere corrotto da uno Stato estero per compiere atti contrari al mio dovere di ministro e questo è inaccettabile. Indicare al pubblico ludibrio il ministro degli Esteri con un’accusa falsa è una grave vergogna. Ed io difendo il mio onore di uomo e di ministro della Repubblica”.
Tajani ha chiesto l’intervento del leader M5S Giuseppe Conte, affinché “prenda le distanze”. Nel suo intervento aveva ribadito che riconoscere lo Stato di Palestina “senza prima creare le condizioni per la sua nascita” non avrebbe alcun effetto “se non quello di allontanare la pace”. E aveva aggiunto che “il Governo italiano sta aiutando il popolo palestinese con i fatti e con le azioni concrete”, ricordando, tra l’altro, le cure prestate in Italia a numerosi bambini provenienti da Gaza. Un discorso accompagnato anche da critiche al premier israeliano Netanyahu, perché “la carneficina di Gaza deve finire”, e in cui ha annunciato che il governo “è pronto a valutare, non appena verranno presentate in Consiglio, le ulteriori nuove proposte di sanzioni preannunciate dalla presidente della Commissione Europea von der Leyen”.
Parole che Maiorino ha liquidato come “favolette”. A intervenire immediatamente in difesa del capo della Farnesina è stata la presidente di turno dell’aula, l’azzura Licia Ronzulli, che ha redarguito la senatrice pentastellata: “Usi un linguaggio adeguato”. Secca la replica di Maiorino: “Il mio linguaggio è perfetto, non ho insultato nessuno, influencer non è un insulto”. Ronzulli, però, ha sottolineato: “Lei ha usato il termine ‘prezzolato’ che vuol dire pagato”, invitandola ad assumersi “la responsabilità” di quanto detto, qualora Tajani decidesse di “adire le vie legali”. Immediate le reazioni della maggioranza: Maurizio Gasparri (capogruppo FI al Senato) ha parlato di “linguaggio miserevole e irresponsabile”, ricordando che le parole arrivano “il giorno dopo in cui è stato ucciso negli Stati Uniti proprio un influencer”, riferendosi all’attivista amico di Trump Charlie Kirk freddato durante un comizio.
Solidarietà a Tajani anche dai capigruppo di FdI, Galeazzo Bignami e Lucio Malan, che hanno definito le accuse “offensive e infamanti” e ribadito la necessità di mantenere nelle aule parlamentari “rispetto, responsabilità e condanna di ogni forma di violenza o diffamazione”. Solidarietà anche da Azione di Carlo Calenda per le accuse “grottesche” arrivate dagli “amici di Putin e Maduro”. Mentre Tajani lasciava Palazzo Madama per recarsi alla Camera, il presidente del Senato Ignazio La Russa ha convocato d’urgenza la conferenza dei capigruppo. Dopo un’ora di confronto, ha richiamato tutti a un linguaggio rispettoso. E, intanto, la segretaria del Pd Elly Schlein ha accusato anche ieri il ministro degli Esteri di “ipocrisia”su Israele. La soluzione quale è? La Flottilla di Greta? L’aula ancora risuonava della rabbia e l’orgoglio del coriaceo Tajani che contrariamente a un altro improvvido game over, dopo quello su Berlusconi, decretato da Matteo Renzi, ha fatto sopravvivere FI con più del quadruplo dei consensi di Iv. Tajani da giovane portavoce del primo Berlusconi premier non degnò neppure di uno sguardo nel dicembre del 1994 una cronista di estrema sinistra che nell’ascensore che riportava dalla tribuna stampa in Transatlantico proprio appena dopo le dimissioni di Berlusconi da premier disse: “Fascisti, carogne tornate nelle fogne”. Proprio una fissa l’accusa di fascismo a tutti quelli che non la pensano come certa sinistra, tornata a un estremismo che un tempo il vecchio Pci la definiva in modo sprezzante “da gruppettari”. Una pagina non bella quella di ieri in parlamento e proprio il giorno dopo la tragedia in Usa.