Il pur imponente ma morente cavallo bronzeo di Francesco Messina davanti alla sede nazionale della Rai ha travolto quella che doveva essere l’alleanza per l’alternativa al governo Meloni: il famoso campo largo esteso nella immaginazione dalla Schlein a Conte, da Renzi a Fratoianni, da Calenda a Bonelli. Dal rinnovo del consiglio d’amministrazione dell’azienda radiotelevisiva di Stato è uscito piuttosto il “controcampo” del felice titolo del manifesto.
Di largo è rimasto solo “il solco”, come ha titolato Il Foglio, creatosi in quel campo con la rottura fra la Schlein, Renzi e Calenda da una parte e Conte, Fratoianni e Bonelli dall’altra. I primi ritiratisi metaforicamente sull’Aventino, già sfortunato di suo nella storia, per non partecipare alla spartizione dei posti -oggi nel consiglio d’amministrazione e domani nei piani sottostanti della Rai – e gli altri corsi alle votazioni parlamentari per prendersi la loro rappresentanza, in una lottizzazione che poi si diramerà nelle testate giornalistiche e nelle postazioni amministrative.
Schlein è comparsa nel tabellone della Camera solo per la sua assenza digitata rigorosamemte in rosso. Conte ha votato regolarmente per confermare nel nuovo consiglio d’amministrazione il “suo” fidato avvocato Di Majo, da non confondere naturalmente con l’omonimo ex presidente delle 5 Stelle, ex vice presidente del Consiglio, ex ministro andatosene dal movimento e oggi di casa tra il Golfo Persico, Bruxelles e New York per conto dell’Unione Europea.
“Un idillio già finito”, ha scritto della Schlein e di Conte sul Corriere della Sera Roberto Gressi. Ma è davvero mai esistito?, ci sarebbe da chiedersi, nonostante le tante fotografie che li hanno ripresi festosamemte insieme, l’ultima bevendo birra. E nonostante gli accordi locali dai quali Conte è riuscito a strappare alla segretaria del Pd anche la prima e unica regione guidata da un grillino, o come altro si debba o possa chiamare nel casino, a dir poco, che è scoppiato nel movimento con lo scontro diretto, a base anche di posta elettronica certificata e carte quasi bollate, fra gli stessi Conte e Grillo. Alludevo naturalmente alla Sardegna, la cui presidente è la pentastellata Alessandra Todde.
La Rai, e i suoi risvolti di potere, vecchi quanto la storia dell’azienda, non certo creati dalla destra rapace di Giorgia Meloni attaccata dalle opposizioni, non sono l’unico motivo di contrasto nel cosiddetto o fantomatico ormai ex campo largo, fra una sinistra più o meno moderata- ravvisabile almeno in una parte del Pd, in Renzi e in Calenda rigorosamente separati e litigiosi per incompatibilità di carattere, diciamo così- e una sinistra radicale ravvisabile in Conte, nei socialisti -nominalmente- di Fratoianni e nei verdi di Bonelli. Una sinistra radicale con la quale Conte si è apparentato non a caso nel Parlamento europeo, votando insieme sulla politica estera e le guerre alle porte, a dir poco, dell’Europa. Se non ormai nei suoi stessi confini.