skip to Main Content

Israele Vaccinazione

Vi racconto le armi di Israele contro la pandemia. Parla l’ambasciatore Eydar

Che cosa è emerso dal webinar "L'esempio di Israele nel piano di vaccinazione" organizzato dall'associazione Ricostruire di Stefano Parisi con l'ambasciatore di Israele in Italia, Dror Eydar

 

Lo stato di Israele è il più avanzato nella vaccinazione della sua popolazione. I dati al 16 febbraio 2021 parlano di 6.281.910 israeliani che hanno ricevuto almeno una dose di vaccino, il 72,58%, e ben 2.457.430 israeliani sono stati vaccinati con entrambe le dosi di vaccino. Percentuali che rendono Israele un unicum al mondo. Del resto è già da qualche tempo il ministero della Sanità israeliana ha siglato un accordo con la Pfizer per il quale il Paese è stato trasformato nel più grande laboratorio al mondo sul vaccino anti Covid-19, un global state model che vale oro per le case farmaceutiche. 

L’associazione Ricostruire, che ha presentato un piano strategico per superare l’emergenza Covid 19 e rilanciare l’economia, ha organizzato una tavola rotonda sulle in streaming con l’ambasciatore di Israele in Italia, Dror Eydar, Arnon Shahar, responsabile della task force anti-Covid del Maccabi Healthcare Services, e il presidente di Ricostruire, Stefano Parisi. 

La strategia di Israele 

Essere una piccola democrazia, circondata da regimi autoritari non amici, deve essere uno stimolo costante alla conservazione. Forse è questa una delle ragioni per le quali Israele sta lavorando per essere il primo Paese al mondo a portare il suo popolo fuori dall’incubo del Covid-19.  “Abbiamo una regola antica, presente nel Talmud, e in altre fonti della nostra tradizioni, che dice che tutti i figli di Israele sono garanti l’uno dell’altro”, ha sottolineato l’ambasciatore Dror Eydar. Israele è forse la terra che meglio di ogni altra riesce a coniugare un forte ancoraggio alle proprie tradizioni con uno sguardo verso il futuro e l’innovazione. “Ieri il primo ministro Netanyau ha reso noto di aver avuto un colloquio con Moderna per creare uno stabilimento per la produzione di vaccini in Israele – ha aggiunto l’ambasciatore israeliano -. Un altro colloquio lo ha avuto con Pfizer per creare un centro di ricerca e sviluppo in Israele. Questi accordi rientrano nell’ambito delle predisposizioni per i prossimi anni, quelli in cui dovremo continuare tenere sotto controllo il virus fino a quando l’epidemia non si sarà completamente estinta”.

Le casse malattie e la digitalizzazione della sanità

Israele dispone di una capillare rete di fornitori di servizi sanitari, le casse malattie, diffuse in ogni quartiere delle città israeliane. Questi presidi sanitari si sono rivelati fondamentali nella lotta all’epidemia e alla somministrazione delle cure e dei vaccini. Un’altra eccellenza israeliana è la digitalizzazione del sistema sanitario. “Abbiamo proposto questi sistemi anche in Italia – aggiunge l’ambasciatore Eydar – quindi è facile convocare i cittadini per farli vaccinare così come seguirli per il richiamo”. La raccolta di dati sanitari è agevolata dalla pervasività della digitalizzazione del sistema sanitario israeliano. “I dati che vengono raccolti, voglio dirlo, sono assolutamente anonimi e non sono segreti. Sono raccolti per il bene di tutta l’umanità – sottolinea il diplomatico -. Fino a ieri in Israele erano state somministrate più di 6 milioni di dosi di vaccino, e a più di 2 milioni di persone anche la seconda dose. Sono numeri enormi in proporzione alla popolazione”. 

La lentezza dell’Europa rispetto alla velocità di Israele

Stride molto la rapidità di esecuzione di Israele, che ha dietro un progetto ben preciso, con le incertezze, le lentezze e i ritardi che si sono verificati e che si verificano ancora in Europa. “Ci saranno sicuramente delle ragioni per le quali l’Europa è ancora indietro ma io mi chiedo, se fosse un contesto di guerra convenzionale l’Europa avrebbe accettato di non avere armi? – si è chiesto ironicamente l’ambasciatore Eydar – Pfizer e Moderna non hanno i mezzi per produrre vaccini per tutti, gli Stati europei avrebbero dovuto chiedere alle case farmaceutiche la formula per il vaccino, pagarlo anche più del prezzo di mercato e vaccinare tutti, anche le persone non europee”. 

A vaccinare non sono i medici in Israele

La campagna di vaccinazione israeliana non è condotta da medici bensì da infermieri e paramedici. La ragione? È troppo faticoso. A dirlo è il dottore Arnon Shahar, responsabile della task force anti-Covid del Maccabi Healthcare Services. “I medici devono fare i medici, non ci sono medici a vaccinare perché è un lavoro faticoso per più giovani – ha sottolineato Shahar -. In passato ci sono stati errori dovuti alla stanchezza e non devono ripetersi. I vaccini sono inoculati da infermieri e paramedici”. Le vaccinazioni procedono dal centro verso la periferia, nel senso che la gestione delle dosi è centralizzata e anche questa viene gestita in maniera digitale, se un sito vaccinale non ha terminato la sua dotazione di dosi non viene rifornito con nuove fiale. 

Le resistenze alla vaccinazione

La campagna vaccinale israeliana è partita con gli operatori sanitari e gli over 60. “Non abbiamo inserito nella prima fase anche le malattie croniche, ma solo gli immunodepressi, pecche non volevano fare pressioni sui medici di base, lasciando a loro l’onere di decidere se un malato era cronico o meno – ha aggiunto Shahar -. Abbiamo organizzato tutto in maniera molto precisa. Abbiamo anche un call center che chiama i cittadini a farsi vaccinare e che risponde alle domande dei cittadini”. Qualche problema in più si è riscontato con le popolazioni ultraortodosse, “Non usano lo smartphone, dobbiamo mandare loro dei messaggi vocali”. Le maggiori resistenze alla vaccinazione arrivano da donne gravide, no vax, genitori dei no vax, e ragazzi giovani che hanno più paura del vaccino che del Covid. In ogni caso al momento l’87% degli over 60 è vaccinato, tra i 70 e 79 anni siamo al 97%. E i primi effetti già si vedono: “Tra gli over 70 già si inizia a vedere il calo della malattia in forma grave”, precisa il dott. Shahar. 

Il patentino vaccinale 

Quella che in Italia è sembrata una provocazione in Israele è realtà: il patentino vaccinale. “Prevediamo che la durata del vaccino sia di sei mesi, per questo ai vaccinati viene consegnato un patentino che vale sei mesi – conclude Shahar -. Il patentino verde è diviso in due, in una prima facciata c’è un documento di vaccinazione in cui è indicato se la persona ha ricevuto entrambe le dosi del vaccino, nella seconda parte ci sarà scritto se il ha fatto un tampone nelle 72 ore precedenti, se ha contratto la malattia e in che modo”. Attraverso il patentino sarà possibile entrare nei cinema, teatri, palestre, ristoranti, e la partecipazione a eventi pubblici. 

Back To Top