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Extraterrestri

Vi racconto le convulsioni morali degli Stati Uniti

Gli Stati Uniti fra cronaca, storia e politologia. La Nota diplomatica di James Hansen

I cicli piacciono. Sembrano dare un senso a eventi che, lì per lì, paiono incomprensibili. Danno anche speranza, dimostrando in qualche modo che “anche questo passerà”. La storia americana per esempio — almeno nell’interpretazione di un famoso ed estremamente influente politologo di Harvard, Samuel Huntington — parrebbe caratterizzata da cicli di “convulsioni morali” che ricorrono all’incirca ogni sessant’anni. Scrivendo all’inizio degli anni Ottanta, lo studioso ne ha identificati quattro: il periodo rivoluzionario negli anni tra 1760 e 1770, la “rivolta Jacksoniana” (1820-30), l’era “Progressista” che iniziò verso la fine del 19° secolo e, nel 20° secolo, le massicce proteste sociali e la rivolta studentesca tra gli anni Sessanta e Settanta. Huntington ha barato un po’ con le date per far tornare i conti — ci mancherebbe altro, la storia non è una scienza precisa — ma l’importante è che nel 1981 fece una previsione: la prossima “convulsione americana” sarebbe arrivata nella seconda o terza decade del 21° secolo. Cioè, ora.

Visto col senno di poi, l’attuale convulsione “huntingtoniana” potrebbe avere cominciato a prendere forma con l’emergere delle forze sociali e politiche che hanno proiettato il molto improbabile Donald Trump alla Casa Bianca e spezzato la consolidata convivenza politica tra parti blandamente “di sinistra” e “di destra”—in termini americani—risalente agli stravolgimenti degli anni Sessanta: i movimenti contro la Guerra nel Vietnam e la segregazione razziale, lo “sdoganamento” del divorzio e dell’aborto, la rivoluzione sessuale, il boom della marijuana, della “controcultura” e di molte altre cose nuove.

I cicli perlopiù si vedono solo dopo, quando cerchiamo di capire cos’è già successo, ma la confluenza storica di una crisi economica e di un’altra sanitaria con ondate di indigestione finanziaria, tecnologica, mediatica, sociale e perfino dietetica — e ora certamente politica — è perlomeno suggestiva, e non abbiamo nemmeno citato Black Lives Matter…

Se Huntington aveva ragione — è morto nel 2008 — l’eventuale decisione su chi sia il nuovo Presidente degli Stati Uniti non risolverà granché. Siamo solo all’inizio di una nuova e preoccupante corsa sulle montagne russe dell’evoluzione americana. I nodi che stanno venendo al pettine negli Stati Uniti sono tanti e in brutale contrasto tra loro. Che non si sappia assolutamente che pesci pigliare è evidente nella curiosa—e tardiva—scoperta del “Socialismo” in salsa americana, partita dalla sorprendente, seppur breve, popolarità del politico Bernie Sanders qualche anno fa e sfociata nella creazione di una sorta di prima “corrente” esplicitamente socialista all’interno del Partito Democratico. È promossa da quattro deputate — Alexandra Ocasio-Cortez (New York), Ilhan Omar (Minnesota), Ayanna Pressley (Massachusetts) e Rashida Tlaib (Michigan) — tutte più o meno giovani, più o meno di colore, un po’ “etniche” e dalle idee per ora abbastanza confuse. Se sono rose, fioriranno.

Per il momento, più che rose ricordano i semi d’avocado messi a “far radici” in un vaso d’acqua sul davanzale di un dormitorio universitario — poi germogliano e non si sa cosa farsene. Forse il terriccio americano, come dimostrano i risultati elettorali inaspettatamente forti ottenuti da Donald Trump, non è ancora pronto per certe piante delicate…

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