Un qualche compromesso si era raggiunto nei giorni scorsi, con un primo successo politico delle Regioni, che da lunedì potranno disporre la riapertura di negozi, bar, ristoranti. Tutto questo – però – sulla base di linee guida nazionali e differenziazioni territoriali in base all’andamento dei contagi. Con la possibilità per il governo, se necessario, di ridecidere alcune chiusure. Da parte di Roma, quindi, una dose eccessiva di furbizia: con la riserva mentale di rivendicare meriti se le cose andranno bene, e di colpevolizzare le Regioni se invece andranno male.
Ora il punto riguarda proprio le regole, il “come”. Se ci si dovesse attenere alle linee guida elaborate dall’Inail e dall’Istituto superiore di sanità, i ristoranti, le spiagge e i negozi di barbiere e parrucchiere dovrebbero trasformarsi in una via di mezzo tra una sala operatoria e una capsula spaziale.
Per i ristoranti (documento di 15 pagine) sono richiesti: non meno di 4 metri quadrati di spazio per ciascun cliente (come se ogni trattoria fosse un campo di aviazione), pagamento elettronico, e per il personale obbligo (oltre alla mascherina chirurgica) anche di guanti in nitrile, nonostante – secondo molti chef e ristoratori – un rischio igienico più elevato rispetto a un frequente lavaggio delle mani.
Per gli stabilimenti balneari (documento di 18 pagine) si prevede: prenotazione obbligatoria, pagamento elettronico, prevenzione dell’affollamento attraverso non meglio precisate “tecnologie innovative”, 5 metri di distanza tra le file di ombrelloni, 4,5 tra un ombrellone e l’altro, 2 metri tra ciascun lettino e l’altro, chiusura delle piscine interne, e più igienizzazioni dell’attrezzatura nella stessa giornata. Tutte cose – a partire dalle distanze – perfino fisicamente incompatibili con le dimensioni di spiagge e stabilimenti.
Per i negozi di parrucchiere, barbiere e altri trattamenti estetici (documento di 16 pagine) si impongono: mascherina chirurgica per il personale, distanza di 2 metri tra le postazioni, prenotazione obbligatoria, pagamento elettronico, sacchetto da fornire al cliente per metterci i suoi effetti personali, mantelle-grembiuli-asciugamani monouso, conversazione con il cliente attraverso lo specchio (gli “esperti” hanno scritto proprio così!)
In conclusione, si può osservare che forse il punto da mettere in discussione è proprio la pretesa pubblica di regolare tutto con norme eccessivamente di dettaglio: metodo che rischia di non funzionare, rendendo la vita più complicata agli italiani. Sarebbe meglio attenersi a indicazioni generali di prudenza, raccomandare mascherine e cautela, ma senza pretendere di normare ogni singolo gesto di imprenditori e clienti.
(estratto di un articolo di Daniele Capezzone pubblicato su La Verità)